Quando sentiamo la parola talebani la prima immagine che ci viene in mente è quella degli estremisti islamici che riempiono le pagine dei giornali e le anteprime dei TG, ma il termine talebano ha tutt’altro significato. In realtà il talebano (dall’arabo ṭāleb, singolare di ṭālebān) non è nient’altro che lo studente delle scuole coraniche nell’area iranica.
La cultura e tradizione talebana si contraddistinguono per essere fondate su un misto tra la Shari’a e il Pashtunwali, il codice d’onore del popolo pashtun. Quest’ultimo si ispira alla corrente sunnita deobandi (corrente religiosa del subcontinente indiano e dell’Afghanistan), fondata sui principi di solidarietà, austerità e gestione patriarcale di ogni aspetto della vita famigliare. Un’altra importante influenza è quella wahhabita, quella jihadista e quella panislamista. Come i wahhabiti e i deobandi, i talebani sono così fortemente contrari all’Islam sciita, tanto che a non riconoscono gli sciiti afghani di etnia hazara come musulmani. A differenza del pensiero wahhabita, i talebani non rinnegano le pratiche popolari, non distruggono le tombe dei pir (maestri o guide nel Sufismo) e pensano che i sogni siano rivelazioni future.
Ma come nasce l’immagine del talebano che conosciamo oggi? Qual è stato il suo ruolo nel territorio e qual è oggi?
L’inizio di una nuova nazione e la guerra civile
Quello che può definirsi, per praticità narrativa, movimento nasce come reazione all’occupazione da parte dell’Unione Sovietica del suolo afghano. La resistenza infatti, parte proprio dalle scuole coraniche e nel 1992 si impose come forza armata capace di rispondere ai bisogni di uno stato totalmente devastato – economicamente, socialmente e politicamente. I talebani riuscirono a pareggiare i conti con i signori della guerra e ad estromettere dal conflitto tutti gli altri gruppi armati che si stavano via via creando, unificandoli tutti sotto l’egida del Corano. Per questi motivi, all’inizio, i talebani godettero di un ottimo appoggio da parte degli afghani di etnia pashtun e dei pakistani.
Secondo Ahmed Rashid, storico pakistano, il governo pakistano sosteneva i talebani perché questi lasciavano che la mafia pakistana degli autotrasportatori trafficasse indisturbata sulle proprie strade. A riprova di quanto affermato infatti, vi è la ricostruzione, avviata subito dopo la fine della guerra con i sovietici ed interamente condotta da emissari pakistani, delle linee autostradali tra il Pakistan e le altre ex repubbliche sovietiche limitrofe.
Anche gli Stati Uniti inizialmente appoggiarono il regime talebano, per motivi di opportunità militare e diplomatica. Da un lato, i talebani erano stati in grado di sconfiggere i sovietici e li avevano ricacciati molto all’interno dei territori dagli stessi conquistati. Dall’altro, questo movimento, sebbene giudicato eccessivamente radicale da molti attori occidentali, sembrava essere l’unico in grado di unificare e stabilizzare l’Afghanistan sulla scena geopolitica mondiale.
Dal canto loro, in quel momento, priorità esclusiva dei talebani era la sicurezza del popolo afghano. Uno degli avvenimenti che meglio riassume il ruolo che i talebani avevano assunto nell’immaginario della popolazione della regione – e che, non essendo stato mai provato né smentito, assume quasi i contorni di una leggenda, facendoci ulteriormente capire il livello di “popolarità” che il movimento godeva – è quello che sarebbe avvenuto nella primavera 1994 nel villaggio di Sang Hesar, vicino Kandahar.
Si dice che alcuni signori della guerra avevano rapito e stuprato due ragazze da parte del villaggio. Il mullah Muhammad ‘Omar, veterano della fazione dei mujaheddin definita Ḥarakat-i Inqilāb Islāmī (Movimento della Rivoluzione Islamica), radunò una trentina di uomini talebani ed andò a recuperare le ragazze, a rubare le armi ai signori della guerra coinvolti ed infine impiccò il comandante a una cisterna come monito per chiunque avesse pensato di farlo di nuovo.
In seguito il mullah ‘Omar, intervistato in merito, dichiarò:
Combattevamo contro musulmani che avevano preso la via sbagliata. Come potevamo starcene tranquilli vedendo tanti crimini commessi contro le donne e la povera gente?
Il nuovo stato afghano
Tra il 1995 e il 1996, dopo aver conquistato quasi tutto il territorio afghano, i talebani uscirono vincenti dalla guerra civile. Grazie ai consensi guadagnati a seguito della vittoria prima contro gli occupanti sovietici e poi contro le varie fazioni nelle quali si era divisa la resistenza e che si contendevano il governo del territorio da quando i russi avevano abbandonato la regione, i talebani poterono imporre un regime di stampo teocratico basato sulla ferrea applicazione delle leggi coraniche. Nell’inverno 1995 assediarono la capitale Kabul, bloccando tutte le vie di ingresso e bombardandola. Nel marzo 1996 il capo di stato Burhanuddin Rabbani ed il primo ministro Gulbuddin Hekmatyar tentarono di rispondere alle provocazioni, ma dovettero ammettere la resa il 26 settembre 1996, abbandonando Kabul e scappando verso nord.
Il giorno successivo, per affermare il loro potere, i talebani uccisero l’ultimo presidente della Repubblica Democratica dell’Afghanistan Mohammad Najibullah che dal 1992 viveva nell’edificio delle Nazioni Unite con suo fratello per protezione.
Per glorificare al massimo il nuovo stato, il potere afghano doveva essere affermato in qualsiasi forma.
Emblematico è in questo senso, l’esempio dei due generali fratelli Pehlawan che il 20 maggio 1997 si ribellarono al signore della guerra uzbeko, Rashid Dostum, e chiesero aiuto ai talebani. Grazie a questo aiuto riuscirono a ricacciare Dostum in Uzbekistan.
Nel 2001 persero il potere a seguito dell’intervento della NATO la quale intervenne a seguito della notizia di legami tra i talebani ed al-Qā‛ida ed altri gruppi terroristici di matrice islamica. I talebani però hanno sempre continuato la loro lotta contro le truppe della coalizione internazionale in Afghanistan e anche contro quelle governative che si stanziavano anche nelle regioni settentrionali del Pakistan.
Dal 2014 ad oggi
Nel 2014 si tennero le elezioni presidenziali ed i talebani cercarono di influenzarne il risultato, perché alcuni candidati avevano promesso di negoziare con loro e di rifiutarsi di firmare accordi strategici con gli Stati Uniti. Questo per l’appunto ha fatto nascere due fazioni all’interno dei talebani: una che si occupò di fare campagna antielettorale; l’altra, più estremista, contraria alla linea “morbida” rappresentata dal dialogo politico, continuò a perpetrare attacchi terroristici.
Nel dicembre 2014 la missione ISAF (International Security Assistance Force) – missione della NATO, autorizzata dall’ONU, che si prefiggeva di supportare il governo afghano nella lotta contro i terroristi talebani e di al-Qaeda – volse al termine. Per questo motivo, nel gennaio 2015, ha avuto avvio la missione Resolute Support, che si poneva gli stessi obiettivi della precedente incrementando le componenti della “guerra a distanza” adottando sistemi di Force Protection. Nel 2015 infatti, i talebani guadagnarono nuovamente terreno, soprattutto nella regione del Khorasan (tra l’Afganistan e il Pakistan), grazie all’avanzata del gruppo terroristico IS. In questa regione il movimento Wilayat Khorasan, affiliato all’IS, ha portato al riconoscimento delle autorità talebane da parte del governo centrale, mentre dall’altro canto continuavano gli attentati terroristici – emblematico è diventato quello di Kabul nel 2016, rivendicato sia dai talebani che dall’IS.
Una delle politiche più controverse del mondo talebano è quella di voler estromettere le donne da qualsiasi mansione lavorativa e di proibire qualsiasi forma di istruzione mista (per approfondire l’argomento clicca qui). Una delle più coraggiose attiviste che si batte da anni contro la segregazione femminile da parte del regime talebano è Malala Yousafzai. Nel 2012 le spararono alla testa, ma lei sopravvisse e continuò la sua battaglia arrivando a vincere nel 2014 il Nobel per la Pace insieme all’indiano Kailash Satyarthi.
Un rapporto dell’UNESCO dichiarò che:
L’editto dei talebani sull’educazione femminile ha portato ad un calo del 65% nelle loro iscrizioni. Nelle scuole gestite dal Direttorato dell’Educazione, solo l’1% degli studenti è composto da ragazze. Anche la percentuale di insegnanti donne è scivolata dal 59,2 per cento del 1990 al 13,5 per cento del 1999
Le elezioni del 2018 si sono svolte nella stessa modalità del 2014. La Shura di Quetta – considerato uno dei più potenti consigli decisori in tutto il mondo islamico – ha deciso di mettere in risalto quanto sia debole il governo di Kabul, intimando attentati terroristici ai seggi elettorali, nelle strade e nelle città, così da mantenere il numero dei votanti più basso possibile.
Sostanzialmente i talebani non fanno altro che rispecchiare in parte la grande sfiducia del popolo verso la classe politica che fino ad oggi ha lasciato che gli stati esteri influissero pesantemente nella gestione quotidiana dell’Afghanistan, dimostrando di non avere per nulla chiari quali siano i bisogni reali della popolazione.
Se ti è piaciuto l’articolo Condividici!
Fonti e approfondimenti
https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/i-talebani-lo-stato-islamico-e-le-elezioni-afghane-21453