India

India

(A cura di Mattia Ignazzi)

La Repubblica dell’India è uno stato federale dell’Asia meridionale e confina a Nord con il Pakistan, la Cina, il Nepal e il Bhutan; a Sud-Est confina con la Birmania e il Bangladesh, mentre a Sud è bagnata dall’Oceano Indiano e a Ovest dal Mar Arabico. L’India è il 7° stato al mondo per superficie, 3.287.263 chilometri quadrati, e con 1,28 miliardi di persone circa è il secondo stato più popoloso al mondo, dopo la Cina.

L’India è stata la terra della civiltà della valle dell’Indo e importante snodo commerciale sia per l’Asia che per i paesi europei. Il subcontinente indiano ha visto nascere quattro delle principali religioni (buddismo, induismo, giainismo e sikhismo) e vasti imperi come quello persiano e greco, o successivamente i vari sultanati indiani e mussulmani che sono stati intermezzati dall’arrivo di Gengis Khan. Il territorio indiano è stato annesso gradualmente intorno al primo decennio del XVIII secolo alla Compagnia britannica delle Indie orientali, per poi essere colonizzato dalla Gran Bretagna nella metà del XIX secolo. L’india poté proclamare la sua indipendenza solo nel 1947 dopo una diffusissima resistenza non violenta guidata da Gandhi.

Dopo l’indipendenza l’India dovette andare in contro a un periodo molto travagliato. Sin dall’inizio Javaharlal Nehru, leader del Partito del Congresso Nazionale Indiano e capo del governo fino al 1964, dovette ristabilire un paese molto povero e sovrappopolato e con un contesto sociale molto variegato e difficile da gestire. La prima azione intrapresa dal nuovo capo di Governo è stata quella di riunire sotto l’Unione Indiana i vecchi principati che si erano consolidati con la dominazione inglese; in molti casi, specialmente nella regione del Kashmir, questo processo di unificazione provocò forti e durature tensioni. La permanenza al governo di Nehru comunque portò anche a cambiamenti molto importanti, primo tra tutti l’abolizione delle caste (anche se non fu totale soprattutto nelle aree più tradizionaliste), maggiore eguaglianza di diritti per le donne e infine l’affermazione dei principi laici nella vita pubblica.

Alla morte di Nehru succedette dopo due anni la figlia Indira Gandhi, che all’inizio adottò la stessa linea del padre, arrivando addirittura a stipulare un contratto di mutua assistenza con l’URSS. In seguito, la nuova leader fece diventare l’India una superpotenza nucleare effettuando il primo test nucleare nel 1974. Osteggiata sempre di più dai politici più moderati, che fondarono anche un nuovo partito (Janata Dal), Indira instauro un regime fortemente autoritario. Questa sua presa di posizione la portò a perdere le elezioni nel 1977 e successivamente riguadagnare la leadership del paese nel 1980.

Il ritorno al potere fu segnato da gravi tensioni sociali, etniche e religiose dovute principalmente da due movimenti separatisti degli indù di lingua tamil nello Sri Lanka e dei sikh nel Panjab. Infatti, fu proprio un sikh che nel 1984 assassinò Indira alla quale successe il figlio Rajiv, che morì anche lui per via di un attentato terroristico nel 1991

Politica e Società

Dopo le elezioni del 1996 ci una forte fase di tensione politica nello stato indiano dominata dalla destra induista moderata. A questo periodo seguirono le elezioni del 1998, che videro salire al potere il partito nazionalista integralista indù Bharatiya Janata Party, che portò a tensioni molto più violente con il Pakistan e nel Kashmir. Con le elezioni del 2004 tornò al potere il partito del Congresso con a capo Sonia Gandhi, vedova di Rajiv, la quale a causa delle sue origini italiane fu costretta alle dimissioni per via delle continue proteste e le subentrò Manmohan Singh. Grazie al nuovo governo i rapporti con il Pakistan andarono a migliorare dopo l’accordo del 2005.

Seppur i rapporti fossero migliorati con il Pakistan, il 26 novembre 2008 vi furono a Mumbai una serie di attentati terroristici organizzati da Zakiur Rehman Lakhvi, militante islamista pakistano del gruppo Lashkar-e-Taiba. Questa serie di eventi causarono 195 morti e circa 300 feriti.

Il paese è caratterizzato da una forte disuguaglianza sociale e economica; sebbene la disparità di reddito sia relativamente piccola (coefficiente di Gini: 36.8 nel 2004), la disuguaglianza nella distribuzione della ricchezza è maggiore: il 10% della popolazione possiede il 33% della ricchezza e dall’altro lato il 25% della popolazione vive con 0.40$ al giorno (dati sempre del 2004). Oltre a questo, c’è anche da considerare che nel 2005 il 42% viveva sotto la soglia i 1.25$ al giorno e addirittura l’85.7% sotto 2.5$ al giorno, rispetto all’80.5% dell’Africa sub-sahariana.

In genere l’India è un paese molto tollerante dal punto di vista religioso, ma esiste un partito radicale indù che spesso ha perseguitato cristiani e musulmani, Hindu Mahasabha. Il partito è noto perché ad esso apparteneva Nathuram Godse, colui che uccise Mahatma Gandhi nel 1948. Inoltre è stato al centro di polemiche per le sue affermazioni razziste e discriminatorie. Ad esempio fece particolarmente scalpore il vicepresidente del partito, Sadhvi Deva Thakur, il quale disse “il governo centrale deve dichiarare lo stato di emergenza per mettere un freno a tutto questo, cristiani e musulmani devono essere sottoposti a sterilizzazioni forzate, così non possono aumentare di numero”.

L’induismo è la prima religione nel paese con il 79,8% di fedeli, circa 1 miliardo di persone, mentre i musulmani sono il 13,4% e i cristiani sono il 2,3% sulla popolazione totale. Inoltre, sono stati molteplici gli attentati contro queste due minoranze religiose, una delle ultime il 25 aprile 2019 è stata bruciata una scuola cattolica a Sugnu, nel distretto di Chandel nello stato del Manipur; pochi giorni prima era stata la volta di un’altra scuola cristiana a Palghar (stato di Maharashtra) che era stata accusata di aver cercato di convertire dei giovani studenti.

Il tasso di natalità e fertilità è sceso in concomitanza al tasso di mortalità, infatti si presuppone che nei prossimi anni la popolazione totale sarà maggiore di quella della Cina, in questo modo diventerà il paese più popolato al mondo. Una pratica che sta però aumentando nel paese è quella dell’aborto per evitare la nascita di figlie femmine, provocando uno squilibrio di genere nelle fasce di età più giovani.

Diritti

La costituzione indiana prevede la piena espressione dei diritti fondamentali, tra cui la libertà di religione e di parola, così come la separazione tra potere esecutivo e giudiziario ed infine anche la libertà di movimento sia all’interno che all’esterno della nazione. Il paese non è considerato stato problematico dalla Biblioteca del Congresso, sebbene vi siano violazioni dei diritti umani di natura sociali religiose e di casta, a differenza degli altri paesi limitrofi come ad esempio il Pakistan.

Benché vi sia una grande varietà di religioni e libertà di professarne qualsiasi, l’importanza del partito Bharatiya Janata Party, di stampo nazionalista e conservatore, ha portato alla promulgazione di una legge che vieta la “conversione forzata”. La nuova legge è uno dei tanti modi dei partiti indù conservatori per cercare di ghettizzare e isolare le minoranze religiose e replica un provvedimento del 2006 che è stato annullato dall’Alta Corte dello Stato. Questa legge per ora è in vigore in sette stati in India (Uttarakhand, Orissa, Madhya Pradesh, Chhattisgarh, Gujarat, Himachal Pradesh e Jharkhand) e viene usata abitualmente per accusare i cristiani di “conversione forzata e fraudolenta”; la pena è da uno a cinque anni e nel caso in cui la vittima di “conversione forzata” sia una donna, una minorenne o una persona appartenente a una casta o tribù più bassa (dalit) la detenzione è di minimo 2 anni.

In India secondo il centro asiatico per i diritti umani dal 2002 al 2008 circa 4 persone al giorno sono morte o sono state uccise sotto la custodia della polizia; secondo una relazione dell’amministrazione correzionale del Punjab almeno il 50% delle forze dell’ordine hanno utilizzato forme di tortura fisica o psicologica sui detenuti.

La comunità LGBT in India ha vissuto dei momenti molto bui nel corso della storia indiana dalla colonizzazione inglese ai giorni nostri. Durante il periodo coloniale, l’omosessualità o meglio i rapporti sessuali tra due persone dello stesso sesso erano considerati reato ai sensi della sezione 377 del Codice penale, fino a che nel 2009 l’Alta Corte di Delhi ha depenalizzato l’omosessualità in quanto la sua criminalizzazione era contraria ai diritti fondamentali della costituzione. La vecchia legge prevedeva che il rapporto tra due persone dello stesso sesso fosse “innaturale” comparandolo a un rapporto con un animale.

Nel 2013, solo 4 anni dopo, la Corte Suprema ha reintrodotto l’omosessualità nel Codice penale riportando l’India indietro di 100 anni, come affermato di Anjali Gopalan, fondatore di Naz Foundation (ONG che si occupa di salute sessuale e che cerca di difendere i diritti della comunità LGBT). Successivamente nel 2018 un collegio di 5 giudici della Corte Suprema, presieduto da Dipak Misra, ha depenalizzato di nuovo l’omosessualità in quanto “criminalizzare l’omosessualità è irrazionale e indifendibile”.

Un tema molto importante da affrontare è la questione delle caste. In India il sistema castale è molto radicato sia da un punto di vista sociale che religioso, infatti la loro origine deriva dalla visione induista di Brahmā. In ordine di importanza ci sono i Brahmini (custodi della scienza e sacerdoti creati dalla testa dell’uomo primigenio), i Kshatriya (guerrieri e governanti creati dalle spalle), i Vaishya (agricoltori pastori e commercianti creati dalla coscia), i Shudra (servi creati dai piedi) e all’esterno di questa scala gerarchica, definita savarna, c’è il gruppo degli avarna (fuori casta) a cui appartengono i dalit e gli adivasi.

Sebbene ci siano leggi per tutelare i diritti degli avarna spesso non vengono osservate, infatti secondo un rapporto della Human Rights Wacht i dalit e gli adivasi continuano ad essere discriminati. Inoltre, nel 2011 l’ONU ha dichiarato che il sistema delle caste ancora vigente come tradizione nella nazione deve essere considerato un abuso dei diritti umani, dato che le classi più basse sono relegate a fare i mestieri più umili e degradanti.

Economia e Risorse

Benché l’India sia un paese molto povero rimane comunque uno dei paesi più importanti nel settore delle tecnologie avanzate, essendo uno dei principali paesi esportatori di programmi e servizi informatici. L’economia indiana è la sesta per prodotto interno lordo nominale, terza se consideriamo la teoria della parità dei poteri di acquisto.

L’india, dal momento in cui ha dichiarato l’indipendenza dal Regno Unito, è diventato una delle principali mete di delocalizzazione per le multinazionali, le quali sono attirate dalla manodopera estremamente a basso costo. Il continuo aumentare di aziende che delocalizzano in India porterà il paese, secondo le stime del Forum Economico Mondiale, a diventare il 3° mercato al mondo per numero di consumatori entro il 2025, generando un indotto di 1.5 trilioni di $ entro il 2030 grazie alle 40 principali città, ed infine verranno costruite altre migliaia di città potenzialmente capaci di generare lo stesso indotto.

Il settore che impiega più forza lavoro è l’agricoltura, che conta il 49% della popolazione in età da lavoro, ma produce solo il 17% del PIL. Infatti, stando anche al fatto che è uno dei principali paesi in cui si delocalizza, la maggior parte del prodotto interno lordo è prodotta dai servizi (57% del PIL) più alta anche del settore manifatturiero (26%) che impiega il 22% di forza lavoro totale. (dati del 2016)

Le previsioni sul futuro economico dell’India sono molto ottimistiche: sebbene nell’ultimo biennio il paese abbia subito una battuta di arresto, il governo centrale sta puntando molto sul settore manifatturiero tentando di aumentare il suo contributo al PIL dal 15% al 25%.

Il settore agricolo, oltre a essere che impiega più forza lavoro, è anche uno dei più importanti. L'india infatti è il secondo produttore di frutta e verdura al mondo costituendo l’8% della produzione mondiale. Nel settore agroalimentare gli investimenti diretti esteri sono ammessi al 100% con approvazione immediata, questo perché alla base delle politiche indiane c’è il progetto Food Mega Parks, zone speciali caratterizzate da incentivi e agevolazioni amministrative, per attirare investitori stranieri.

L’estrazione di minerali e combustibili fossili è molto importante per un paese come questo, che deve il 70% della sua energia proprio grazie a questo settore. L’80% dell’indotto infatti, è rappresentato dall’estrazione del carbone e il rimanente 20% include oro, rame, ferro, piombo, bauxite, zinco e uranio. Anche in questo settore come in quello agroalimentare gli investimenti esteri vengono incentivati e sono ammessi al 100% con approvazione immediata. Nel 2011 per apportare migliorie al settore il governo indiano ha approvato la nuova regolamentazione “New Mines and Minerals (Development and Regulation) Bill” con l’intento di adottare un nuovo metodo di estrazione che sia più sostenibile per l’ambiente e per la società.

Ambiente

L’intero territorio indiano, seppur così vasto, è caratterizzato da un clima tropicale monsonico che divide l’anno in due macro-stagioni che vanno da giugno a novembre, periodo piovoso, e da dicembre a maggio, periodo di siccità. Il mese di maggio è il più caldo dell’anno in cui si toccano picchi di 50°.

Negli ultimi decenni in India l’inquinamento è aumentato a dismisura, portando a gravi conseguenze sia in città che nelle zone rurali. Emblematica è la giornata del 1° novembre 2019, in cui la città di Nuova Delhi si svegliò in mezzo a una coltre di smog. I principali autori di tutto ciò sono le emissioni industriali, quelle dei veicoli privati e commerciali, la polvere dei cantieri in continua distruzione e ricostruzione, le centrali a carbone ed infine la combustione della stoppia nei terreni agricoli vicini.

In una classifica stilata da Greenpeace e AirVisual nel marzo 2018 risulta che 22 delle prime 30 città più inquinate sono in India. Alle prime posizioni di questa infausta classifica, precisamente alla prima, alla seconda, alla quarta e alla sesta posizione, ci sono città che si trovano nella stessa regione di Nuova Delhi, facendo così del territorio della capitale uno dei più inquinati dell’India. Per contrastare questo aumento dell’inquinamento la Corte Suprema in passato vietò la combustione di residui agricoli, ma l'unico effetto della misura fu quello di svantaggiare solamente i più poveri, gli agricoltori. Un altro tentativo che finì per aumentare solo il divario sociale, fu l’installazione da parte del governo centrale di purificatori d’aria nelle sedi ministeriali.

Nel 2019 il ministero dell’unione dell’ambiente indiano ha lanciato il Programma nazionale per l’aria pulita (Ncap). Questo programma si prefigge come obiettivo quello di far ridurre le emissioni del 20-30 percento entro il 2024 e per farlo si partirà da un controllo capillare dei livelli di inquinamento. L’unico problema è che non chiaro quali saranno le azioni concrete che si adotteranno tramite il programma, ovvero se si inizierà a ridurre le emissioni industriali o quelle agricole o quelle delle centrali a carbone

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