Sudan

Sudan

(A cura di Angelo Lerro)

I territori odiernamente appartenenti al Sudan storicamente gravitarono sotto lā€™influenza del vicino Egitto. Le due culture furono fortemente in contatto per via dei numerosi traffici commerciali che si svolgevano lungo il prospero Nilo. Lā€™entitĆ  politica di maggior rilievo della zona fu il regno di Nubia che aveva il suo confine settentrionale proprio con il regno dei faraoni. In effetti, a ben vedere, i confini fra queste due distinte entitĆ  statali oscillavano frequentemente a seconda della capacitĆ  del regno dā€™Egitto di influenzare il vicino e viceversa. In questo senso non stupisce come, per molti secoli, il regno sudanese fosse vassallo di quello egiziano, e non stupisce nemmeno quando, a cavallo tra VIII e VII secolo a.C., la situazione si ribaltĆ² quando si insediĆ² sul trono dā€™Egitto una dinastia di faraoni originaria del regno di Nubia. Il destino delle popolazioni dellā€™alto Nilo fu quindi sempre correlato con quello dellā€™Egitto; tanto ĆØ vero che tutti i popoli (assiri, tolomaici, romani) che conquistarono il regno dei faraoni nei secoli, entrarono in contatto per tramite di tali conquiste con i popoli sudanesi, ora come parte degli imperi ora come limiti allā€™espansione degli stessi. Proprio con i Romani vi fu, per la prima volta, una netta separazione della storia egiziana da quella sudanese come dimostra la nascita del regno Meroe con capitale Napata vicino al confine con la provincia dā€™Egitto dei romani. La diffusione del cristianesimo nella regione insieme al declino del regno di Kush (Regno sudanese meridionale) portĆ² alla nascita di tre distinti regno cristiani indipendenti fra loro e dallā€™impero romano: Nobazia nel nord, Makuria al centro e Alodia al sud. Per diversi secoli questi regni si spartirono lā€™influenza e il dominio sulla regione rendendosi impermeabili alla diffusione degli imperi islamici, che proprio in queste regioni trovarono le poche sconfitte della loro storia. Solo nei primi secoli del primo millennio d.C. la religione mussulmana penetrĆ² nel territorio fra lā€™Egitto e gli altopiani etiopi. La diffusione dellā€™islam non ebbe origine come nelle altre regioni del nord-Africa, tramite conquiste militari dei popoli mussulmani, ma piuttosto da un lento ma costante avvicinamento culturale. Fino al 1500 d.C., il Sudan rimase formalmente indipendente e staccato politicamente dallā€™Egitto ma la conquista ottomana, che unƬ i territori del nord Sudan alla provincia egiziana, impose re mussulmani come regnanti dei popoli cristiani del Sudan centrali e del sud. Dominio e influenza, quella ottomana che si protrasse fino al XX secolo. Nel corso dellā€™800 il vicerĆ© egiziano-ottomano Mehemmed Ali, portĆ² il Sudan sotto il diretto controllo del Cairo piĆ¹ che di Istanbul. Come lā€™Egitto, anche il Sudan negli anni Ottanta del 1800 entrĆ² a far parte dellā€™influenza britannica, che si spartƬ il controllo sulla regione proprio con lā€™Egitto. Per circa una decina dā€™anni perĆ², i sudanesi riuscirono a riacquisire lā€™indipendenza attraverso lā€™opera del leader religioso mussulmano-nazionalistico Mohamed Ahmed, il quale, attraverso il personale consenso sulla popolazione sudanese ed alcune rilevanti vittorie militari, affievolƬ lā€™influenza anglo-egiziana sulla regione, unificando inoltre i territori dellā€™odierno Sudan. GiĆ  a partire dalla fine del secolo perĆ², il Regno Unito riuscƬ a riportare sotto la sua influenza la regione sudanese attraverso la creazione di un co-domino con lā€™Egitto: Codominio Anglo-egiziano del Sudan. Da questo momento in poi, le popolazioni sudanesi risentirono degli avvenimenti che accadevano nel vicino Egitto - come la guerra ai fascisti italiani durante la Seconda guerra mondiale, fino a giungere al periodo delle decolonizzazioni, quando il Sudan riuscƬ ad ottenere lā€™indipendenza nel 1955.

Indipendenza, guerre civile e il genocidio in Darfur

Il Sudan diventa indipendente nel 1955 ma apparve chiaro fin da subito come il percorso per la formazione di uno stato democratico e rispettoso delle minoranze fosse quantomeno accidentato. Il Sudan come entitĆ  statale unitaria dopo lā€™indipendenza infatti, era composto da numerose etnie in contrapposizione fra loro che, per via dei numerosi contrasti, mal agevolarono il percorso democratico. Lā€™etnia dominate, quella arabo-sudanese, impose il proprio potere e forza sulle altre (africana-sudanese e le minoranze religiose del Sud) attraverso lā€™instaurazione di un regime militare. Regime militare che rappresentava il ceppo dominante, quello arabo-mussulmano appunto, situato nel nord del paese, a discapito in particolare delle regioni del sud, popolato da etnie che si ritengono africane e non arabe ed inoltre non sempre di religione mussulmana. I conflitti fra le due aree del paese non tardarono a sorgere; la prima guerra civile sudanese cominciĆ² infatti proprio nel 1955 per terminare nel 1972 e vedeva contrapposti il governo, rappresentante del nord arabo, alle varie entitĆ  separatiste del sud. La debolezza politica militare del sud derivĆ² proprio dalla frammentazione del fronte che solo nel 1971 fu riunito dal generale Lugu, formando il SSLM (South Sudan Liberation Movement). Lā€™unificazione del fronte portĆ² alla fragile pace di Addis Abeba del 1972 che concluse quasi due decenni di guerra con circa 500.000 morti, la maggioranza civili. La pace non fu duratura e le tensioni fra le varie anime del Sudan si riacuirono nei primi anni degli annā€™80 e perdurarono fino al 2005. Il fronte vedeva da una parte JaŹæfar al-NimeyrÄ«, presidente in carica - che cercĆ² di imporre la Shariā€™a su tutto il territorio sudanese, anche attraverso la creazioni di speciali tribunali politici - ed il Sud - meno compatto etnicamente, in opposizione alle politiche presidenziali del Nord, che si riunƬ nello SPLA (Sudan Peoples Liberation Army). Il fronte unitario ribelle, dopo lā€™alternanza di governi sempre piĆ¹ vicini agli interessi del Sud, si indebolƬ molto politicamente, di fatto aprendo la strada involontariamente alla formazione di un nuovo regime militare radicalizzato islamico, originato dal colpo di stato del 30 giugno 1989 del generale Al- bashir, che riportĆ² alta la tensione fra i contendenti. La comunitĆ  africana (Uganda, Eritrea ed Etiopia) si schierĆ² apertamente con il Sud ed andĆ² in soccorso dei ribelli. Le parti con il tempo, per quanto continuassero violenze ed uccisioni (erano rarissimi infatti i ā€œcessate il fuocoā€), cominciarono lentamente a riavvicinarsi fino ad arrivare alla firma degli accordi Naivasha del 2005; accordi che prevedevano in primo luogo un referendum nel Sud per autodeterminarsi ed un regime eventuale nel caso in cui il referendum avesse avuto esito negativo.Ā  Nel 2011 il referendum si concluse con lā€™autoproclamazione del Sud e la formazione del Sud Sudan con circa il 98% dei voti. Parallelamente al conflitto con il Sud, il governo centrale diede origine ad un altro conflitto, questa volta con le popolazioni del Darfur - di maggioranza sƬ mussulmana, ma africana e non araba. Il conflitto fin da subito apparve una vera tragedia umanitaria: il governo di Khartoum utilizzĆ² ogni mezzo a sua disposizione per contrastare il Fronte di liberazione del Darfur (FLD), fra cui bombardamenti su edifici civili (in primis scuole ed ospedali) e lā€™arruolamento dei temutissimi jajawwed, sanguinari sodati arabi a cavallo. La comunitĆ  internazionale si mostrĆ² sin subito lenta e reticente nellā€™intervenire con modalitĆ  efficaci. Si pensi infatti, che il conflitto cominciĆ² nel febbraio del 2003 e solo nel 2007 lā€™ONU fondĆ² il UNAMID, United Nationsā€“African Union Mission in Darfur, che aveva lā€™importante compito di limitare il piĆ¹ possibile il coinvolgimento dei civili (http://www.difesa.it/OperazioniMilitari/op_int_concluse/UNAMID/Pagine/default.aspx) . La guerra formalmente finisce nel 2006 (Accordi di Maggio) attraverso il disarmo delle milizie jajawwed e lā€™incorporazione delle forze ribelli nellā€™esercito governativo. Nonostante ciĆ², ad oggi ancora numerose sono le incursioni dellā€™esercito governativo nel territori del Darfur; incursioni cariche di violenze e soprusi di ogni tipo. La guerra in Darfur ĆØ da molti considerata una catastrofe umanitaria, una ferita probabilmente insanabile della storia mondiale; il calcolo degli abusi, delle torture e delle morti ĆØ ai limiti della comprensione umana: gli sfollati che hanno perso la propria casa per colpa della guerra si ritiene siano piĆ¹ di 2 milioni ed i morti si registrerebbero allā€™incirca Ā nella drammatica cifra di 300.000 ā€“ cifra questa stimata a ribasso per via del mancato censimento di molti villaggi rurali. La corte penale internazionale ha condannato ed emesso un mandato di arresto internazionale per lā€™ex presidente Al-bashir per i crimini di guerra e genocidio commessi in Darfur, mandato di arresto ancora non eseguito.

Ordinamento dello stato, economia ed ambiente

Il Sudan ĆØ una repubblica presidenziale dove il presidente viene eletto direttamente a suffragio universale; il potere legislativo ĆØ attribuito alle due camere - lā€™assemblea nazionale e il consiglio degli Stati, composto dai rappresentati dei governi degli Stati federali. Lā€™amministrazione del potere quindi si suddivide in un governo centrale, 17 governi federali ed ulteriori governi locali. Il sistema di diritto sudanese si basa su due perni: quello di tradizione inglese, Common law, e quello di tradizione araba e la susseguente applicazione della Sharia. Lā€™ordinamento statale sudanese nelle sue caratteristiche essenziali non si ĆØ modificato enormemente con lā€™approvazione della nuova Costituzione del 2005, ma ĆØ possibile notare un rafforzamento delle garanzie delle autonomie degli Stati federali rispetto allo Stato centrale - soprattutto con riferimento al tema della distribuzione delle risorse, come testimoniano gli articoli 193 e 195 della Costituzione, nei quali sono elencate le risorse spettanti ai governi locali e quelle attribuite allo Stato centrale (https://www.senato.it/3182?newsletter_item=1710&newsletter_numero=160) . Lā€™economia sudanese ĆØ fra le meno sviluppate del globo, le numerose guerre civili hanno dilaniato la popolazione e logorato qualsiasi forma di sviluppo economico. Il governo sudanese ha da sempre indirizzato gli investimenti quasi unicamente su spese militari piuttosto che nel settore agricolo e sulla modernizzazione infrastrutturale. Per questo motivo, lā€™economia sudanese appare ad oggi ancora fortemente dipendente dallā€™agricoltura (cotone, arachidi, sesamo). Non stupisce quindi che circa il 40 % della popolazione risulta impiegata o direttamente dipendente per il suo sostentamento dalle produzioni agricole. Per quanto afferisce al settore secondario, lā€™industria ĆØ scarsamente sviluppata per quanto in Sudan vi sono importanti giacimenti petroliferi e di materi prime (http://www.deagostinigeografia.it/wing/schedapaese.jsp?idpaese=165). Lo sviluppo del Sudan, oltre ad essere stato per anni bloccato dalle guerre, risulta ad oggi ulteriormente minacciato dal riscaldamento globale, che influisce notevolmente sulla piĆ¹ importante risorsa del popolo sudanese il Nilo. Inoltre, le sempre piĆ¹ frequenti alluvioni, insieme ai quasi inesistenti sistemi fognari, aiuta la diffusione di numerose malattie fra la popolazione. Si pensi che sono migliaia i morti derivanti direttamente o indirettamente dalle straordinarie alluvioni che stanno colpendo queste terre e che hanno causato circa 100.000 sfollati o senzatetto (https://www.osservatoriodiritti.it/2020/09/30/cambiamenti-climatici-in-africa-problemi-ambientali-emergenza-climatica-siccita-clima/).

Etnie e religioni

Dal punto di vista etnico, il Sudan si presenta fra gli Stati piĆ¹ eterogeni del Nord-Africa; in effetti religione ed etnia spesso si sovrappongono e non appare semplice individuare le differenze fra i varie gruppi etnici di religione arabo-mussulmana (circa il 70 %) - i quali, pur ritenendo di discendere da antenati differenti, si considerano il piĆ¹ delle volte un unico gruppo dal punto di vista politico; essi governo il paese e controllano lā€™esercito. Vivono principalmente nei grandi centri abitati nel nord del paese. Di religioni islamica ma che non si riconoscono nellā€™etnia araba sono sia i Numidi che i Beja. Nel territorio sudanese sono stanziate numerose etnie e popoli credenti in fede diverse. Un esempio ĆØ lā€™entia dei Fur - abitanti del Darfur (che letteralmente significa proprio ā€œTerra dei Furā€) - che non si sente appartenente alla galassia araba-sudanese ma a quelle africana-sudanese. Lā€™etnia afro-sudanese subƬ fin da subito discriminazioni di vario genere da Khartoum. Nel sud del paese vi sono numerose minoranze animiste e cristiane, circa 2 milioni di persone, che hanno attirato le inimicizie del governo centrale anche dopo la fine delle varie guerre civili, dal momento che lo stesso considerava lā€™argomento della differenza etnica come il principale motore propagandistico. Appare chiaro come la questione etnica sia centrale per descrivere la storia del Sudan e della situazione attuale. Il governo centrale formalmente protegge e tutela tutte le minoranze, come previsto nella nuova Costituzione, ma allo stesso tempo non nasconde attriti nei confronti delle stesse.

Diritti umani

Il territorio sudanese risulta agli occhi degli osservatori internazionali, fra le regioni del mondo in cui sono piĆ¹ diffuse forme di discriminazione e violenti attacchi ai diritti umani. Il popolo sudanese, nelle sue varie componenti, ha fin dallā€™indipendenza subito a vario grado, complici le sanguinose guerre civili, gravissime violazioni dei diritti umani. A ben vedere, dopo la deposizione di Al-bashir, il regime, al fine di controllare le masse rivoltose, ha aumentato i poteri della polizia e dellā€™esercito; come spesso capita, ogni qual volta le forze dellā€™ordine aumentano le proprie prerogative, violenze e soprusi sulla popolazione crescono vertiginosamente. Dal 2019 la polizia interviene direttamente sulla limitazione o addirittura soppressione dei piĆ¹ elementari diritti civili della popolazione sudanese: libertĆ  di espressione, associazione e manifestazione sono soppressi dalla polizia attraverso la creazione di un clima sfavorevole fondato su pressioni psicologiche, violenze fisiche, e maltrattamenti. La polizia opera quasi incontrollata, portando cosƬ ad un aumento esponenziale di arresti del tutto arbitrari ed allā€™uso indiscriminato di torture su chiunque osi esercitare liberamente i propri diritti, peraltro formalmente previsti in Costituzione. Il Sudan si presenta in una situazione drammatica oltre che per i diritti politici anche per quanto concerne i piĆ¹ elementari diritti umani. In Darfur ad oggi, per quanto la situazione appia migliorata rispetto al decennio passato, ancora vi sono esempi gravissimi di crimini di guerra ed altre forme intimidatorie di violenza come, a mero titolo di esempio, uccisioni, saccheggi e violenze sessuali. In effetti la situazione appare insostenibile soprattutto allā€™interno dei campi profughi sudanesi, che contano circa 900.000 mila rifugiati e 250.000 sfollati interni e dove lā€™accesso ad acqua e cibo ĆØ molto spesso impossibile. Allā€™interno di questi campi profughi, su cui deve sottolinearsi una costante attenzione da parte delle Nazioni Unite, le discriminazioni e le violenze sono allā€™ordine del giorno in particolar modo nei confronti delle donne migranti, le quali non ricevono le medesime ā€œtuteleā€ delle donne sudanesi (https://www.unhcr.org/it/notizie-storie/notizie/lunhcr-chiede-solidarieta-internazionale-nei-confronti-di-rifugiati-e-comunita-di-accoglienza-in-sudan/). Proprio la questione femminile ĆØ centrale per fotografare il numero e la violenza delle violazioni dei diritti umani in Sudan. Si pensi che i matrimoni vengono celebrati diffusamente prima dei 15 anni dā€™etĆ  e non vi ĆØ nessuna legislazione che cerchi di tutelare queste minori. Sia allā€™interno della famiglia che allā€™interno della societĆ  sono solo gli uomini di fatto a poter ambire al ruolo di capo famiglia o di vertice nelle comunitĆ  locali, per non parlare di quelle statali; alle donne invece, ĆØ inibito lā€™accesso alla giustizia ed al credito rendendole di fatto totalmente sottoposte alla volontĆ  di padri o mariti (https://adozioneadistanza.actionaid.it/magazine/discriminazione-donne-mondo-sudan/). Altra piaga ĆØ la diffusissima prassi della mutilazione genitale femminile, circa lā€™86% delle donne fra i 15 e 49 anni hanno subito a varia natura forme di mutilazione genitale (https://www.unicef.ch/it/il-nostro-operato/programmi/lotta-alle-mutilazioni-genitali-femminili-sudan); fortunatamente ĆØ stato inserito, nella nuova Costituzione, un riferimento esplicito alle violenze che possano minare lā€™integritĆ  fisica delle donne, il che ha permesso al Parlamento di istituire un reato ad hoc (fino a tre anni di carcere). Se sul fronte dei diritti delle donne la situazione appare gravissima, per quanto concerne la difesa dei diritti LGBT risulta drammatica. Si pensi che solo fino a pochi anni fa aver rapporti sessuali con persone dello stesso sesso comportava la pena di morte. Ā Ad oggi la condanna per atti di sodomia conduce ad una reclusione di 5 anni, estesa fino a 7 anni in caso di recidiva; in caso di ulteriori rapporti sessuali fra omosessuali la pena piĆ¹ arrivare fino allā€™ergastolo (https://www.ilgrandecolibri.com/bedayaa-il-sudan-cancella-la-pena-di-morte-per-sodomia/). Per quanto riguarda la tutela della libertĆ  religiose, il contesto appare sfumato: formalmente la costituzione prevede e sponsorizza la libertĆ  di culto ma nei fatti la situazione ĆØ ben diversa. Nelle regioni a forte minoranza cristiana o animista ricorrenti sono le discriminazioni e le violenze.Ā  La polizia, di solito indottrinata, procede ad arresti arbitrari mascherando con motivi di ordine pubblico, discriminazioni su base religiosa. Le difficoltĆ  per i non mussulmani in Sudan si riscontrano anche in forme piĆ¹ velate, come ad esempio lā€™esclusione dalla vita sociale per volontĆ  dei capo-villaggio, che molto spesso sono vicini a gruppi salafiti o addirittura al Quada (http://libertareligiosa.aiuto-chiesa-che-soffre.ch/selezione-del-paese/africa/sudan-2018.html).

Fonti

https://unamid.unmissions.org/

https://it.euronews.com/2015/02/18/darfur-una-guerra-civile-lunga-undici-anni

https://st.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Attualita%20ed%20Esteri/Esteri/2007/02/darfur-strage-storia.shtml

https://www.infomercatiesteri.it/quadro_macroeconomico.php?id_paesi=30

https://www.amnesty.it/rapporti-annuali/rapporto-2019-2020/africa-sub-sahariana/sudan/

https://www.hrw.org/africa/sudan

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