Brasile

(a cura di Rainer Maria Baratti)

Il Brasile è uno Stato dell’America Latina che confina con: Guyana francese, Suriname, Guyana, Venezuela, Colombia, Perù, Bolivia, Paraguay, Argentina, Uruguay e affaccia sull’oceano Atlantico. Il Brasile detiene una posizione centrale nel sub-continente americano che, anche a causa della sua vastità, lo renderebbe un paese dalle enormi potenzialità dal punto di vista geopolitico. Tale potenzialità però rimane inespressa a causa di: distribuzione non uniforme delle risorse, scarsa unità nazionale, sociale, politica – che sono alla base della nascita di grandi sacche di discriminazione ed emarginazione. La storia del Brasile è costellata dall’aspirazione alla “Grandeza”, ovvero della ricerca dello status di grande potenza, attraverso, soprattutto, la colonizzazione delle aree interne, spesso a discapito della foresta amazzonica e delle popolazioni che vi abitano.

Breve storia del Brasile

Il Retaggio coloniale

L’area che oggi corrisponde al Brasile è l’unica ad aver subito la dominazione portoghese. L’impatto della corona di Lisbona sulla popolazione indigena non è quantificato precisamente ed una stima equilibrata conta 2,5 milioni di persone morte a causa delle malattie diffuse dai colonizzatori ed a causa della conversione spirituale forzata, che ha sconvolto “il senso della vita” delle popolazioni autoctone. Le popolazioni indigene brasiliane videro distrutto il proprio sistema di riferimento culturale e spirituale, mentre vennero sfruttati come schiavi nell’abbattimento e nel successivo trasferimento del Pau-Brasil, legno tintorio usato come colorante rosso scarlatto per tessuti e che diede il nome alla colonia. Questa infatti inizialmente era conosciuta come “Isola di vera croce” e poi come “Terra di santa croce”. La regione era ritenuta priva di metalli e, fino al 1532, lo sfruttamento delle risorse locali volte all’esportazione era in mano a compagnie private. In quell’anno il governo cercò di aumentare la propria influenza attraverso l’istituzione di “Capitanie” ereditarie, ovvero attraverso la concessione di una porzione di territorio ad un nobile portoghese che aveva il compito di organizzarne l’amministrazione e promuoverne gli investimenti. Ben presto però, nel 1549, questo tentativo si rivelò fallimentare e venne instaurato il governo centrale della colonia a Salvador di Bahia, nell’area Nord-est del Paese. L’economia coloniale era basata sull’istituto della Sesmaria secondo il quale il Re elargiva concessioni fondiarie a chi era in grado di coltivare, ma riservandosi il diritto di riappropriazione in caso di mancata utilizzazione. Questo meccanismo provocò la formazione di estesi latifondi che inglobavano ed espellevano i piccoli coltivatori che avevano coltivazioni di sussistenza. In generale i contadini, chiamati posseiros, coltivavano delle terre che si trovavano al confine con le foreste “vergini” e ne valorizzavano le proprietà. A quel punto, ne venivano privati dai latifondisti. Di conseguenza i posseiros si spostavano per valorizzare nuovi appezzamenti fino a che venivano nuovamente espropriati dai latifondisti. Verso la metà del ‘500 l’amministrazione lusitana si pose il problema di disporre forza lavoro per i vasti latifondi che si erano creati e, poiché l’agricoltura era estranea alla cultura indigena del luogo, si decise di utilizzare schiavi deportati dal continente africano per il lavoro nelle piantagioni. Il Brasile fu pertanto il primo approdo della tratta negriera e la corona lusitana autorizzò il traffico regolare verso la colonia nel 1559. Il rapporto coloniale, il mondo sociale improntato su rapporti di produzione schiavistici e l’economia - incentrata sull’esportazione di merci verso il Portogallo - per molti secoli fecero sì che la popolazione popolasse la costa anche se fu questo il periodo in cui iniziarono le prime esplorazioni dell’entroterra. L’esplorazione delle aree interne rappresentò un piccolo bagliore di speranza per le popolazioni indigene private delle proprie terre e per gli schiavi africani fuggiaschi. Queste infatti fondarono nell’entroterra degli insediamenti chiamati Quilombo, termine di origine Bantù africano che stava ad indicare una zona di sosta utilizzata dalle popolazioni nomadi, dove vivevano in relativa armonia e libertà. Poco dopo però la “marcia verso ovest” si tinse di sangue. A partire dal 1620 le Bandeiras, dei gruppi di privati cittadini, navigarono i fiumi con lo scopo di ridurre in schiavitù gli indios e distruggere con brutalità estrema questi insediamenti. Con la violenza quindi, fu esteso il territorio in cui sarebbe dovuto sorgere il Brasile - ben oltre il meridiano pattuito con il trattato di Tordesillas, quindi in un territorio che, seppure formalmente di proprietà della corona spagnola, di fatto era disabitato. Il potere politico brasiliano cercò di “auto-colonizzarsi” cercando di occupare territori disabitati o abitati da persone considerate non fedeli al potere costituito. Pertanto la corona incentivò, a volte tacitamente e a volte palesemente, l’eliminazione o l’espulsione di elementi ritenuti “inadeguati” per sostituirli con quelli più “adeguati”. Per oltre due secoli il fulcro della storia brasiliana fu Salvador de Bahia nell’attuale Nord-est del Paese ma nel 1763 la sede centrale del vicereame venne trasferita a Rio de Janeiro. Ciò fu causato dallo spostamento del fulcro economico del Paese: il Nord-est, la cui economia era basata sulla monocultura di zucchero di canna, entrò in crisi a causa della siccità e dell’impoverimento del suolo. Parallelamente nel Sud-est, che ancora oggi rappresenta il cuore economico del Brasile, si instaurò la coltivazione del caffè ed il porto di Rio de Janeiro divenne centrale per l’esportazione di oro e diamanti estratti, a partire dal 1720, a Minas Gerais. Questo cambiamento comportò sia un grande spostamento di popolazione che migrò verso il Sud-est - in particolare nelle città di San Paolo e Rio de Janeiro - che l’aumento dell’importazione di schiavi africani da impiegare nei complessi minerari.

Il secolo lungo brasiliano

L’indipendenza del Brasile ha una storia particolare, che si distingue dal resto del Continente. Nel 1808, dopo che Napoleone aveva invaso Lisbona, la famiglia reale e l’intera Corte portoghese fuggirono a Rio de Janeiro, che fu così dichiarata la capitale del Regno del Portogallo, del Brasile e di Algarves. Nel 1821, dopo la sconfitta di Napoleone, il Re Giovanni VI fece ritorno a Lisbona portando via tutto il denaro del tesoro e lasciando al figlio Pietro la gestione della colonia. A quel tempo la classe dirigente brasiliana era spaventata dagli ultimi eventi e temeva una possibile forte ricolonizzazione da parte del Portogallo, che avrebbe certamente portato alla perdita di molte prerogative. Parallelamente, ben conscio dell’ondata indipendentista che stava travolgendo il Nuovo Mondo, Giovanni VI ordinò a Pietro di dichiarare il Brasile indipendente e di prendere il trono per sé stesso. Il 7 settembre 1822 all’urlo di “independenza o morte” il principe Pietro diede vita ad una monarchia costituzionale e si proclamò primo imperatore del Brasile. La proclamazione dell’impero e il mantenimento dell’istituto della schiavitù rappresentano due grandi differenze rispetto alle altre nascenti repubbliche latinoamericane. Nel 1824, l’imperatore giurò sulla Costituzione Imperiale che rimase in vigore per 65 anni. Ancora oggi è la più longeva nella storia del Brasile. Si ritiene che Pietro I si proclamò imperatore, piuttosto che Re, in quanto era un grande ammiratore di Napoleone e considerava il Brasile sufficientemente grande da poterlo definire a tutti gli effetti come un impero nonostante l’assenza di colonie. La Carta dell’Impero dava ampi poteri all’imperatore in quanto istituiva il “Potere Moderatore. Questo si andava ad aggiungere ai ben noti: potere esecutivo, legislativo e giudiziario. Il “potere moderatore” consentiva all’imperatore, che comunque era già a capo dell’esecutivo, di annullare qualsiasi atto che ricadeva nella sfera di competenza degli altri poteri relegando quindi, di fatto, il potere legislativo e giudiziario al servizio di quello esecutivo. Inoltre, in questo periodo il tema dell’espansione imperiale, guidata dai pionieri e dagli schiavisti, si rafforza e vede tre movimenti principali: verso ovest e il Pacifico; verso sud e il Bacino del Rio de la Plata; verso nord e il Mar dei Caraibi. Un importante esempio della propensione imperialista brasiliana è la “Guerra del Paraguay” meglio nota come la “Guerra della Triplice alleanza” (1865-1870). In questa guerra la “Triplice alleanza” formata da Argentina, Uruguay e Brasile sconfisse quello che all’epoca era il più avanzato Stato del Sud America: il Paraguay. Le cause del conflitto sono tutt’oggi discusse e si ritiene siano collegate: a dispute di confine, alla guerra civile che si svolgeva in quel periodo in Uruguay ed alle ambizioni imperiali del Paraguay. Dal punto di vista paraguaiano la guerra fu combattuta per mantenere libero l’accesso al mare e l’Uruguay come stato cuscinetto. Pertanto la guerra scoppiò quando il Brasile inviò un esercito in Uruguay nel 1864, per assicurare la vittoria della fazione filo-brasiliana coinvolta nella guerra civile. Parallelamente, il Paraguay inviò un suo esercito in quanto temeva l'annessione dello Stato Uruguaiano ad opera del Brasile. A quel punto, il Brasile e l'Argentina - ciascuno interessato alla fascia orientale del bacino del Rio de la Plata - attaccarono congiuntamente e vinsero ottenendo concessioni territoriali da un Paraguay sconfitto, ma che non fu completamente annesso. La guerra però ebbe alcune conseguenze principali sul Brasile: 1) appesantì l’indebitamento dell’impero nei confronti delle banche inglesi che finanziarono il conflitto; 2) assicurò un ruolo politico interno di rilievo alle forze armate; 3) cominciò a sfaldarsi la tenuta dell’impero. Nel 1888, dopo una serie di provvedimenti settoriali, viene approvata quella che viene definita come la legge aurea che abolì la schiavitù. L’anno seguente ebbe fine l’impero e, anche in questa occasione, il caso brasiliano mostra elementi di peculiarità. Nel processo di passaggio dalla forma imperiale alla forma repubblicana il Brasile rimane un’economia di piantagione e, per sostituire la forza lavoro schiavistica, decise di stipulare patti commerciali con l’Europa portando milioni di europei, soprattutto italiani, nel Paese. Ciò stravolse la composizione demografica della Nazione. Il periodo che va dal 1889 al 1930 viene denominato il periodo della “Repubblica vecchia”. Viene promulgata una nuova Costituzione che, sotto l’influenza del pensiero liberale americano, proclama la “Repubblica Federativa degli Stati Uniti del Brasile”. Il punto principale della carta costituzionale è certamente la de-imperializzazione e la secolarizzazione dello Stato: veniva abolito il potere moderatore, la Chiesa veniva rigorosamente separata dello Stato e nelle scuole era proibito insegnare la religione. Occorre però sottolineare che rimaneva un forte governo centrale che spesso rappresentava gli interessi di una élite oligarchica bianca. Non a caso un importante momento nella formazione della cultura e della comunità brasiliana è rappresentato dalla Guerra di Canudos che si combatté fra l'esercito brasiliano e gli abitanti dell'insediamento di Canudos, nello Stato di Bahia, tra il 1896 e il 1897. Canudos era una comunità religiosa di circa 20 mila individui fondata da Antônio Conselheiro, predicatore con speranze egualitarie che rifiutava l'autorità della appena sorta Repubblica Brasiliana. Le truppe riuscirono a sgomberare il campo solamente dopo una violenta carneficina e 2 anni di combattimento. I fatti sarebbero rimasti ignoti se non fosse stato presente Euclides Da Cunha, inviato del quotidiano “O Estado de São Paulo”, che narrò la lotta di un’umanità diseredata delle proprie terre, capace di organizzazione ed esprimente una dignità ed un coraggio mai immaginati dalla cultura oligarchica dominante. Da Cunha riportava l’esistenza di un entroterra con una propria identità, una realtà agro-pastorale meticcia contro una élite bianca.

Il secolo breve brasiliano

Nei primi decenni del ‘900 il Brasile vide un marcato cambiamento economico e sociale. Il governo centrale, dominato dagli oligarchi del caffè, con l’industria manifatturiera in crescita venne minacciato dalle aspirazioni politiche di nuovi gruppi urbani: professionisti, operai, commercianti, banchieri ed industriali. Parallelamente, la crescente prosperità incoraggiò una rapida ascesa di una nuova classe operaia di immigrati europei che contribuirono alla crescita del sindacalismo, dell’anarchismo e del socialismo. Nel periodo successivo alla prima guerra mondiale, il Brasile vide la sua prima ondata di scioperi e la fondazione, nel 1922, del Partito Comunista. Durante questo periodo però, emerse anche una nuova classe di ufficiali dell’esercito. Questi uomini erano stati addestrati in Europa e si reputavano superiori ai propri ufficiali, visti come rappresentanti del governo e quindi di una struttura politica ritenuta ormai vecchia. La Coluna Prestes fu la principale espressione del “tenentismo” che contribuì significativamente alla rivoluzione brasiliana del 1930. La colonna Prestes venne sconfitta durante la sollevazione di San Paolo nel 1924 e questi militari intrapresero una marcia di 24 mila km per 647 giorni tra il 1925 e il 1927. Durante questa lunga ed estenuante marcia, la colonna si scontrò a più riprese con l’esercito ed in ogni villaggio incitava alla lotta sociale ed a combattere le oligarchie in modo da imporre riforme politiche. Spesso questo episodio viene letto come un tentativo di creare una mobilitazione che avrebbe messo in dialogo i diseredati delle campagne con le classi operaie delle città. Successivamente a questi eventi, ci fu un grande periodo di fermento politico e il 24 Ottobre 1930 termino la cosiddetta “Rivoluzione brasiliana” che vide salire al potere un triumvirato retto da 3 militari: Augusto Tasso Fragoso, Isaías de Noronha e Mena Barreto. Questi, il 3 novembre 1930 confermarono Getúlio Vargas come presidente del Brasile. Nel 1934 avviene una rottura definitiva con lo Stato liberale e viene promulgata una nuova Carta Costituzionale che ha: (i) creato la Giustizia del Lavoro e la Giustizia Elettorale; (ii) nazionalizzato le risorse naturali; (iii) istituito il voto delle donne (solo se svolgevano una funzione pubblica remunerata), (iv) permesso l’insegnamento della religione nelle scuole. La particolarità di questa Carta è stata quella di riconoscere una, seppur minima, protezione costituzionale ai diritti sociali. La speranza che suscitava questa esperienza costituzionale viene però disattesa appena tre anni dopo. Getulio Vargas, eletto presidente nel 1930, dopo la promulgazione della Costituzione di 1934 di cui si è parlato, promulgò la Costituzione del 1937, instaurando di fatto la dittatura nel Paese. La concentrazione di poteri in mano ad una sola figura è il marchio principale di questa Carta: la federazione era rimasta, ma il governo centrale aveva più poteri dei singoli Stati. Il presidente era considerato l’autorità suprema dello Stato con un'assoluta immunità penale. Gli anni di Vargas sono anni molto importanti per la trasformazione brasiliana. Il nuovo presidente cerca di stabilire un rapporto più diretto con le masse, promuove l’industria nazionale, vara una ampia legislazione sociale. Prende forma il cosiddetto Estado Novo che, pur ispirandosi esplicitamente alle dittature di Italia e Germania, divenne un peculiare mix politico alternante tratti riformatori e tratti repressivi. Da una parte si vuole rendere il Brasile più autonomo dalle potenze straniere e più industrializzato, dall’altro si assiste ad una svolta autoritaria con una forte presenza militare ed una repressione totale delle opposizioni. Allo stesso tempo si vuole includere le masse operaie, credendo necessaria la formazione di uno “stato sociale”, dal quale vengono esclusi però giornalisti, gruppi di opposizione ed intellettuali. Vi sono molteplici contraddizioni all’interno del Varghismo. Questo infatti, se da una parte la dittatura sostiene esplicitamente le forze dell’Asse Italo-Tedesco (probabilmente ciò era conseguenza della presenza di popolose comunità italiane e tedesche sul territorio) dall’altra, si allinea quasi completamente agli Stati Uniti nella Seconda Guerra Mondiale. Nel 1942 il Brasile dichiara guerra all’Asse ed invia un contingente in Italia che costituisce il maggior contributo di un paese latinoamericano alla guerra in Europa contro le nazioni dell’Asse: oltre 25mila soldati della Força Expedicionária Brasileira combatterono nella campagna d’Italia sulla linea gotica. La lotta al nazifascismo diede più spazio alle forze democratiche ponendo fine, nel 1945, al varghismo e riorganizzando le forze armate nell’orbita d’influenza statunitense. L’esperienza democratica però si concluse nuovamente negli anni ’60 a seguito della riorganizzazione militare e dei vari interventi di destabilizzazione sociale e politica posti in essere dagli Alti gradi militari. Queste strategie portarono poi al Colpo di Stato del 31 marzo 1964. Si ritiene che questo Colpo di Stato sia dovuto ad una convergenza tra interessi internazionali - i militari brasiliani godevano dell’appoggio con settori militari statunitensi grazie alla loro partecipazione alla campagna d’Italia - e quelli di gruppi nazionali oligarchici. Il regime militare brasiliano in ogni caso, supportò altri Colpi di Stato similari: Bolivia (1971), Uruguay (1973), Cile (1973) ed Argentina (1976). Inoltre, il Colpo di Stato interruppe quel processo che vedeva nella riforma agricola una possibilità di inserimento nella società di classi fino ad allora invisibili. In questo modo il gruppo dominante latifondista mantenne il proprio potere, mentre il governo militare era l’unico decisore ed operava direttamente su ogni aspetto del territorio (come ad esempio la colonizzazione delle aree amazzoniche interne). Tra gli anni ’70 ed ’80, come altri paesi produttori di petrolio del sud globale, il Brasile godette di ingenti prestiti che spesso utilizzò per la costruzione di megaprogetti - tra cui la diga Itapù - e ferrovie o per finanziare programmi nucleari. In questi progetti però spesso venivano utilizzate attrezzature tecnologiche facenti capo a grandi gruppi economici occidentali. Di fatto quindi, nonostante le numerose grandi opere iniziate nello Stato, furono creati pochi posti di lavoro per la popolazione brasiliana. Quando scoppiò la crisi del debito, la questione del rimborso dei soldi ricevuti in prestito soffocò sul nascere la possibilità di sviluppo economico e sociali, determinando inoltre la crisi del regime. Nel 1988, dopo una lunga mobilitazione di massa che chiedeva la fine di 20 anni di dittatura, venne istituita una nuova Assemblea Costituente che elaborò la Costituzione attualmente in vigore. La Costituzione è la tipica espressione della volontà della popolazione di stabilire uno Stato democratico destinato a riconoscere l’esercizio dei diritti sociali ed individuali, la libertà, la sicurezza, il benessere, lo sviluppo, l'uguaglianza e la giustizia come valori supremi di una società fraterna, pluralista e senza pregiudizi. Una democrazia fondata sull'armonia sociale ed impegnata, nell'ordine interno ed internazionale. Da queste nuove speranze però, sono escluse le popolazioni rurali per via di un blocco compatto espressione dei diversi interessi dei latifondisti – elemento rilevato dalla stessa Assemblea Costituente. Ad oggi, oltre alle enormi disparità che affliggono il paese, aumentano le tensioni nelle campagne e le oligarchie terriere pagano sicari o fabbricano falsi titoli di proprietà per continuare a depredare i contadini delle loro terre.

Struttura dello Stato, Ambiente ed Economia

Struttura dello stato

Il Brasile è una Repubblica Federale composta da 26 Stati e un distretto federale della capitale. La creazione di nuovi Stati o la fusione tra Stati esistenti può avere conseguenze politiche in quanto, all’art. 46 della Costituzione brasiliana, possiamo leggere che il Senato federale è composto da 3 senatori per ogni entità con mandato di 8 anni. Questi sono eletti tramite modello maggioritario. A tal proposito occorre evidenziare che il Senato ha grandi poteri, specialmente nei momenti di crisi istituzionale ed in politica estera. Allo stesso modo la Camera dei Deputati (art. 45 cost.) viene eletta seguendo un modello proporzionale dove il numero dei rappresentanti della Camera è in diretto rapporto con il numero della popolazione. Viene poi posto un limite per cui nessuno Stato può avere meno di 8 o più di 70 eletti. Il Presidente della Repubblica Federale del Brasile è il capo di Stato ed il capo del governo. Il Presidente guida il ramo dell'esecutivo del Governo federale ed è il comandante in capo delle Forze armate. Questa figura ha significativi poteri legislativi, che vengono esercitati proponendo leggi al Congresso nazionale del Brasile od utilizzando le cosiddette Medidas Provisórias (Misure Provvisorie), uno strumento legislativo con forza di legge che il Presidente può utilizzare in casi di urgente necessità - con l’esclusione di determinati settori. Il Presidente viene eletto ogni 4 anni con maggioranza semplice dei voti. A capo di ogni Stato vi è il Governatore che ha ampi poteri, è eletto a suffragio universale e dura in carica 4 anni. Singoli governatori od alleanze fra essi possono condizionare od influenzare la Presidenza della Repubblica e l’esecutivo in base al peso economico e demografico di detti governatori od alleanze. Il municipio è l’elemento basilare dell’impalcatura Federativa e dell’autonomia politico-amministrativa. Ha la funzione principale di curare i rapporti “centro-periferia”. Prima non vi erano limiti ma, il rischio della proliferazione di questi enti in risposta a localizzati interessi elettorali, hanno fatto sì che il numero limite fosse fissato a 5.560 municipi. Questi forniscono servizi come trasporti e sanità, gestiscono l’insegnamento obbligatorio gratuito ed operano nel settore sociale.

Ambiente e clima

Il Brasile si divide in 5 regioni: l’Amazzonia del Nord, un’area pluviale scarsamente popolata e che occupa il 42% del territorio; il Nord-est, un’area di selva tropicale ma soggetta a lunghi periodi di siccità; il Sud-est una fascia costiera tra l’Oceano Atlantico e la “grande scarpata”; il Sud, un’area con una prateria semitropicale; il Centro-ovest, dove vi è la pianura del Pantanal, un’immensa pianura alluvionale soggetta ad inondazioni periodiche. L’area che dal punto di vista ambientale desta maggiori preoccupazioni è il Nord-est. In questo territorio vive il 30% dei brasiliani afro discendenti e l’economica agricola soffre per la siccità poiché la zona è spesso soggetta alla Seca, un prolungato periodo di assenza di precipitazioni. Qui le precipitazioni sono al di sotto dei 600 mm annui e vengono portate dagli alisei che soffiano da sud-est verso nord-ovest provenendo dall’Oceano. Spesso però non piove per vari anni consecutivi, determinando il collasso della compagine sociale conseguentemente all’impoverimento ambientale. Esempi storici particolari sono fenomeni come il banditismo dei Cangaço e forme spontanee come il messianismo e nomadismo. Dal punto di vista dell’acqua potabile, il Brasile è tra i primi dieci Paesi per disponibilità di acqua dolce in quanto ne detiene grandi disponibilità sia in termini assoluti che in termini relativi. Nell’area del Paese compresa tra l’Equatore ed il Tropico del Capricorno infatti, si registrano sempre abbondanti precipitazioni. Oltre alle piogge, lo Stato detiene importanti bacini come quello amazzonico, quello del Maranhão e l’acquifero del Guaranì. Nonostante questa enorme disponibilità, l’accesso all’acqua non è ancora garantito a tutti e spesso ad esserne penalizzate sono proprio le popolazioni rurali. Inoltre, a preoccupare è l’inquinamento delle falde acquifere a causa della contaminazione degli scarichi industriali ed agro-industriali che hanno fatto aumentare esponenzialmente i casi di malattie e contagi. Come abbiamo visto, uno dei periodi di maggiore attività geopolitica brasiliana è stato quello dello sviluppo e della colonizzazione delle aree interne e di confine, in altre parole il controllo dell’area della foresta amazzonica. A tal proposito nell’agosto del 2002 è stato messo in funzione il Sistema de Vigilância da Amazônia (SIVAM): un sistema di satelliti, radar, aerei, elicotteri e piattaforme di raccolta dati per redigere mappe statistiche della copertura vegetale, delle aree indigene, insediamenti civili e produttivi e della attività agricole. Questo sistema è coordinato dalla “Segreteria per le questioni strategiche” sia per la sua importanza dal punto di vista della cura dell’ambiente sia perché, non essendoci controllo, è aumentata esponenzialmente la costruzione di infrastrutture interamente dedicate allo sviluppo di attività illegali quali: il traffico di armi, esseri umani, merci di contrabbando e stupefacenti. Dal punto di vista ambientale la Foresta Amazzonica è un ecosistema molto fragile. Le radici delle piante penetrano scarsamente nel suolo, tanto che molte di queste si nutrono attraverso i tronchi. Per di più, il suolo è povero di nutrienti. Per questi motivi, l’agricoltura introdotta ha risultati di breve durata. Per la Foresta Amazzonica è di vitale importanza che le piogge siano frequenti e regolari e che la temperatura media si aggiri intorno ai 26° C. In un contesto del genere infatti, anche un minimo cambiamento della temperatura potrebbe portare ad un disequilibrio dell’ecosistema. A ciò si sono aggiunte le trasformazioni economiche che hanno investito la foresta come l’aumento del disboscamento predatorio, l’aumento delle grandi proprietà agricole (anche attraverso l’acquisizione violenta ed illecita dei terreni) e la creazione di vie illegali per il contrabbando del mogano. In altre parole, la tutela ambientale ed il contrasto a questi fenomeni predatori è estremamente difficile a causa degli spazi vasti da controllare - che richiedono enormi capacità finanziarie e tecniche. Tali difficolta a loro volta, si scontrano con potenti interessi internazionali e, soprattutto, nazionali. L’amministrazione di Jair Bolsonaro ha infatti indebolito l’applicazione della legge ambientale dando, di fatto, il via libera alle reti criminali direttamente responsabili della deforestazione illegale in Amazzonia e che usano l’intimidazione e la violenza contro i difensori della foresta. Il principale gruppo criminale che opera in Brasile è il Primeiro Comando da Capital (PCC), il quale controlla il traffico illegale in tutto il “Cono Sur” e sfrutta l’alleanza con l’Ndrangheta per rifornire il mercato europeo di cocaina. La politica intrapresa da Bolsonaro inoltre, sembrerebbe favorire gli interessi petroliferi in Amazzonia della Petrobrás ma il Presidente Bolsonaro ha accusato gli indigeni e le organizzazioni non governative, senza alcuna prova, di essere i responsabili della distruzione della foresta pluviale. Secondo dei dati preliminari, la deforestazione in Amazzonia è aumentata dell'85% nel 2019, mentre si è registrata una decrescita del 10% tra  gennaio e settembre del 2020. Inoltre il numero di incendi ha raggiunto il livello più alto degli ultimi 10 anni.

Economia, risorse ed energia

Nel Nord-est l’economia è prevalentemente agricola mentre nel Sud vi è produzione di vino, riso e allevamenti di bestiame. In generale nella storia del Paese, ed ancora oggi, la questione agraria e le aspirazioni di riforma sono un punto di conflitto. Infatti, nonostante la vastità del territorio, il suolo utile adeguato alla coltivazione - accessibile attraverso vie di comunicazione praticabili, attrezzato con abitazioni e servito dalla distribuzione idrica - è relativamente scarso. Per questo motivo è grande la concorrenza per accedere alle localizzazioni migliori. Inoltre la storia del Paese ha visto un contrasto tra popolazioni rurali e gli interessi di una ristretta oligarchia che traeva benefici dal controllo fondiario e dall’agricoltura per l’esportazione. Nonostante il fatto che oggi la riforma agricola avrebbe un altro significato dal momento che l’80% della popolazione vive in città, vi sono due principali gruppi autorganizzati che sono in lotta tra di loro per la rivendicazione dei diritti della popolazione contadina: la  Confederação Nacional dos Trabalhadores na Agricultura (CONTAG) - il cui principale interesse sono le rivendicazioni contrattuali - ed il Movimento dos Trabalhadores Rurais Sem Terra - che ha come obiettivo l’attribuzione di terra ai contadini che ne sono privi o con una quantità insufficiente per un livello di vita dignitoso. Questi movimenti spesso si scontrano con il fenomeno del Land-grabbing in Brasile. Nel Centro-ovest è importante il complesso idroelettrico di Itaipù sul fiume Paranà, al confine col Paraguay. Questo complesso è importante per l’industria energetica ed è stato creato nel 1984 prevalentemente con funzione strategica: l’idea era quella di influenzare la gestione argentina delle acque del Paranà e del Rio de la Plata. La diga sorge a 1.000 km di distanza dal primo luogo di consumo ed ha creato numerosi problemi ambientali oltre ad aver aumentato negli anni ‘80 l’indebitamento nei confronti dei partner internazionali poiché canalizzava gli investimenti istituzionali da parte di autorità che volevano riconfermare il proprio prestigio. Nell’Amazzonia del Nord sono stati scoperti giacimenti di petrolio, di ferro, di bauxite e di oro. L’estrazione di questi materiali però comporta gravi rischi ambientali correlati. Nel Sud-est vi è il cuore economico del Paese, dove vi è concentrata l’industria High-tech. Per questi settori l’approvvigionamento di petrolio e di energia è fondamentale ed il Brasile riesce a soddisfare autonomamente quasi tutto il proprio fabbisogno. Dal punto di vista della sicurezza energetica, detiene fonti molto diversificate: idroelettrico, nucleare, petrolio, biocarburante e carbone. Importanti a livello internazionale sono i gruppi economici brasiliani che operano soprattutto nel Sud globale e nel settore dei servizi e delle infrastrutture. Il più importante attore è la Petrobràs, gruppo petrolifero nato nel 1953 con lo slogan “il petrolio è nostro”. Negli anni ’80 si è assistito a una nuova fase dinamica di questo gruppo, che ha aperto numerosi giacimenti sia all’interno del territorio - in particolar modo nella foresta amazzonica - sia nella piattaforma continentale - nel Bacino di Santos e di Campos, al largo delle coste di Rio de Janeiro. Oggi la Petrobrás ha numerose attività all’estero: in Colombia, in Venezuela, in Perù, in Ecuador; nel Golfo del Messico, nel Golfo Persico, Tanzania, Libia ed Argentina. La Companhia vale do rio doce (CVRD), nata nel 1942, si occupa dell’estrazione e della commercializzazione del ferro in partenariato con imprese negli Stati Uniti, in Argentina, in Cile, in Perù, in Francia, in Norvegia ed in Bahrein. L’Embraer, fondata nel 1969 a Sao Josè dos Campos, è invece attivo nell’impresa aeronautica e nel settore spaziale. In conclusione, è importante citare un altro famoso conglomerato brasiliano: Odebrecht. Si tratta di un gruppo industriale brasiliano che opera nei settori dell’ingegneria civile e nel petrolchimico e che si è reso protagonista di uno degli scandali di corruzione più grandi al mondo che ha travolto l’intera America Latina.

Popolazione ed etnie

Il Brasile ha una popolazione di 210 milioni, pari a circa la metà della popolazione di tutto il Sub-continente. La composizione etnica del Brasile è molto variegata: Bianchi (48%) e Meticci (44%) sono le due etnie più rappresentate, seguiti da Afro-discendenti (7%) e Asiatici (0,6%). La componente indigena è attualmente pari allo 0,4%. Per quanto riguarda la religione, la popolazione si divide quasi completamente fra cattolici (65%) e protestanti (22%), mentre l'8% si dichiara non religiosa. La distribuzione territoriale vede la popolazione concentrarsi prevalentemente negli Stati del Sud-est, che rappresentano il cuore economico del Paese. In quest’area che rappresenta l’11% dello Stato risiede il 40% della popolazione.

Popolazione indigena

A differenza di altre parti dell’America Latina in Brasile non vi erano organizzazioni statali centralizzate ma numerose comunità più o meno accomunate da una lingua, una visione spirituale e l’ostilità contro popolazioni considerate nemiche. Secondo il censimento del 2000 gli indigeni costituiscono lo 0,4% della popolazione brasiliana e sono sparsi su 587 aree equivalenti all’11,92% del territorio nazionale totale. Nella Foresta Amazzonica vi sono inoltre molti gruppi isolati che ad oggi non sono ancora entrati in contatto con l’uomo occidentale. In generale si contano 215 etnie, con 18 dialetti divisi tra 3 ceppi linguistici principali. I gruppi più importanti sono i Guarani (51 mila individui), gli Yanomami (27 mila individui) e i Tikuna (40 mila individui). Questi popoli sono minacciati da interessi economici che cercano di impadronirsi delle ricchezze delle loro terre, dall’avanzamento illegale e violento della frontiera agricola e da gruppi religiosi che ne vogliono “salvare le anime”.

Afro-discendenti Brasiliani

Il Traffico negriero ha sradicato dalle proprie terre persone principalmente di origine Yoruba, provenienti dall’attuale Nigeria, e Bantu, provenienti dai territori che oggi corrispondono all’Angola, al Congo ed al Mozambico. Il traffico si concentrò tra il 1500 e il 1600 negli Stati del Nord-est, in cui gli schiavi venivano sfruttati nelle piantagioni. Nel 1700 invece, gli schiavi sono stati sfruttati prevalentemente nell’economia degli Stati del Sud. Nonostante la legge che abolì la schiavitù nel 1888, la popolazione di colore venne abbandonata e discriminata per condizioni economiche, accesso all’istruzione, alla salute ed alla casa. Il passaggio dal mercato del lavoro schiavista a quello salariato fu traumatico in quanto lo sfruttamento della popolazione africana venne sostituto grazie all’incentivazione all’emigrazione europea operata dal governo. La popolazione Afro-discendente è tutt’oggi l’etnia maggiormente discriminata nel Paese.

Popolazione asiatica

Durante il corso del ‘900, il governo brasiliano cercò di attirare anche la popolazione giapponese che si insediò in una comunità compatta a San Paolo e che si occupò prevalentemente del settore orticolo. Ancora oggi si realizzano vari scambi culturali tra i discendenti giapponesi ed il Giappone. Una nuova tendenza è scaturita dalla crescita di domanda di lavoro nel settore manifatturiero che ha attirato molti lavoratori provenienti dalla Corea.

Diritti umani

Secondo Human Rights Watch, nel corso del 2020 sono stati violati molteplici diritti umani anche a causa della pandemia legata al Coronavirus. L’amministrazione Bolsonaro ha cercato di sabotare le misure di salute pubblica varate per frenare la diffusione del Covid-19, definito dal Presidente come “una piccola influenza”, e cercando di occultare i dati sanitari. A risentire di più di questa situazione è la popolazione Afro-discendente che ne è risultata più colpita, con un rischio più elevato di morire in ospedale. Alla discriminazione di questo gruppo etnico nella gestione pandemica si aggiunge il fatto che, solo nel 2019, la polizia ha ucciso 6.357 persone, di queste l’80% era Afro-discendente. Altro aspetto preoccupante è il sovraffollamento delle carceri sia per i rischi legati alla pandemia, sia per le “carenze strutturali” delle strutture di detenzione, sia perché i penitenziari sono il principale luogo di reclutamento del Primero Comando da Capital (PCC).

Diritti e situazione delle Donne

L'adozione della legge “Maria da Penha” del 2001 è stato un passo importante nella lotta contro la violenza domestica, ma l'attuazione registra ancora grandi difficoltà. Nel 2019 un milione di casi di violenza domestica e 5.100 casi di femminicidio erano ancora pendenti davanti ai tribunali. Le denunce di violenza contro le donne da parte della polizia sono diminuite significativamente nel corso della pandemia di Covid-19, mentre le chiamate ad un centralino antiviolenza sono aumentate del 27% nei mesi di marzo ed aprile 2020 rispetto all'anno precedente. Questo dato ci suggerisce dunque che le donne possono avere difficoltà a recarsi alle stazioni di polizia per denunciare la violenza. Inoltre l'aborto in Brasile è legale solo in caso di stupro, per salvare la vita della donna, o quando il feto ha l'anencefalia. La condizione delle donne in Brasile sotto il governo Bolsonaro è talmente grave che, a giugno 2020, l’amministrazione Bolsonaro ha rimosso due funzionari pubblici che avevano diramato una nota tecnica raccomandando alle autorità di mantenere attivi i servizi di salute sessuale e riproduttiva durante la pandemia Covid-19, compreso “l'aborto sicuro nei casi consentiti dalla legge brasiliana”. A preoccupare, inoltre, è la pericolosa retorica di Bolsonaro che potrebbe aver portato alla morte l’attivista Marielle Franco. L’omicidio ha causato un moto di proteste e manifestazioni. Le investigazioni portate avanti nei mesi successivi hanno portato all’identificazione e l’arresto di due sospettati. Tuttavia, le indagini proseguono nel silenzio dell’attuale presidente Bolsonaro, che non ha rilasciato dichiarazioni in merito all’accaduto.

Diritti e situazione della comunità LGBT

Nel maggio 2020, la Corte Suprema ha revocato il divieto emanato dal governo federale per gli uomini che hanno avuto rapporti sessuali con altri uomini di donare il sangue. Occorre però evidenziare che tra gennaio e giugno 2020, l'ufficio del difensore civico nazionale per i diritti umani ha ricevuto 1.134 denunce di violenza, discriminazione e altri abusi contro persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender (Lgbt).

Fonti

Altalex - Storia costituzionale brasiliana: dall’Impero a un inefficente welfare state

Constituição da Republica federativa do Brasile de 1988

Globalgeografia - Brasile

Human Rights Watch, World Report 2021, Brasile

Isenburg T. (2006) Brasile: una geografia politica. Roma: Carocci

Kelly P. (1997) Checkerboards and Shatterbelts: the geopolitics of south America. Austin: University of Texas press

SESAI - Secretaria Especial de Saúde Indígena

Sideri S., Il Brasile e gli altri Nuovi equilibri della geopolitica. ISPI

Zanatta L., Storia dell’America Latina contemporanea (2011)

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