Senegal

Senegal

(a cura di Angelo Lerro)

I primi rilevanti centri abitanti dell’odierno Senegal furono fondati da popolazioni originarie del Delta del Niger, nel golfo di Guinea. Le vicende dei popoli e delle culture, abitanti la regione a cavallo il fiume Senegal (da cui il moderno stato prende il nome), furono profondamente connessi e influenzati dalle popolazioni limitrofe. Le comunità dell’area nei secoli furono spesso tributari o vassalli delle potenze egemoni della regione (impero maliano e ghanese) non essendo riusciti ad aggregarsi in centri di potere stabili e totalmente indipendenti. Il primo regno degno di nota fu quello di Tokulor (a partire dal IX secolo d.c.), che per quanto tributario del Regno ghanese, riuscì ad imporsi sulle altre realtà del fiume Senegal. Il regno di Tokulor fu il primo ad incontrare la religione islamica che divenne nei secoli la religione predominante nell’area. Nel corso del XIV secolo si impose nella regione il Regno Wolof che raggiunse il suo apice nei secoli successivi attraverso i scambi commerciali con l’impero portoghese. L’area era inizialmente abitata da pastori sedentari di lingua wolof e pastori seminomadi Fulani che col tempo formarono villaggi stabili. Il regno Wolof è ritenuto comunemente il cuore culturale della moderna civiltà senegalese. Il regno Wolof non seppe però nei anni imporsi come realtà stabile nella regione tanto che divenne oggetto di conquiste da parte dell’impero Songonai e dei regni marocchini del nord. Tale fu l’ingerenza delle potenze straniere che si sgretolò in minori realtà locali fra cui il Regno Sinè-Saloum dominato dall’etnia Serer. Le coste senegalesi furono fin dal 1400 oggetto dell’interesse europeo. Il primo insediamento europeo fu sull’isola di Ille de Gorèe (porto commerciale portoghese). Negli anni anche gli olandesi si interessarono alle isole e alle coste senegalesi per farne basi portuali al fine di sostenere i commerci volti a raggiungere il golfo di Guinea o il Sud Africa. Furono però i Francesi, nel XVII secolo, ad imporsi nella zona fra le altre potenze europee. I francesi erano interessati al fiume Senegal per il traffico d’oro e della gomma arabica ma soprattutto per il commercio degli schiavi. Il Senegal divenne, per via della sua invidiante posizione geografica, luogo di scontro con l’altra potenza marittima in ascesa, il Regno Unito; gli inglesi si stabilirono sulla foce del fiume Gambia, posto a sud del fiume Senegal e a nord di altri insediamenti francesi, dividendo in due possedimenti francesi nell’area. La colonizzazione francese del Senegal rappresenta uno dei esempi più genuini di come la Francia si rapportava alle sue colonie. I francesi imposero alla popolazione la coltivazione delle arachidi e resero il Senegal la porta del commercio con l’entroterra dell’Africa occidentale. La cultura rivoluzionaria e gli ideali illuministici, che attraversarono la madre patria durante il XVIII-XIX secolo, influenzarono anche l’atteggiamento nei confronti delle colonie: i francesi cercarono di imporre gli ideali della Francia “moderna e rivoluzionaria” annettendo direttamente il Senegal all’Impero e abolendo la schiavitù. Negli anni centrali del XVIII secolo l’amministrazione francese in Senegal fu caratterizzata dalle politiche del governatore dell’epoca Faidherbe, il quale contrastò le ancora diffuse pratiche schiaviste e cerco di migliorare i rapporti fra l’elitè francese coloniale e le comunità locali. In quegli anni si oppose al occupazione francese il capo religioso El Haijomar, fondatore di un vasto impero intorno alla città di Segou nel Mali centrale. Nel 1864 le truppe francesi sconfissero le forze africane, che però continuarono ad opporsi al governo della potenza europea nella regione. Al termine del congresso di Berlino (1884-85) il Senegal, come gran parte dell’Africa occidentale, fu formalmente assegnato alla Francia, seguendone il destino nelle due guerre mondiali.

Dall’indipendenza ad oggi

All’indomani della fine della seconda guerra mondiale le colonie delle potenze europee avviarono un rapido percorso verso l’indipendenza. Le colonie francesi invece intrapresero un percorso diverso rispetto alle altre colonie africane. Protagonista indiscusso dei decenni successivi alla seconda guerra mondiale fu Senghor, il quale promosse la creazione di un movimento, il Bloc Democratique Senegales, di ispirazione democratica, socialista e volto al riconoscimento di una cultura totalmente africana: negritudine. Il Senegal fu annesso direttamente alla Francia, per poi ottenere, tramite una legge quadro del 1958, uno status di semi autonomia. A ben vedere inizialmente l’elitè senegalese non voleva perdere la protezione dell’ex madre patria tant’è che la piena indipendenza arriverà solo nel 1960, diventando una repubblica semipresidenziale: Sengor divenne il primo Presidente della Repubblica senegalese. I decenni della presidenza di Sengor furono caratterizzati dallo sforzo di rendere il Senegal uno stato moderno e socialista. La sua popolarità visse tra alti e bassi, come in occasione delle famose proteste studentesche a Dakar nel 1968, e la situazione politica non era totalmente libera essendo leciti solo il partito comunista, quello socialista e quello liberale. Sengor, con un atto che impressionò molto l’opinione pubblica occidentale, lasciò la carica presidenziale, permettendo così l’elezione di Diouf, espressione del partito socialista, nel 1980. Si aprì un periodo caratterizzato da una maggiore attenzione alle libertà civili, fra tutte quella politica e d’espressione, e importanti investimenti tecnologici volti a modernizzare il paese. Durante la sua presidenza Diouf provò ad unire il Sengal al Gambia attraverso la creazione in una confederazione che non ebbe particolare fortuna, non entrando di fatti mai sostanzialmente in vigore. A Diouf successe democraticamente Wade, di ispirazione liberale, a dimostrazione della consolidata tradizione democratica. Il governo di Wade fu caratterizzato dal tentativo di rafforzare i poteri presidenziali attraverso la proposta di una riforma costituzionale che non fu mai approvata per una vigorosa protesta della società civile. Sempre durante la sua presidenza si riaccese uno storico conflitto con MFDC (Movimento delle Forze Democratiche di Casamanche), nella regione della Casamanche, che si concluse con gli accordi di pace e di sviluppo economico. Attualmente il Presidente della Repubblica senegalese è Sall in carica dal 2012.

Ordinamento dello stato, economia e ambiente

Il Sengal è una Repubblica semi-presidenziale al cui vertice vi è la carica di Presidente della Repubblica (7 anni per massimo due mandati). Il potere presidenziale si basa sull’elezione diretta a suffragio universale, che tramite una così importante legittimazione, pone il presidente, all’interno dell’impalcatura costituzionale, come il nucleo attorno al quale si muovono le altre cariche. Del resto il Presidente è a capo dell’esecutivo ed è lui a nominare il primo ministro. La repubblica senegalese appare fra le più stabili della regione, essendovi una certa alternanza fra i partiti alla suprema carica e anche il lato delle libertà politiche riconosciute risultano incoraggianti. Se tutto ciò protegge la cittadinanza da pulsioni autoritariste, si mostra meno positivo la situazione in cui versa la Magistratura senegalese. Il Consiglio costituzionale (vertice della magistratura) dispone di poteri limitati nel verificare la legittimità costituzionale delle norme espresse dall’Assemblea Nazionale (Parlamento a cui è attribuito il potere legislativo) e la magistratura ordinaria non gode di una buona nomea, essendo spesso accusata di corruzione. Allo stesso tempo i magistrati accusano il governo di non ricevere una paga adeguata alla loro importante funzione, rendendoli idonei a comportamenti corruttivi. L’economia senegalese è fra quelle ad maggior tasso di crescita e fra le più importanti del continente africano. Tale crescita economica però, come spesso accade, non investe tutto il territorio nazionale allo stesso modo, anzi tende ad concentrarsi nella capitale Dakar e nei suoi dintorni. Se la capitale ha visto indubbiamente un miglioramento dello stile di vita non può dirsi altrettanto delle altre regioni del Senegal dove la disoccupazione e le condizioni precarie obbligano migliaia di giovani a migrare verso l’Europa. Per comprendere quanto impatta l’emigrazione sull’economia senegalese è utile evidenziare come le rimesse corrispondono circa al 10% del Pil del Senegal. Il settore che più contribuisce al Pil statale è il settore terziario (concentrato quasi unicamente sulle coste e a Dakar) con un 62% sul Pil totale. Il settore primario invece, per quanto veda impegnata circa il 75% della forza lavoro, a stento basta all’autosufficienza e corrisponde a poco più del 15% del totale; infine spinto dall’industria agroalimentare (zuccherifici e olifici), tessile e estrattiva il settore industriale contribuisce al Pil nazionale per la restante parte (Index Mundi). Intimamente connesso alle prospettive di crescita economica è la questione climatica. Il Senegal, come la maggior parte degli stati africani, non contribuisce in maniera determinante al surriscaldamento globale ma è fra i paesi che ne subiscono le maggiori conseguenze. Ormai comuni per la popolazioni, ma non per questo meno gravi, sono i frequenti periodi di siccità nella stagione secca alteranti nella stagione umida a violentissime precipitazioni; ebbene tali fenomeni impattano in maniera gravissima sui già precari terreni in cui i contadini svolgo la loro attività lavorativa. La devastazione dei terreni oltre a causare la perdita di lavoro produce anche gravi problematiche alimentari, essendo l’agricoltura senegalese quasi totalmente volta all’autosussistenza. Altra questione dirimente è che l’innalzamento delle temperature globali produce, nelle zone limitrofe le grandi distese desertiche, l’accelerazione del processo di desertificazione; processo facilitato dalla ormai diffusa deforestazione nella regione.    

Popolazione, etnie e religioni

Il Senegal è abitato da 16 milioni di abitanti di cui circa un milione nella sola capitale Dakar. Da un punto di vista etnico la Repubblica senegalese risulta simile per la sua composizione con gli altri stati africani limitrofi. L’etnia predominante è quella wolof, la quale corrisponde a più del 40% della popolazione complessiva. L’egemonia culturale dei wolof si esemplifica nella detenzione quasi assoluta delle cariche amministrative. Gli wolof, quasi tutti aderenti all’Islam sunnita, spesso sono riuniti in confraternite religiose molto importanti a livello sociale che regolano la vita degli aderenti. La più famosa è Tidjniyya, confraternita composta inizialmente da coltivatori di miglio e arachidi che si schierò apertamente contro la Francia negli anni precedenti l’indipendenza. La confraternita è caratterizzata inoltre da una originaria divisione in caste, tendenzialmente scemata negli ultimi anni. L’etnia Fulana corrisponde circa al 25% della popolazione, anch’essa di appartenenza quasi esclusivamente mussulmana. Anche l’etnia Serer, popolazione di coltivatori e allevatori che corrispondente al 15% della popolazione e che rimase per lungo tempo legata ai tradizionali culti animista, si convertì all’Islam ed in minima parte al cristianesimo. Vale la pena di citare anche l’etnia Toukolr, che per quanto minoritaria, fu la prima ad incontrare l’islam per poi diffonderlo nell’odierno Senegal. Venendo alla popolazione, come appare chiaro, più del 95% è di fede mussulmana sunnita mentre solo un 4% di fede cristiana, riferibile principalmente ai vecchi colonizzatori che diffusero il cristianesimo nelle città principali, anche per questo poco attrattive per la maggioranza della popolazione. In realtà sia la religione islamica che quella cristiana, per quanto con numeri profondamente diversi, riuscirono a penetrare nell’entroterra molto lentamente, essendo la popolazione senegalese profondamente legata ai culti animisti, ad oggi quasi del tutto spariti. La lingua ufficiale è il Francese, per quanto vi sono anche sei lingue nazionali.

Diritti umani

Il rispetto dei diritti umani in Senegal appare in modesto miglioramento se confrontato ai decenni passati e ai vicini stati africani. Del resto ancora importanti violazioni avvengo soprattutto nel realtà rurali dove le politiche nazionali si scontrano con secoli di discriminazione e sfruttamento. La condizione della donna nei villaggi nelle regioni periferiche dello stato è tutt’altro che rosea. Oltre ad un evidente isolamento fisico e culturale dalla vita politica delle comunità locali, le donne senegalesi sono spesso costrette a contrarre matrimonio precocemente all’interno di una cultura profondamente patriarcale e poligama. La donna è quasi del tutto sottoposta alla volontà del marito e molto difficilmente in queste realtà le viene riconosciuto un ruolo diverso di quello di moglie e madre. L’accesso al credito appare una chimera come anche la possibilità di ottenere un lavoro regolare. Anche per quanto concerne i diritti LGBT la situazione senegalese risulta particolarmente drammatica. Ad oggi, oltre alle numerose campagne discriminatorie, foraggiate da estremisti islamici, i rapporti sessuali fra persone dello stesso sesso sono punite dal codice penale con la reclusione. Sul lato dei diritti civili devono registrarsi importanti miglioramenti nella tutela della libertà di stampa e di parola, sebbene ancora lontani da una pieno riconoscimento. Deprimente invece è la condizione in cui versano le carceri senegalesi, spesso sovraffollate e in pessime condizioni igenico-sanitarie. Il tutto viene aggravato dal diffuso uso, da parte della polizia locale, di carcerazioni preventive dovute alla ormai celebre corruzione della magistratura.     Per approfondire: http://tesi.cab.unipd.it/161/4/02_-_Senegal.pdf http://massimoghirelli.net/documents/Scheda.paese.Senegal.pdf http://www.piemonteimmigrazione.it/mediato/images/materiali/Repubblica_del_Senegal_italiano.pdf https://nbts.it/blog/senegal/senegal-popolazione/ http://www.deagostinigeografia.it/wing/schedapaese.jsp?idpaese=154

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