Perù
Perù
(a cura di Rainer Maria Baratti)
Il Perù è uno Stato dell’
America Latina che confina con Ecuador,
Colombia,
Brasile, Bolivia, Cile e affaccia sull’Oceano Pacifico. Il paese, fulcro dell’Impero incaico prima e della colonia spagnola in Sudamerica poi, si caratterizza per essere un paese estremamente diverso nella propria composizione geografica, racchiudendo in se tre dimensioni: quella marittima, quella andina e quella amazzonica. Tale diversità corrisponde da una parte ad abbondanti risorse naturali (si pensi che il Perù stimolò la leggenda dell’ “El Dorado”), dall’altra ad una geografia complessa che ha reso difficile l’organizzazione dello Stato su tutto il territorio. La storia del Perù, anche in virtù della propria geografia, è costellata dalle forti tensioni tra le realtà rurali e le realtà urbane.
Breve storia del Perù
Il retaggio coloniale
Con la cattura di Atahualpa da parte di Francesco Pizzarro nel 1535 ebbe termine l'impero degli Inca, al suo posto
venne creata dalla Spagna nel 1542 il Vicereame del Perù. Il vicereame rappresentò fin da subito un importante periferia economica in cui venivano estratti oro e argento da esportare verso il centro economico rappresentato dalla Spagna.
Questo tipo di economia fu resa possibile da un ordine coloniale basato sullo sfruttamento della forza lavoro autoctona organizzata nelle cosiddette
redduciones, ovvero insediamenti in cui i diversi popoli indigeni venivano dispersi e mischiati tra loro con lo scopo di facilitare la riscossione delle tasse, l’utilizzo della manodopera, rompere il legame etnico e diminuire le possibilità di insurrezione. Ad ogni
redduciones corrispondeva la concessione di una terra comune che potesse assicurare l’esistenza della comunità. In ogni caso gli indios erano obbligati a pagare un tributo o in contanti o in altre modalità che il governo considerava equivalenti. Gli indios erano costretti a vendere i propri prodotti ad un prezzo stabilito dalle autorità e a lavorare per un salario stabilito dalle stesse. In generale gli indios erano sottoposti all’istituto giuridico dell’
Encomienda mediante il quale il gruppo doveva retribuire l’
Encomendero (solitamente il conquistadores) in lavoro, natura o qualsiasi altro mezzo, per lo sfruttamento di un bene o per una prestazione ricevuta. Le condizioni di vita dei popoli indigeni però erano disumane e tra il XVI e il XVII secolo la popolazione nativa diminuì notevolmente a causa delle malattie e dello sfruttamento.
Il profitto derivante dallo sfruttamento delle risorse americane venne in seguito reinvestito in miniere, terre, simboli di prestigio e soprattutto per comprare schiavi dall’Africa, che andavano a sostituirsi a coloro che morivano tra gli schiavi delle popolazioni indigene. Ciò da una parte ebbe come conseguenza l’emergere della disparità tra città e campagne (in cui vi erano prevalentemente lavoratori indigeni sfruttanti), dall’altra vide l’aggravarsi dello sfruttamento della forza lavoro con l’arrivo degli schiavi di origine africana – che si aggiungevano agli schiavi Indios.
Si delineò di conseguenza una società estremamente gerarchica e divisa per “corpi etnici”, in altre parole ad ogni etnia corrispondevano precisi diritti collettivi, doveri e tributi. A capo della società vi erano i cosiddetti
Conquistadores, i cristiani spagnoli noti per la loro
Limpieza de Sangre (purezza di sangue) e con lo scopo di evangelizzare il nuovo continente. A seguire vi erano i creoli, i nati da genitori europei nelle colonie, e i meticci. Infine in fondo alla gerarchia vi erano gli Indios con diritti limitati e soggetti a grave sfruttamento e gli schiavi africani che non avevano diritti ed erano parificati alle merci. Tale struttura politica era inoltre caratterizzata dalla gestione patrimoniale dello Stato ad opera di chi era al vertice e la tendenza, da parte della classe politica, di omogeneizzare la popolazione sotto la fede cristiana. Questi aspetti politici, economici ed istituzionali saranno i maggiori “
leit motiv” che si riproporranno nella storia peruviana.
Il vicereame del Perù godeva di un ampia autonomia che venne sconvolta dalle cosiddette riforme borboniche del 18° secolo che smantellò il monopolio commerciale di Lima. La Spagna nel 1736 creò il vicereame di Nuova Granada e nel 1776 il vicereame del Rio de la Plata, di conseguenza il vicereame del Perù venne gravemente mutilato e i flussi commerciali si spostarono verso Caracas e Buenos Aires.
In questo periodo di profonda riorganizzazione politico-economica ha avuto origine il più importante processo insurrezionale dell’era coloniale, ovvero l’insurrezione guidata dall’ultimo imperatore inca Tupac Amaru. L’insurrezione era composta da tutti i popoli residenti nelle province dominati dall’apparato metropolitano (indiani, stranieri, meticci e creoli) ma la repressione violenta identificò la popolazione indigena come il principale artefice. Ciò comportò la soppressione di alcuni diritti di cui godevano gli Indios.
Tale aspetto è importante in quanto caratterizzerà la questione indigena peruviana: alcuni popoli indigeni persero la propria identità etnico-regionale e la videro diluita fino a diventare una massa indifferenziata di contadini.
Dopo le rivolte di Tupac Amaru l’aristocrazia creola però cercò di recuperare la propria autonomia dalla madrepatria senza l’aiuto della popolazione indigena e ciò fu possibile grazie all’indebolimento della Spagna a causa dell’invasione napoleonica. La notizia dell’incarcerazione del Re spagnolo diffuse tra il popolo creolo l’idea della necessità di una sovranità popolare libera dalla dipendenza europea.
Fu così che si aprì la stagione indipendentista guidata dai Libertadores Simon Bòlivar e Josè de San Martin. Il 28 luglio 1821 il generale José de San Martín, al comando della Spedizione di Liberazione del Perù proveniente dal Cile, ne dichiara l'indipendenza. Tuttavia, la situazione rimaneva instabile e l'effettiva liberazione del Paese fu completata solo quando terminò la guerra contro la Spagna. Sotto il comando di Simón Bolívar, nel 1824, viene definitivamente sconfitto l'Esercito realista del Perù.
Il secolo lungo Peruviano
L’indipendenza però non ha portato all’unità sperata e il Perù ha fin da subito vissuto una frammentazione politica e una profonda instabilità. L’eliminazione del potere coloniale ha generato innanzitutto un vuoto di potere che spesso è stato colmato dai
Caudillos (personalità spesso eccentriche che esercitavano un’autorità di tipo carismatico e militare) che governavano porzioni più o meno vaste di territorio. Quest’ultimi si ritagliarono un consistente spazio di autonomia senza la pretesa di diventare un “centro nazionale”.
Di conseguenza il Perù attraversò un processo apparentemente paradossale: l’instaurarsi di un sistema oligarchico senza che si formasse una formazione egemonica.
L’indipendenza produsse effetti anche in campo economico in quanto contemporaneamente vi fu il crollo della produzione mineraria e venne meno il commercio con l’ormai ex madrepatria.
In questo periodo il Perù inizia a legarsi economicamente prima con l’Inghilterra e poi con gli Stati Uniti. Nella seconda metà dell’800 l’economia ricomincerà a crescere soprattutto grazie alla scoperta dei giacimenti di guano e di salnitro in quanto entrambi i materiali erano facilmente estraibili e da una parte potevano essere venduti a buon prezzo sul mercato internazionale, dall’altro potevano essere utilizzati come fertilizzanti per incrementare la produzione agricola. Ciò fece emergere quindi nuove attività estrattive nella regione costiera del Perù meridionale che causarono la nascita di una nuova borghesia commerciale.
Successivamente questa area fu oggetto di un contenzioso confinario che sfociò nella cosiddetta “Guerra del Pacifico” combattuta tra il Cile e le forze alleate di Bolivia e Perù dal 1879 al 1884. La guerra si concluse con la firma del
Trattato di Ancón, mediante il quale il dipartimento di Tarapacá era ceduto permanentemente al Cile, mentre le province di Arica e Tacna rimanevano sotto amministrazione cilena per 10 anni; al termine di detto periodo un plebiscito avrebbe sancito se le due province sarebbero rimaste cilene o ritornate peruviane. In questo modo il Cile si impossessò di grandi depositi di salnitro e guano ma successivamente vennero scoperti anche depositi di rame.
Singolare è il fatto che tali attività erano gestite da società con capitali britannici che le avevano acquistate con buoni emessi dal Perù. Questo ha portato parte della storiografia moderna a vedere gli inglesi come gli istigatori occulti della guerra però senza prove concludenti.
La sconfitta riportata nella Guerra del Pacifico fece sprofondare nuovamente il Perù nella crisi economica che lo portò ad accogliere in maniera sempre più continua i capitali provenienti dal Nord America e miranti a finanziare l’estrazione dei minerali e la creazione delle relative infrastrutture. Il periodo di crisi e il crescente imperialismo americano nella regione portarono successivamente alla nascita dei movimenti sindacali di protesta. La crisi economica finì con l’inizio della prima guerra mondiale grazie all’aumento della domanda di minerali necessari alla produzione bellica.
Il secolo breve peruviano
Dopo la fine della prima guerra mondiale il Perù assistette a una reazione autoritaria ad opera di Augusto Leguía y Salcedo che salì al potere grazie a un colpo di Stato il 4 luglio 1919. In generale
Leguìa cercò di emanare misure che rispondevano parzialmente alle richieste della classe media con l’esplicito scopo di attirare il loro sostegno ma al contempo neutralizzando la loro attività politica indipendente. Per la prima volta in Perù una sezione della classe dirigente sta cercando di rappresentare gli interessi nazionali in modo da essere sostenuti dal popolo e da raggiungere una posizione egemonica. In questo senso
Leguìa cercò di risolvere il problema delle rivolte contadine attraverso l’attacco diretto alla clientela latifondista del partito civile, favorendo così una guerra tra i mediatori rurali e gli oligarchi anziani che non avevano aderito al regime autoritario.
Questo periodo verrà definito come quello della “Repubblica aristocratica” in cui l’autoritarismo veniva giustificato per stabilire “l’ordine e il progresso”. Secondo
Leguìa era necessario un capo che agisse come organizzatore del paese e che promuovesse lo sviluppo in quanto le regole democratiche avrebbero portato il disordine a causa dell’arretramento economico, sociale e morale del paese.
Il regime di Leguìa si riuscì a mantenere da un lato grazie alle violente repressioni delle mobilitazioni sociali, tra le quali quella di
Haya de la Torre che venne deportato in Messico dove fondò il partito radicale dell’
Alianza Popular Revolucionaria Americana (APRA), dall’altro lato venne favorito dall’aumento del prezzo del rame e dalla crescita delle esportazioni minerarie. Si pensi che dal 1919 al 1929 le esportazioni minerarie sono cresciute del 175%, mentre quelle di origine agricola sono diminuite del 45%. Occorre sottolineare che i luogotenenti peruviani avevano una rendita importante proveniente dalla produzione di cotone e zucchero, quindi in questo periodo detennero un potere meno forte rispetto agli investitori nord americani che controllavano totalmente la produzione di minerali grazie all’azione di multinazionali come la
Standard Oil e l’
International Petroleum Company.
L’influenza americana però si estese anche alla politica internazionale del Perù che fu l’unico stato in America Latina a sostenere l’azione degli Stati Uniti in Nicaragua e la propria guerra contro il sandinismo. Altro aspetto importante è che l’APRA, divenuto successivamente un protagonista importante nella storia politica del Perù, nacque con un’ambizione sovranazionale che inneggiava innanzitutto la lotta contro l’imperialismo degli Stati Uniti e alla terza via tra il comunismo e il capitalismo.
In altre parole il regime di Leguìa, anche attraverso l’espulsione di dissidenti marxisti e antistatunitensi, cercava di ottenere un’importante protezione e partnership da parte degli Stati Uniti. Tutto ciò durò fino alla crisi del 1929 che causò la caduta dei prezzi delle materie prime e ridusse enormemente le esportazioni.
Ciò suscitò a sua volta nuove rivolte che portarono alla deposizione di Leguìa nel 1930 ed al suo processo.
La crisi degli anni ’30 portò alla luce una situazione in cui vi era una classe dirigente incapace di dialogare con le classi popolari e che spesso rappresentavano politicamente gli investimenti provenienti dall’estero. In questo contesto vi fu una situazione politica altamente frammentata e numerosi scontri sociali. Tutto ciò non permise la stabilità politica e vi fu un susseguirsi di governi e scandali. La situazione ricominciò a ristabilizzarsi solo con l’aumento dell’esportazione dei minerali, questa volta dovuto all’inizio della seconda guerra mondiale.
Questo periodo di relativa stabilità politica che si basava su una debole cultura democratica, durò ben poco. Nel 1948 infatti, il generale Manuel Arturo Odria guidò l'insurrezione di Arequipa che rovesciò il governo di Bustamante Rivero ed a seguito della quale assunse il potere come capo di una giunta militare. In questo modo Odrià instaurò un regime definito oligarchico, caratterizzato dalla forte persecuzione dell’APRA e dei partiti comunisti, nonché delle organizzazioni sindacali ad essi collegate. Allo stesso tempo Odrià incentrò i propri sforzi sulla riduzione delle tasse sull’esportazione di minerali e sulla possibilità di attrarre capitali dall’estero. Le scelte di politica economica schiacciarono l’economia contadina e gli interessi dei proprietari terrieri, quest’ultimi di fronte al calo delle proprie entrate hanno fatto nuove richieste ai propri dipendenti. I contadini tuttavia respinsero tali richieste e, a partire dagli anni ‘50, rimasero con due sole alternative tra cui scegliere: riprendere il controllo delle grandi tenute attraverso gli scontri e le occupazioni o cercare maggiore fortuna nelle città, dando vita ad un massiccio flusso di inurbamento
. Dopo il trionfo elettorale di Manuel Prado y Ugarteche, Odria lasciò il potere il 28 luglio 1956 data in cui l'APRA ritornò alla legalità.
A partire dagli anni ‘30 quindi, ha avuto inizio un processo che ha condotto ad un’incapacità dello Stato e della classe dirigente di assorbire le richieste popolari, facendo in questo modo coincidere le preoccupazioni istituzionali con gli interessi oligarchici e sottoponendo a continuo esame ciò che avrebbe potuto rappresentare un “pericolo” per l’ordine e la società. Per questi motivi, gran parte della storia del Perù del ‘900 si è caratterizzata per l’alternanza di diverse dittature che hanno avuto per lo più il compito di amministrare le imprese petrolifere, di gestire le risorse naturali e la pesca, nonché le riforme agrarie.
La storia recente del Perù
Questa situazione portò negli anni ’70 alla nascita di
Sendero Luminoso nelle università. Questo era un movimento che
basava la propria ideologia sull’interpretazione del pensiero di Mao Tse-Tung e che si ispirava in minima parte all’approccio di José Carlos Mariátegui. Il gruppo fu caratterizzato da studenti e professori di origine contadina che ritornarono nelle proprie comunità rurali, ormai abbandonate dallo Stato, per organizzare comitati di partito locali. Nel giugno del 1979 vi furono delle manifestazioni per l’istruzione gratuita che furono duramente represse dall’esercito causando diverse decine di morti.
Questo evento portò ad una radicalizzazione delle proteste politiche nelle campagne, alla costituzione di Sendero Luminoso in organizzazione di guerriglia ed infine allo scoppio della lotta armata. La storia recente peruviana dal 1980 al 2000 fu pertanto caratterizzata dallo scontro tra lo Stato peruviano e due gruppi armati di estrema sinistra:
Sendero Luminoso, sotto la guida di Abimael Guzmán, e il Movimiento Revolucionario Túpac Amaru (MRTA), comandato da Víctor Polay Campos.
Nel 1990 Alberto Fujimori divenne presidente del Perù conducendo una campagna elettorale all’insegna delle tipiche promesse populiste ma che si concretizzarono in radicali riforme economiche una volta giunto al potere.
Fujimori si fece protagonista di un populismo all’insegna delle politiche neoliberali: se infatti da un lato promuoveva i dettami del liberalismo economico, dall’altro si appellava alla sovranità del popolo per accentrare il potere e prevaricare l'autonomia del Parlamento e del potere giudiziario, fino a diventare dittatore del Perù attraverso un “autogolpe” nel 1992.
Fujimori basò la propria popolarità su una retorica volta a condannare la classe politica tradizionale e sul fatto di definirsi un outsider della politica, determinato a combattere con ogni mezzo Sendero Luminoso. Promessa, quest’ultima, che mantenne impiegando anche mezzi illeciti e arbitrari che seminarono terrore in varie regioni del paese martoriate da uno stato di guerra interno, lasciando così una gravosa scia di diritti umani violati.
La parabola politica di Fujimori terminò nel 2000 a causa della recessione economica e dei numerosi scandali di corruzione che lo avevano coinvolto e che lo hanno portato prima alla caduta e poi all’incriminazione per violazione dei diritti umani.
Vent’anni dopo la stagione del Fuijimorismo, il Perù è ancora colpito da numerosi scandali di corruzione ed ha raggiunto un nuovo e inaspettato record: tre presidenti in una settimana.
Tra il 10 e il 15 novembre 2020 hanno lasciato l’incarico prima il popolare Martin Vizcarra, destituito dal Congresso per un’indagine di corruzione per fatti da lui sempre negati ed avvenuti quando era Governatore di una provincia meridionale
e poi Manuel Martino, fino al giorno precedente Presidente del Congresso, subito nominato in sostituzione di Vizcarra ma dimessosi dopo cinque giorni per le proteste della popolazione. Per il ruolo ricoperto da Martino nella crisi politica, molti peruviani sono scesi in piazza per protestare contro quella che è stata definita come “un’altra rapina in giacca e cravatta”. La protesta è stata portata avanti da quella che viene chiamata la “generazione del bicentenario”, i giovani peruviani, che hanno subito una brutale repressione da parte del governo.
Martedì 17 novembre 2020, in pieno caos istituzionale Francisco Sagasti ha assunto la presidenza della Repubblica per guidare il paese fino alle elezioni dell’Aprile 2021. Il paese si è trovato così senza una guida solida in uno dei momenti peggiori dall’inizio del secolo: 35 mila morti per il Covid-19 e una crisi economica appena cominciata.
Struttura dello Stato, Ambiente ed Economia
Struttura dello stato
Secondo l’articolo 43 della Costituzione del 1993 “la Repubblica del Perù è democratica, sociale, indipendente e sovrana”. Il Perù è una Repubblica presidenziale democratica rappresentativa con un sistema multi-partitico. Secondo l'attuale costituzione, il Presidente della Repubblica è il capo dello Stato e del governo (art. 110) e viene eletto con suffragio diretto (art. 111) per cinque anni (art. 112). In generale la dodicesima Carta costituzionale del Paese esalta i principi neoliberali, accentua il semipresidenzialismo ed il centralismo, rafforza i poteri dei militari e consolida il potere del Presidente della Repubblica permettendogli di essere rieletto alla fine del suo mandato quinquennale. Secondo il Democracy Index 2018 di “The Economist”, il Perù è una democrazia imperfetta in quanto la corruzione resta endemica, la povertà e i conflitti socio-ambientali, generati dallo sfruttamento delle risorse minerarie e la tutela dei diritti delle popolazioni indigene, rimangono irrisolti.
Ambiente e clima
Il Perù può essere diviso generalmente in tre regioni: la fascia costiera arida e fredda per via della corrente di origine antartica Humboldt, l’area montuosa delle Ande e la sezione peruviana dell’Amazzonia quasi tutta occupata da fitte foreste pluviali. Il clima è sua volta influenzato da vari fattori:
l’area amazzonica ha caratteristiche tropicali con temperature torride e costanti lungo tutto l’arco dell’anno e precipitazioni abbondanti;
la fascia costiera risulta al contrario arida e quasi priva di precipitazioni;
le zone montuose hanno un clima subtropicale che risulta essere temperato in relazione all'altitudine ed alla posizione
. Il Perù è tuttavia il terzo paese più vulnerabile ai rischi climatici e si conta che negli ultimi trenta anni abbia perso il 22% della superficie dei ghiacciai peruviani, che corrispondono al 71% dei ghiacciai tropicali del mondo.
Il cambiamento climatico colpisce direttamente il Perù attraverso il fenomeno climatico di El Niño: le inondazioni sono state più frequenti, è aumentata la siccità nella area andina, sono aumentate le frane nella zona costiera e in generale si registra una diminuzione della quantità di acqua dolce disponibile. Tutto ciò mette a rischio soprattutto gli abitanti di origine indigena e le proprie fonti di sostentamento.
Il Perù risulta essere particolarmente vulnerabile ai cambiamenti climatici in quanto più del 50% della popolazione vive in condizione di povertà e il 20% in condizione di povertà estrema. La maggior parte di questi infatti si dedica all’agricoltura, alla pesca e ad altri lavori che sono direttamente influenzati dal clima.
Oltre ai problemi legati al cambiamento climatico, l’attività delle multinazionali, del governo e dei gruppi di narcotrafficanti rappresentano un rischio ambientale grave all’interno del Perù. A tal proposito, a fine 2019 la Corte Superiore di Giustizia di Loreto ha
emesso un’importante sentenza a favore delle popolazioni indigene in isolamento volontario che vivono nella regione settentrionale di Loreto. L’
Organización de los Pueblos indígenas del Oriente (ORPIO) con il supporto dell’
Instituto de Defensa Legal (IDL) avevano presentato una richiesta di protezione costituzionale in quanto la sopravvivenza dei popoli Yavari e Tapiche, che vivono nel parco Nazionale della Sierra del Divisor, era messa a rischio da un nuovo piano nazionale che riconosceva i diritti di sfruttamento delle compagnie petrolifere. I passaggi fondamentali della sentenza sono le seguenti: la mancata creazione delle riserve indigene richieste non può essere addotta come giustificazione per non proteggere i popoli indigeni; il giudice sospende le attività estrattive nel territorio situato nell’Amazzonia settentrionale (tra l’Ecuador e il Brasile); le organizzazioni indigene sono legittimate ad accedere alla giustizia anche se in una situazione di isolamento geografico. L’aspetto più importante è infine che
viene sancito il principio secondo cui la sopravvivenza fisica e culturale dei popoli indigeni è al di sopra delle attività estrattive. Tale principio è importante in quanto,
in tutto il territorio del Perù, fenomeni come le attività estrattive, la deforestazione, il contrabbando di legname e le piantagioni di coca mettono a rischio la popolazione e l’ambiente. Per quanto riguarda gli effetti della produzione di coca, un’area grandemente in pericolo è quella della
Valle de los rìos Apurìmac, Ene y Mantaro (conosciuta come Vraem) nella zona meridionale del paese. Quest’area rappresenta l’attuale centro del narcotraffico in Perù (che si caratterizzata come uno dei principali paesi produttori di cocaina) e dell’
unica cellula ancora attiva di Sendero Luminoso. Inoltre la presenza della produzione di coca da una parte mette a rischio i piccoli agricoltori (schiacciati tra le azioni anti droga e i ricatti dei narco trafficanti), dall’altra le piantagioni di coca sono tra le cause della crescente deforestazione nelle foreste pluviali.
Economia, risorse ed energia
L’economia peruviana ha principalmente due anime: quella agricola e quella mineraria. Sulla costa prevalgono monocolture commerciali che alimentano le esportazioni di caffè, cacao, uva, avocado, mango, zucchero e cotone. Nelle aree montuose invece, si coltivano vari prodotti destinati perlopiù al mercato interno come le patate, l’orzo, il mais e la coca. Inoltre il Perù è ricco di foreste che lo rendono un paese ricco di ogni genere di legname come il cedro, il mogano e il palissandro.
L’economia peruviana però rimane ancora dipendente dai prezzi delle materie prime (durante il periodo 2009-13 il paese è cresciuto grazie all’esportazione di metalli del 5% annuo ed è calato drasticamente a causa del calo dei prezzi) e il deficit di infrastrutture adeguate continua a pesare sulla distribuzione delle ricchezze anche nelle zone rurali. A ciò si aggiunge il fatto che il paese è sì ricco di risorse minerarie, ma il governo ha stretto numerosi accordi con le società straniere per l’esplorazione e il loro sfruttamento. Il Perù attualmente ha numerosi giacimenti di petrolio nella zona nord del paese e vasti giacimenti di gas naturale in quella centrale. Di grande importanza è inoltre l’estrazione del rame e dell’argento (di cui è il secondo produttore al mondo), dell’oro, del piombo, dello zinco, del molibdeno, del ferro, del vanadio, del bismuto, del tungsteno, del selenio, dell’antimonio e dei fosfati.
Dal punto di vista energetico il paese dispone di un notevole potenziale idrico, sfruttato però solo parzialmente attraverso un impianto idroelettrico attivo sul fiume Mantaro. Sono presenti importanti centrali a gas presso i dipartimenti di Callao e Chilca mentre sono numerose le raffinerie di petrolio (soprattutto nei distretti di Lima, Talara, Iquitos e Conchàn). In generale le attività dell’industria estrattiva suscitano spesso le proteste delle comunità indigene e sono fonte di scontro politico.
A causa della propria ricchezza di risorse energetiche e/o utili all’elettronica e della sua posizione sul Pacifico, il Perù è oggetto di forte interesse da parte degli Stati Uniti e della Cina. In generale, il Perù ha siglato accordi internazionali con diversi Paesi e tra i maggiori partner commerciali come “
paesi clienti” vi sono: Stati Uniti, Cina, Corea del Sud, Giappone, Svizzera, Spagna e Brasile; mentre come “
paesi fornitori” vi sono: Stati Uniti, Cina, Brasile, Messico, Ecuador, Colombia e Cile. Inoltre dal marzo 2013 è entrato in vigore il Trattato di Libero commercio tra Unione Europea e Perù.
Popolazione ed etnie
Il Perù è il sesto paese nella classifica dei paesi maggiormente popolati in America Latina ed all’incirca il 45% della popolazione è di pura discendenza indigena, una percentuale che colloca il Perù fra i tre paesi latinoamericani con la più elevata rappresentanza di nativi. Molti di questi sono insediati nelle zone rurali delle Ande e si occupano di agricoltura, mentre il 78% dell’intera popolazione peruviana vive in città. Tale percentuale è dovuta a un processo di urbanizzazione che è andato a gravare sulle infrastrutture municipali, in particolare a Lima, e ancora oggi negli insediamenti abusivi chiamati
pueblos jovenes, i servizi sanitari e la rete di distribuzione elettrica costituiscono un grave problema. Più dell’80% della popolazione professa la religione cattolica ma il paese gode di una vasta eterogeneità etnica frutto della stratificazione di diversi popoli e ondate migratorie nel territorio. Tale eterogeneità è però stata accompagnata da rigide gerarchie che non solo separano le diverse etnie e classi sociali, ma anche le diverse fasce del territorio nazionale dove alla zona costiera bianca e meticcia fanno da ideale contrasto le zone andine e le zone amazzoniche Indios. Il Perù inoltre è stato oggetto di un’intensa immigrazione asiatica, soprattutto dalla Cina e dal Giappone.
Si pensi che il Perù conta il maggior numero di migranti cinesi nella regione ed è il secondo paese, dopo il Brasile, per numero di migranti giapponesi. Attualmente in Perù vivono più di 800.000 venezuelani a seguito della crisi che ha colpito il Venezuela suscitando un vero e proprio esodo.
Popolazione indigena originaria delle Ande
L’area andina è identificabile principalmente con la cultura Quechua e Aymara. I discendenti degli Incas che abitano gran parte della dorsale indigena del paese sono identificati principalmente con la cultura Quechua e rappresentano la parte più popolosa della comunità indigena del Perù. Gli Aymara al contrario rappresentano i popoli sottomessi dagli Incas ma che hanno mantenuto la propria lingua e la propria identità. Questi appartenevano a una società tradizionalmente agricola e furono ridotti in condizione di semi schiavitù per l’estinzione dei debiti o per il lavoro nella miniere d’argento boliviane. Attualmente la popolazione indigena proveniente dalle Ande si colloca per la maggior parte nei dipartimenti di Lima, Puno e Cusco. Il 50,1% di questi parla come lingua principale il Quechua, il 42,9% lo spagnolo e il 6,8% l’Aymara.
Popolazione indigena originaria dell’Amazzonia
Nella regione amazzonica peruviana vivono più di 330.000 indios, suddivisi in oltre cinquanta gruppi etnici differenti. All’interno di questo gruppo la componente demografica più numerosa è costituita dalla popolazione Ashànika, duramente colpita durante il conflitto con Sendero Luminoso. La seconda componente demografica più numerosa è rappresentata dagli Aguaruna che sono riusciti a respingere sia gli attacchi degli Inca che degli Spagnoli, ancora oggi possiedono gli stessi territori precedenti all’epoca dalla conquista. Oltre a questi esistono innumerevoli gruppi etnici e “tribù senza contatti”. In generale si tratta di gruppi estremamente vulnerabili alla perdita delle proprie terre e all’inquinamento causato dall’estrazione petrolifera e mineraria. Attualmente la popolazione indigena proveniente dall’Amazzonia si colloca per la maggior parte nei dipartimenti di Loreto, Ucayali, Junin e Amazonas. Il 36,4% parla come lingua principale lo spagnolo, il 22,5% l'Ashaninka, il 17,2% lo Awajun e il 10,3% lo Shipibo-Konibo.
Popolazione afroperuviana
Per “Afroperuviani” si intendono i cittadini peruviani discendenti dagli africani ridotti in schiavitù e coinvolti nel traffico degli schiavi dopo l’arrivo dei conquistadores. Attualmente la popolazione afroperuviana si colloca per la maggior parte nei distretti di Lima, Piura, La Libertad, Lambayeque, Cajamarca, Ica e la Provincia Costituzionale di Callao. Quasi la totalità di questa popolazione parla lo spagnolo come lingua principale.
Diritti umani
Secondo i report di diverse ONG, particolare attenzione desta la tutela dei diritti e delle libertà fondamentali e vengono segnalate diverse violazioni quali: l’uso eccessivo della forza da parte delle forze dell’ordine, gli arresti arbitrari di oppositori politici, mancata tutela dei diritti delle popolazioni native e violenza di genere. A destare particolare preoccupazione è soprattutto la situazione dei difensori dei diritti umani, degli attivisti ambientali e dei leader delle comunità indigene: in molti sono stati minacciati e uccisi in Perù negli ultimi anni. Ad esempio nel gennaio 2019 il leader indigeno e difensore dell’ambiente Wilbeder Vergas Torres è stato ucciso, secondo gli abitanti del villaggio, dopo aver ricevuto minacce per la sua opposizione a operazioni minerarie illegali.
Diritti e situazione delle Donne
In generale le donne godono del diritto di voto e di proprietà, ma la loro situazione rimane difficile in un paese ancora dominato dalle leggi non scritte del machismo. Soprattutto nelle zone rurali, il tasso di alfabetizzazione femminile è molto al di sotto di quella della controparte maschile. A ciò si aggiunge che la violenza di genere è un problema significativo in Perù e solo
nel periodo tra gennaio e luglio del 2019 si sono contati 99 casi di femminicidio. Le donne e le ragazze in Perù hanno il diritto di accedere all'aborto solo in caso di rischio per la loro salute o per la loro vita. A tal proposito nel luglio 2019, un tribunale di Lima ha respinto una causa intentata nel 2014 da una ONG per l'abrogazione di un protocollo che stabilisce cosa costituisce un rischio per la salute o la vita e fa sì che tali decisioni spettino ai singoli medici. Le donne peruviane però lottano e resistono contro queste e altre difficoltà come nel caso di
Maxima Acuña Chaupe, una delle rappresentati delle lotte femministe peruviane, che ha lottato contro il progetto di espansione di Yanacocha, la miniera d’oro più grande dell’America Latina e proprietà della società statunitense Newmont, in difesa della propria casa, dei diritti delle donne indigene, dell’ambiente e dei diritti umani.
Diritti e situazione della comunità LGBT
Il Perù è un paese cattolico e fortemente conservatore. Nel 2015 il congresso peruviano ha respinto un progetto di legge sulle unioni civili tra omosessuali, nonostante l’adozione di misure simili in altri paesi della regione.
I diritti degli omosessuali in Perù sono ancora un problema e di conseguenza molti omosessuali in Perù non si dichiarano pubblicamente tali. Nel novembre 2018 e nel gennaio 2019, i legislatori hanno introdotto leggi volte a eliminare la cosiddetta
"ideologia di genere" dalle politiche pubbliche. I progetti di legge escludono l'uso del concetto di genere (che i sostenitori del progetto di legge considerano ideologizzato) dalla legislazione nazionale, compresa l'educazione sessuale a scuola.
Fonti
AGUAS DE ORO - La storia di Maxima Acuña Chaupe
Amazon Watch - Peru's Achuar Take Territorial Defense Global, Again
Assocamerestero - Business Atlas Perù
Atlante geopolitico 2012, Treccani
Coter J., Clases, Estado y Nacion en el Perù (1978)
Globalgeografia - Perù
Human Rights Watch, World Report 2020, Perù
INEI – Instituto nazionale de estadistica e informatica
Instituto de Defensa Legal (IDL) - Sentencia histórica para la protección de los Pueblos Indígenas en Situación de Aislamiento y Contacto Inicial (PIACI)
Ministerio del ambiente Perù, Cambio Climàtico y Desarrollo Sostenibile en el Perù (2019)
Osservatorio Diritti Umani - Droga: produttori di coca del Perù tra trafficanti e polizia
Other News - Perú: no es una generación cualquiera
Zanatta L., Storia dell’America Latina contemporanea (2011)
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