L’Afghanistan è un Paese colpito da fenomeni naturali estremi, quali terremoti, frane, inondazioni, alluvioni e siccità, che hanno causato la perdita di vite umane e dei mezzi di sussistenza. Secondo la Banca Mondiale questi fenomeni naturali, accaduti soprattutto all’inizio del 21° secolo, hanno mostrato l’estrema vulnerabilità delle comunità afghane agli impatti del degrado ambientale. Tale vulnerabilità è stata amplificata dalle condizioni di conflitto, povertà, malnutrizione e disuguaglianza che hanno afflitto ed affliggono la popolazione. Secondo il report “Climate risk country profile. Afghanistan” della Banca Mondiale, l’Afghanistan, a causa della combinazioni di fattori politici, geografici e sociali, è la quinta Nazione al mondo più vulnerabile agli impatti dei cambiamenti climatici e del degrado ambientale.
Crisi climatica e rischi idrogeologici in Afghanistan
L’Afghanistan ha un clima continentale arido e le temperature variano notevolmente in base all’altitudine: le regioni montuose sperimentano temperature al di sotto degli 0°C, mentre le regioni meridionali sperimentano temperature superiori ai 35°C. Le condizioni meteorologiche afghane hanno una complessa interazione intra-annuale con fenomeni climatici su larga scala, in particolare con il fenomeno climatico di El Niño ed il dipolo dell’Oceano indiano, determinando la siccità in molte aree del Paese.
Il territorio è estremamente vulnerabile ai fenomeni idrogeologici, i quali aumentano di frequenza a causa degli effetti del cambiamento climatico. Nel periodo 1970-2016 a livello globale si è registrato un aumento della frequenza del numero di disastri naturali e tale tendenza è confermata anche in Afghanistan dal rapporto “Managing Natural Disasters in Afghanistan. Risks, Vulnerabilities and general guidelines” del SESRIC. Secondo il rapporto, se i disastri naturali in Afghanistan rappresentavano lo 0,7% a livello mondiale, nel 2016 la stima è salita all’1,6%. È evidente che il Paese sperimenta sempre più disastri naturali sul proprio territorio.
Tra il 1970 e il 2016, l’Afghanistan è stato prevalentemente colpito da alluvioni (46% dei casi), terremoti (18%) e frane (12%). Se da una parte è vero che molte regioni amministrative devono affrontare molteplici rischi, dall’altra a suscitare molte preoccupazioni è la crescente siccità nel Paese.
Alluvioni e inondazioni in Afghanistan
Le alluvioni e le inondazioni sono il pericolo naturale più frequente in Afghanistan e le province amministrative posizionate nella parte occidentale e centrale del Paese sono estremamente vulnerabili a questa tipologia di rischio naturale. Ad essere particolarmente a rischio sono le aree di Hirat, Ghor, Faryab, Jawzjan, Daykundi, Balkh, Samangan, Kunduz, Badakhshan, Uruzgan. Le inondazioni dei fiumi si verificano principalmente come risultato di forti precipitazioni e vengono rafforzate dal rapido scioglimento della neve e dei ghiacciai sulle montagne. Il 25 aprile e il 6 giugno 2015, un’inondazione ha colpito il distretto di Guzargah-e-Nur della provincia di Baghlan: migliaia di persone fuggirono, più di 100 residenti persero la vita, 4 villaggi vennero distrutti trascinando con sé più di 2.000 case ed infine si persero irrimediabilmente molti campi agricoli e migliaia di capi di bestiame.
Terremoti e frane in Afghanistan
L’Afghanistan si trova in una zona ad alta attività sismica ed il Paese è vulnerabile a terremoti di media e grande intensità, in quanto si trova lungo il confine tettonico indo-euroasiatico. Ad essere particolarmente a rischio sono le aree di Samangan, Baghlan, Takhar, Badakhshan. I terremoti negli ultimi 20 anni hanno causato circa 8.000 vittime e si stima che un grande evento sismico nella provincia di Kabul possa causare circa 8.500 morti e oltre 500 milioni di dollari di danni.
Data la natura aspra e montuosa e la posizione di villaggi, paesi e città, l’Afghanistan è un Paese altamente vulnerabile alle frane. In questo caso ad essere particolarmente a rischio sono le aree di Logar, Baghlan, Samangan, Balkh, Kunduz, Takhar, Badakhshan). Il 2 maggio 2014, una serie di forti piogge causarono molteplici frane nella zona di Nowabad del villaggio di Aab-e-Barik, nell’area di Badakhshan, causando significative perdite di vite umane e danni diffusi alle case ed all’agricoltura.
Siccità in Afghanistan
Secondo il Rapporto della Banca Mondiale l’Afghanistan è colpito dalla siccità a causa di due deficit: 1) deficit di precipitazioni; 2) deficit nel flusso d’acqua superficiale e sotterranea. Questi due deficit si combinano con l’inadeguata gestione del terreno e delle colture, impoverendo così le produzioni agricole. La ricerca condotta da Iqbal et Al. sulla situazione delle famiglie di agricoltori nella provincia di Herat indica i numerosi impatti economici, sociali ed ambientali negativi della siccità. Lo studio evidenzia come questa abbia ridotto la disponibilità di lavoro dei lavoratori non qualificati, impattando sul loro tenore di vita e sulla loro situazione finanziaria. Ciò determina da una parte i conflitti per l’accaparramento delle risorse, dall’altro un aumento delle migrazioni.
Gli ecosistemi afghani sono gravemente degradati a causa di decenni di deforestazione e siccità da attribuirsi anche a fattori quali l’aumento della popolazione, la cattiva gestione e lo sfruttamento eccessivo delle risorse, i conflitti locali e la proprietà fondiaria incerta. Il degrado dell’ecosistema a sua volta trasforma le composizioni della flora, degrada i nutrienti del suolo e riduce la disponibilità di acqua. Ad oggi la maggior parte dei suoli dell’Afghanistan sono già degradati ed il 75% del Paese è già colpito dalla desertificazione, mentre la copertura forestale si è ridotta fino all’80%, passando da più di 3 milioni di ettari negli anni ’50 all’attuale milione di ettari.
Se non si mettono in pratica azioni concrete per la lotta al cambiamento climatico, la situazione è destinata a peggiorare. Lo studio condotto da Nauman et Al. evidenzia come la siccità in Afghanistan possa raddoppiare, se non triplicare, entro il 2050 a causa della diminuzione delle precipitazioni. Questo fenomeno è già in atto a causa della riduzione delle precipitazioni primaverili e dell’aumento dei tassi di evaporazione nelle regioni nord occidentali, centrali e nord orientali. Nel nord-est il riscaldamento globale sta avendo ripercussioni sul sistema fluviale che storicamente ha alimentato l’approvvigionamento idrico dell’Afghanistan durante i lunghi periodi di siccità. Lo studio di Naumann et. Al. prevede che la riduzione in atto della massa glaciale nella regione porterà ad una riduzione drastica delle riserve d’acqua entro il 2050 con conseguenti ripercussioni sui mezzi di sussistenza. Attualmente ad essere particolarmente a rischio sono le aree di Zabul, Kandahar, Hilmand, Nimroz, Farah, Hirat, Badghis, Faryab, Jawzjan, Balkh, Sar-e-pul, Bamyan, Daykundi, Uruzgan, Ghor.
Suscettibilità al degrado ambientale e vulnerabilità sociali della popolazione afghana
A partire dal 1970 l’Afghanistan ha dovuto far fronte alle perdite, economiche e non, dovute ai disastri naturali ed al degrado ambientale. La suscettibilità di un Paese a tali fenomeni viene misurata in base alla densità di popolazione, alla dipendenza dall’agricoltura, alla qualità delle infrastrutture pubbliche, alla distribuzione spaziale della popolazione e dei beni economici oltre che alla qualità della pianificazione urbana.
Le comunità dell’Afghanistan sono etnicamente e culturalmente diverse e generalmente meno urbanizzate. Come risultato del lungo conflitto e delle turbolenze politiche, la popolazione afghana è tra le più povere al mondo, con un tasso di povertà nazionale che ha superato il 50% nel 2017. Il Paese detiene un alto tasso di disoccupazione e dipende fortemente dal settore agricolo.
Secondo la Banca Mondiale il settore agricolo fornirebbe lavoro al 44,4% della popolazione totale ed al 52,6% della popolazione rurale. A causa della struttura economica del Paese, la popolazione è maggiormente esposta alle perdite ed ai danni causati dagli impatti del cambiamento climatico e del degrado ambientale. Il dato sul settore agricolo sembrerebbe rispecchiare lo schema abitativo: gran parte della popolazione vive in aree rurali ed il tasso di urbanizzazione è pari al 24%.
Nonostante le dimensioni del suo settore agricolo, l’Afghanistan rimane un importatore netto di cibo, rendendo il Paese altamente vulnerabile agli shock dei prezzi internazionali. Negli ultimi anni, le importazioni annuali di cereali sono state equivalenti al 29% della produzione cerealicola interna annuale. Allo stesso tempo, la popolazione dipende fortemente dal grano per il suo consumo alimentare: questo prodotto fornisce fino a due terzi dell’apporto calorico giornaliero di una persona media.
Come possiamo notare, i pericoli naturali rappresentano una minaccia regolare per la produzione locale e le comunità impegnate nel settore agricolo. L’Afghanistan, è stato costantemente colpito dalla siccità per tutto il periodo 1997-2007, causando la drastica riduzione del 50% del numero di capi di bestiame. Anche le colture di base hanno risentito della siccità. Ad esempio il grano è molto suscettibile alla carenza d’acqua e le rese si sono ridotte fino al 50% durante le siccità del 2017-2018.
Queste condizioni climatiche hanno favorito strategie di adattamento da parte degli agricoltori, i quali hanno virato le proprie scelte su sementi più resistenti alle condizioni climatiche estreme. A causa della sua resistenza alle alte temperature, la coltivazione del papavero da oppio è correlata alle condizioni di siccità ed ha visto risorgere la sua coltivazione all’inizio del 21° secolo. La pianta infatti è in grado di tollerare anche periodi di siccità estrema e non ha bisogno di aumentare la frequenza dell’irrigazione durante l’anno. Questi fattori hanno fatto sì che il mercato dell’oppio rappresentasse un’alternativa, non priva di contraddizioni, più sicura per gli agricoltori.
Secondo il report dell’UNEP Vulnerability and Adaptation, il cambiamento climatico aumenterà la pressione sull’assistenza sanitaria in Afghanistan. Le temperature più alte ed i cambiamenti nei modelli di precipitazione infatti, possono aumentare l’incidenza di malattie batteriche come il colera e la febbre tifoidea, nonché di malattie trasmesse da vettori come la malaria e la leishmaniosi. In generale, il cambiamento climatico aumenterà la prevalenza delle malattie infettive in un sistema sanitario già messo a dura prova dagli scontri armati e dalla malnutrizione. Ad oggi solo la metà della popolazione si trova a meno di un’ora di viaggio da una struttura sanitaria, mentre, in generale, il servizio sanitario soffre sovente di scarsa competenza e forniture limitate.
L’alto livello di povertà, la mancanza di mezzi di sussistenza e di opportunità di generare reddito, i problemi di salute cronici, il cattivo stato delle infrastrutture e la conoscenza molto limitata dei probabili pericoli e rischi contribuiscono ad aumentare la vulnerabilità del popolo afghano ai fenomeni di degrado ambientale.
La povertà ed il degrado ambientale hanno una relazione che si rafforza a vicenda: la situazione economica delle famiglie vittime di fenomeni di degrado ambientale è peggiorata a causa della perdita delle fonti di reddito o dei danni alle case.
Le famiglie hanno difficoltà a rispondere all’impatto del degrado ambientale e tendono ad avere meno opportunità di accesso alle strutture ed ai servizi forniti dal governo. Si determina così un circolo vizioso: le famiglie povere che subiscono il degrado ambientale diventano ancora più povere, diventando sempre meno in grado di rispondere o trovare una soluzione al degrado che ha acuito la loro povertà.
Dal degrado ambientale all’ascesa dei Talebani
Secondo il rapporto della Banca Mondiale negli ultimi 20 anni l’assenza dello Stato di diritto, la scarsa efficacia del governo nelle sue funzioni pubbliche, la corruzione dilagante, il grave tasso di violenza, l’inefficacia normativa e la sfiducia nei confronti dei partiti hanno reso difficoltosa la capacità di rispondere nel breve periodo agli effetti negativi del degradamento ambientale. Ciò è stato aggravato dalla tendenza ad attivarsi prevalentemente in occasione delle emergenze. Di conseguenza, la società si è disgregata poiché non si è dimostrata in grado di ridistribuire le risorse a chi ne aveva bisogno.
L’accesso al cibo ed un riparo infatti, sono fattori determinanti per la sopravvivenza delle persone nelle fasi di emergenza. Mentre l’alloggio è necessario per la sicurezza, la protezione fisica e dalle malattie, l’assistenza alimentare è necessaria quando il degrado ambientale ha un grande impatto sulle scorte alimentari o sui raccolti oppure quando le persone non sono in grado di attingere ai propri risparmi o riserve alimentari.
Secondo il rapporto SESRIC, l’Afghanistan è il quinto Paese al mondo per mancanza di capacità di adattamento al degradamento ambientale nel lungo periodo. Ciò dipende dalla scarsa capacità di rispondere all’emergenza nel breve periodo. Di conseguenza si è generata una sfiducia generalizzata nei confronti del governo ufficiale e delle forze straniere.
Quanto detto si somma alle modalità con sui si è portato avanti il processo di democratizzazione. Se facciamo riferimento ai dati del “processo di democratizzazione” possiamo notare che le spese militari sono state pari a $ 2.000 miliardi mentre solo $ 792 milioni sono stati destinati a progetti civili di cooperazione allo sviluppo destinati alla costruzione di scuole, strade, ospedali e alla formazione e remunerazione di personale locale. A ciò si è inoltre aggiunto che la maggior parte della presenza militare occidentale era concentrata nelle città, con scarsa penetrazione nei villaggi e quasi nessun contatti con i villaggi più isolati. Di conseguenza, la popolazione afghana ha sentito come distante il governo di Kabul e non ha mai visto di buon occhio le forze occidentali.
Tutto ciò, ha lasciato i Talebani relativamente “indisturbati”. Negli anni hanno sfruttato questa opportunità per riorganizzarsi, mimetizzarsi tra la popolazione ed alimentare l’odio della popolazione nei confronti dei contingenti occidentali, a questo punto percepiti come dei veri e propri occupanti.
Come nel caso di Boko Haram, anche in Afghanistan si può dire che il Cambiamento Climatico ha aiutato il rafforzamento della posizione dei Talebani. Le aree rurali del Paese sono state scosse da un ciclo di alluvioni e siccità che hanno distrutto le coltivazioni ed aumentato le sfide che la popolazione deve affrontare per sopravvivere.
Come abbiamo visto, gran parte della popolazione afghana dipende dall’agricoltura e molti dei conflitti sono collegati all’accesso alle risorse naturali, che divengono via via più scarse a causa del degradamento ambientale. Anche in questo caso all’aumento della povertà è seguito l’aumento della rabbia verso le forze percepite come occupanti ed un maggiore consenso per la guerriglia dei Talebani, i quali hanno sfruttato ampiamente la situazione a proprio vantaggio.
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Fonti e approfondimenti
OIC – SESRIC, Managing Natural Disasters in Afghanistan. Risks, Vulnerabilities and general guidelines, 2018, disponibile su https://www.sesric.org/files/article/575.pdf
World Bank Group, Asian Development Bank, Climate risk country profile. Afghanistan, Washington, 2020, disponibile su https://www.adb.org/sites/default/files/publication/660566/climate-risk-country-profile-afghanistan.pdf
UNEP, Afghanistan Vulnerability and Adaptation Technical Assessment Report, 2021, disponibile su https://postconflict.unep.ch/Afghanistan/V%26A_English.pdf
M.W. Iqbal, S. Donjadee, B. Kwanyuen, S.Y. Liu, Farmer’s perception of and adaptation to drought in Herat Province, Afghanistan, in Journal of Mountain Science, n. 15(8), 2018, disponibile su https://link-springer-com.ezproxy.uniroma1.it/content/pdf/10.1007%2Fs11629-017-4750-z.pdf
G. Naumann, L. Alfieri, K. Wyser, L. Mentaschi, A.R. Betts, H. Carrao, L. Feyen, Global Changes in Drought Conditions Under Different Levels of Warming, in Geophysical Research Letters, n. 45(7), pp. 3285-3296, disponibile su https://agupubs.onlinelibrary.wiley.com/doi/epdf/10.1002/2017GL076521
Afghanistan su Global Geografia: https://www.globalgeografia.com/asia/afghanistan.htm
Vice-presidente Large Movements APS | Climate Change e Migration Specialist | Dottore in Relazioni Internazionali | Blogger in Geopolitica, Geoeconomia e tematiche Migratorie | Referente LM Environment