Colombia
Colombia
(A cura di Elena Di Dio)
La Colombia si trova a nord dell’America Latina, confina con Panama, Venezuela, Brasile, Peru ed Ecuador ed è l’unico Paese del continente ad avere accesso sia all’Oceano Pacifico che all’Oceano Atlantico tramite il mar dei Caraibi. Con una superficie equivalente a circa quattro volte l’Italia e una popolazione di quasi 50 milioni di abitanti con un alto tasso di urbanizzazione (superiore all’80%), il Paese si presenta per la maggior parte scarsamente abitato, con conglomerazioni urbane di notevoli dimensioni a nord e ad ovest del territorio. I gruppi etnici presenti nel Paese sono variegati e numerosi, a maggioranza meticcia e bianca ma con un’importante presenza di popolazione afroamericana: la terza più numerosa in tutte le Americhe. Inoltre, diverse popolazioni indigene risiedono nelle zone andine, caraibiche, del Pacifico e dell’Amazzonia. La lingua ufficiale è lo Spagnolo, la religione più diffusa è il Cristianesimo a maggioranza cattolico (79%).
Nel 1810 la Colombia si è dichiarata indipendente dai colonizzatori spagnoli e il territorio è stato integrato in una federazione di stati confinanti in continua evoluzione. Infine, nel 1886, è stata proclamata la Repubblica Presidenziale della Colombia. Dagli anni ‘50 fino ai giorni nostri il Paese si è trovato immerso in un dinamico conflitto interno che presenta una pluralità di attori e un altissimo numero di vittime. Il casus belli resta difficilmente identificabile, come le varie vicende che hanno caratterizzato il conflitto in sé, a causa dell’alto tasso di corruzione della politica e dell’informazione colombiana. La teoria più diffusa identifica l’inizio delle violenze con l’assassinio di Jorge Eliecer Gaitán, leader fondatore del partito socialista Uniòn Nacional Izquierdista Revolucionaria (UNIR) che militava per la difesa delle classi più povere tramite l’intervento statale nell’economia.
La morte del leader ha provocato lo scoppio di violente rivolte popolari nella capitale Bogotá, causando a sua volta la nascita di movimenti sociali e partiti politici per la difesa dei diritti dei lavoratori meno agiati. Per far fronte a questa situazione, il governo ha creato forze di polizia specializzata e organizzazioni paramilitari che avevano il potere di occupare le terre di coloro ritenuti nemici dello Stato. Ha inizio dunque un periodo di violenza estesa che si è caratterizzato per il genocidio di numerose popolazioni indigene e l’ascesa, sulla scia della rivoluzione cubana, di gruppi armati di guerriglia che combattevano contro lo Stato. Tra i vari gruppi rivoluzionari nascono anche, nel 1964, conseguente a un’operazione dello Stato contro le organizzazioni rurali autonome della regione di Marquetalia, l’Ejército de Liberación Nacional (ELN) e le Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia - Ejército del Pueblo (FARC-EP). Entrambi i gruppi insorgenti hanno ispirazione marxista e bolivariana e considerano la lotta armata, finanziata dal narcotraffico e dalle estorsioni, l’unica possibilità per sovvertire l’ordine in nome del popolo. Gli obiettivi delle FARC erano legati principalmente all’agricoltura: la restituzione dei territori espropriati ai contadini, l’abolizione del sistema feudale dei latifondisti, la fine dello sfruttamento delle risorse agricole da parte degli Stati Uniti. Le elezioni del 1970 vedono la vittoria dei conservatori in un clima di tensione causato dalle accuse di brogli e dalla proclamazione del coprifuoco. In questo contesto nasce il Movimiento 19 de Abril (M-19), che porta la guerriglia nelle città per la prima volta. La crisi economica galoppante e le progressive repressioni militari delle proteste popolari portano consensi sempre più diffusi nei confronti dei gruppi di guerriglia. Parallelamente si consolidano, nei territori più remoti, laboratori e piantagioni di cocaina, che rafforzano la presenza e il rilievo delle organizzazioni dedite al narcotraffico. L’inevitabile incontro tra queste organizzazioni illegali causa la formazione dei primi gruppi paramilitari da parte dei boss del cartello di Medellin. I nuovi gruppi paramilitari, con la complicità dello Stato, si dedicano all’uccisione di membri della guerriglia e politici di sinistra dall’inizio degli anni ’80. Con l’elezione di Belisario Betancur alla presidenza del Paese nel 1982 il conflitto si tramuta in un dibattito politico che vede i principali gruppi armati di guerriglia raggrupparsi nel nuovo partito Uniòn Patriòtica (UP). L’M-19, nonostante le trattative, esclude il cessate il fuoco a causa della misteriosa morte del loro leader e nel 1985 si fa promotore dell’occupazione del Palazzo di giustizia di Bogotà. La vicenda si tramuta in massacro con l’intervento dell’esercito: oltre ai guerriglieri morirono 53 civili. Nel 1988 l’M-19 prende in ostaggio il politico conservatore Álvaro Gómez Hurtado avanzando la richiesta di aprire nuovi colloqui di pace; il processo porta alla smobilitazione del movimento che abbraccia la vita civile e politica. Il successo elettorale dell’UP causa la reazione dell’estrema destra che, tramite il paramilitarismo, porta avanti l’assassinio sistematico dei maggiori leader del nuovo partito e dei candidati politici dell’M-19. I rapporti ormai guasti tra le forze di governo e i gruppi di guerriglia proseguono per tutta la decada degli anni ’90, che resta nella storia come uno dei periodi più sanguinosi della Colombia. Omicidi, sparizioni, migrazioni forzate e violenza diffusa, da entrambe le parti, caratterizzano quella che viene chiamata guerra sucia (guerra sporca). La lotta al narcotraffico diventa la priorità dello Stato che, messo alle strette dagli Stati Uniti, abbandona temporaneamente il conflitto lasciando proliferare i gruppi paramilitari e i guerriglieri, che a loro volta si finanziano con il traffico di cocaina nel sud del Paese, rimasto senza controlli dalla morte di Pablo Escobar nel 1993. Il gruppo FARC, in rapida espansione, estende i suoi attacchi anche a punti strategici e infrastrutture pubbliche guadagnandosi presto la reputazione di gruppo terroristico. In risposta a ciò nascono i primi gruppi organizzati di civili armati che pattugliano i quartieri delle città; il primo, chiamato CONVIVIR, nasce a Medellín e si affilia ai gruppi paramilitari. Nel 2000 viene avviato il Plan Colombia per volontà degli Stati Uniti; non si conoscono i dettagli del piano ma l’obiettivo consiste nella distruzione delle piantagioni di cocaina per indebolire la guerriglia e i narcos. L’anno successivo, conseguente all’attacco terroristico dell’11 settembre, il Plan Colombia inasprisce i suoi interventi militari. Nel 2002, in vista delle elezioni presidenziali, le FARC prendono in ostaggio la candidata franco-colombiana Íngrid Betancourt che rimane imprigionata per oltre 6 anni. Gli eventi portano alla presidenza del Paese Álvaro Uribe Vélez che promette di reprimere la guerriglia con la forza. La repressione portata avanti da Uribe venne successivamente presentata alla Corte Suprema di Giustizia per la sua connessione con le violazioni dei diritti umani registrate in quegli anni e con le presunte affiliazioni con i cartelli della droga. Nei primi anni di presidenza Uribe registra una diminuzione degli omicidi e l’avanzata dell’esercito in zone previamente controllate dalle FARC. Le spese militari arrivano a superare il 6% del PIL e le cifre dei guerriglieri uccisi si gonfiano, dati che garantiscono al presidente il rinnovamento del mandato. Tuttavia, le cifre dei guerriglieri morti vengono smentite dalla scoperta della pratica dei falsi positivi attuata da generali e soldati dell’esercito. Tra il 2002 e il 2010 si presume che circa 5000 civili prelevati dalle zone più disagiate delle metropoli colombiane furono assassinati e poi vestiti con le uniformi guerrigliere per aumentare il numero delle vittime e garantire privilegi ai militari. Nel 2008 inizia il declino del gruppo FARC quando il loro leader fondatore muore per cause naturali e altri personaggi di spicco vengono uccisi; i guerriglieri inoltre perdono territori e ostaggi nell’avanzata dell’esercito. Nel 2010, impossibilitato a ricandidarsi, Uribe propone come presidente il suo Ministro della Difesa Juan Manuel Santos che risulta vincitore ma decide di intraprendere un’altra strategia con la guerriglia. Nel 2012, dopo aver perso molti leader, le FARC si siedono al tavolo di conversazione de L’Avana, Cuba, con il governo colombiano per dialogare sulla pace. Le vicende ottengono l’appoggio della sfera internazionale, l’interesse del gruppo di guerriglia ELN e l’opposizione dell’ex presidente Uribe. L’accordo di pace viene firmato dal presidente Santos e dal leader delle FARC Timoleón Jiménez alias Timochenko nel 2016, ma l’approvazione definitiva attende il giudizio dei cittadini espresso tramite il referendum del 2 ottobre. A causa della propaganda spietata di Uribe, al plebiscito vince il NO alla pace per pochissimi voti, fermando l’implementazione del trattato. Poste alcune correzioni per includere le richieste dell’opposizione, il trattato viene firmato nuovamente e posto all’approvazione del solo Congresso. Il 1 dicembre 2016 la Camera e il Senato approvano il nuovo testo, dando l’avvio alla smobilitazione delle FARC e alla consegna delle armi, da effettuarsi sotto il controllo delle Nazioni Unite. Si chiude così questo lunghissimo capitolo della storia colombiana, caratterizzato da violenze atroci che, nonostante gli sporadici tentativi di riappacificazione, continuano ormai da troppi anni; portato avanti da uno Stato debole, incapace di estendere la sua influenza su tutto il vasto territorio e indolente nei confronti delle richieste delle comunità più vulnerabili. Si chiude il capitolo con le FARC, l’altro maggiore protagonista, ma la situazione resta tesa tra il governo, l’ELN e gli altri gruppi insorgenti. In più di 50 anni, secondo il Comitato Internazionale della Croce Rossa e il Centro nazionale per la memoria storia della Colombia, il conflitto interno colombiano ha causato 218mila morti di cui circa 177mila civili, quasi 125mila sparizioni di cui il 70% dei casi tuttora irrisolti, e più di 7 milioni di sfollati.
Politica e società
La Colombia si presenta come un Paese pieno di contrasti. Le vaste zone rurali rimangono in una situazione di sottosviluppo mentre le città affrontano problematiche, come l’inquinamento e gli alti livelli di emissioni di CO2, legate allo sviluppo industriale. La popolazione soffre uno dei più alti tassi di disuguaglianza sociale e di ricchezza del mondo, che lascia più di un terzo della popolazione sotto la soglia di povertà, dato che continua ad aumentare. Secondo la Banca Mondiale, il 10% dei cittadini colombiani ha ricevuto il 39% del reddito totale in entrata del 2017. La povertà resta dunque uno dei maggiori problemi del Paese. Le città colombiane rispecchiano questa differenza presentandosi come estesi conglomerati di edifici costruiti per la maggior parte con mezzi di fortuna e in condizioni decadenti. Le zone agiate, invece, pur essendo limitate in estensione e fisicamente da barriere, godono dei servizi più vari e all’avanguardia. L’urbanizzazione galoppante è una delle principali caratteristiche del Paese; nel 2018 l’80.8% dei cittadini viveva nelle città lasciando le zone rurali fuori dall’intervento dello Stato. L’alfabetizzazione copre il 94.7% della popolazione totale. Il flusso migratorio è costante sia in entrata che in uscita, principalmente per questioni economiche. Dagli anni ‘60 i cittadini emigrano in cerca di lavoro, soprattutto verso gli Stati Uniti, il Venezuela e, fino agli anni ’90, la Spagna. La Colombia resta il Paese che ha prodotto il maggior numero di rifugiati in America Latina, dei quali 400mila risiedono in Venezuela e in Ecuador. Tuttavia, dal 2015 la crisi politica ed economica che investe il Venezuela sta causando un flusso inverso di migranti di ritorno.
La vita politica in Colombia è strettamente legata all’andamento del conflitto interno da oltre 50 anni. Gli aspri scontri tra le forze rivoluzionarie dell’estrema sinistra e i governi della destra più radicale non lasciano spazio a interventi moderati: la violenza cronica è ormai un tratto distintivo della politica del Paese. La Repubblica presidenziale tuttavia resiste da molto tempo al militarismo, nonostante il sistema sostanzialmente bipartitico sia spesso influenzato dalle forze, legittime e non, che si presentano sul campo politico. Infatti, i livelli di corruzione restano molto alti, alimentati spesso dal narcotraffico che caratterizza il passato e il presente della Colombia. L’influenza degli Stati Uniti nelle vicende politiche è avvantaggiata dalla posizione strategica della Colombia come ponte geografico verso l’America Latina. Già dal 1994, nell’ambito della “guerra alla droga” portata avanti dal governo di Washington, la Colombia si espande militarmente per contrastare i narcotrafficanti nell’esercizio della cosiddetta “narcopolitica”. Dopo l’uccisione di Pablo Escobar per mano della polizia colombiana a Medellín nel 1993, è il cartello di Cali a dominare il mercato degli stupefacenti, che conferisce alla Colombia il primato della produzione mondiale di cocaina. Tra le varie strategie intraprese dall’esercito addestrato e finanziato dagli Stati Uniti vi era la distruzione delle coltivazioni tramite l’utilizzo del glifosato, una sostanza cancerogena che debilitava fortemente il terreno.
Dal XXI secolo la democrazia ha dato segni di maggiore stabilità, qui come nel resto del continente. La promulgazione della nuova Costituzione, che stabilisce una lunga lista di diritti e doveri fondamentali per il cittadino, inaugura questo periodo. Specialmente durante il governo del presidente Santos, la legalità caratterizza le azioni politiche di lotta alla criminalità diffusa. Nonostante i recenti risvolti, la politica è dominata dalle ristrette élite che da sempre limitano l’esercizio pieno della democrazia alle sole zone urbane e nello specifico agli strati più benestanti della popolazione; l’abbandono da parte dello Stato delle zone più remote è stato la causa delle continue rivolte armate portate avanti dai contadini nullatenenti e dai gruppi di guerriglia. Dal 2016, con la firma dell’accordo di pace, la Colombia entra in un periodo di transizione politica senza precedenti. Il trattato si propone di risolvere le questioni più delicate, che per generazioni hanno portato avanti un conflitto armato tra attori differenti, ognuno con le proprie pretese. I 6 capitoli del testo affrontano i seguenti argomenti: 1) la riforma rurale integrale, 2) la partecipazione politica, 3) la fine del conflitto e la deposizione delle armi, 4) la soluzione al problema delle droghe illecite, 5) le vittime, 6) I meccanismi di attuazione e di verifica. Per riforma rurale integrale si intende la redistribuzione delle terre agricole e la creazione di un “Fondo de Tierras” per promuovere l’integrazione delle minoranze indigene e afro-discendenti, per garantire un rimborso alle vittime nelle aree più colpite dal conflitto e per allargare l’esercizio della democrazia alle zone più remote, nel tentativo di combattere la povertà. La partecipazione politica dei 13mila guerriglieri smobilitati si è materializzata il 1 settembre 2017 con la fondazione del nuovo partito politico FARC: Fuerza Alternativa Revolucionaria del Común. L’azione del gruppo, dunque, passa dalla guerriglia alla politica, nel tentativo di far valere le proprie richieste ed arricchire il dibattito sulle grandi problematiche del Paese. Il terzo capitolo dell’accordo di pace regola il cessate il fuoco bilaterale e definitivo, da effettuarsi entro 180 giorni dalla firma. Inoltre, si procede alla consegna delle armi della guerriglia alle Nazioni Unite in una missione creata ad hoc che conta una proporzione di 1.5 armi per guerrigliero smobilitato. Nonostante il conflitto abbia radici più antiche della coltivazione su larga scala della cocaina, il fenomeno viene affrontato nel documento come un problema nazionale da superare affinché la pace e la sicurezza vengano raggiunti in maniera stabile. Il quinto capitolo rappresenta la vera innovazione del trattato di pace dell’Avana rispetto agli accordi precedentemente raggiunti sia in Colombia che nel resto del mondo. Per la prima volta, infatti, viene creato uno speciale tribunale di giustizia formato sia da magistrati locali che da autorità internazionali, con il compito di giudicare i crimini di guerra e l’obiettivo di rendere giustizia a tutte le vittime che hanno subito le barbarie del conflitto armato. In seno al Sistema Integrale per la Giustizia, Verità, Riparazione e Non-ripetizione, vengono quindi creati la Giustizia Speciale per la Pace (JEP) e la Commissione per la Verità che, insieme ad altri organi appositamente formati, avranno il compito esclusivo di raccogliere testimonianze ed indagare i fatti legati alla guerra civile. L’ultimo capitolo regola i meccanismi di implementazione e monitoraggio dell’accordo stesso tramite la creazione di numerosi organismi e comitati.
I più recenti sviluppi politici, tuttavia, mettono in luce le difficoltà legate all’implementazione del trattato di pace e al raggiungimento di accordi che armonizzino tutte le voci politiche in campo. L’elezione di Iván Duque Márquez alla presidenza del Paese rappresenta il maggiore ostacolo poiché egli, affine alle politiche dell’ex presidente Uribe, ha manifestato l’intenzione di modificare l’accordo di pace e di bloccarne l’attuazione. Inoltre, le violenze non accennano a fermarsi: oltre 150 membri delle FARC sono stati assassinati dopo la smobilitazione, circa 600 leader sociali e attivisti per i diritti umani sono stati uccisi dalla firma dell’accordo per mano dei gruppi paramilitari e sicari probabilmente ingaggiati dai grandi proprietari terrieri e dalle élite politiche di estrema destra. Questi eventi, oltre allo scarso successo ottenuto alle ultime elezioni dal nuovo partito politico, allo scarso avanzamento della riforma rurale e alle garanzie inesistenti di giustizia e di tutela della JEP, hanno spinto una parte dei guerriglieri a riprendere la lotta armata. In una tale situazione di tensione risulta difficile pensare che l’implementazione dell’accordo di pace possa essere ultimata; tuttavia, da novembre del 2019, i cittadini e gli studenti dimostrano il loro sdegno nei confronti della violenza attraverso manifestazioni e scioperi generali, e l’appoggio dato dalla sfera internazionale al trattato di pace mantengono viva la speranza verso il raggiungimento della pace tra la popolazione colombiana.
Diritti
Nonostante i più recenti avvenimenti politici e il governo civile e costituzionale di lunga tradizione, la Colombia non può ancora considerarsi un Paese avanzato nel rispetto dei diritti individuali e delle libertà. Il principale ostacolo può identificarsi nella concezione militaristica della giustizia nazionale mirata alla difesa e non alla garanzia della sicurezza cittadina. Anche nelle aree urbane, infatti, le violenze e le azioni criminali sono largamente diffuse, incentivate anche dal tasso di impunità dei crimini commessi che resta estremamente elevato. Il travagliato passato della nazione è caratterizzato da omicidi, rapimenti, torture, falsificazioni di prove, eseguiti da tutti i protagonisti: guerriglieri, paramilitari, forze di sicurezza dello Stato e narcotrafficanti. Le organizzazioni internazionali per la difesa dei diritti umani denunciano questo
modus operandi da tempo. Le vittime di questi crimini si identificano in leader sociali e politici, giornalisti, attivisti, sindacalisti, capi indigeni e chiunque tenti di far emergere la verità sulle oscure dinamiche che da sempre muovono il Paese. In uno scenario del genere sono dunque la corruzione e la violenza ad avere la meglio sulla giustizia e sulla libertà di espressione, motivo per cui i cittadini colombiani vivono in un contesto di tensione ed insicurezza che spesso limita il naturale sviluppo della vita civile e sociale.
Per quanto riguarda il diritto migratorio, il governo Duque ha aperto i confini ai migranti venezuelani che fuggono dalla crisi economica e umanitaria, concedendo la cittadinanza a migliaia di bambini nati in territorio colombiano, strategia che contrasta con il suo allineamento politico di destra. Le motivazioni alla base di questa scelta vanno ricercate nella storia del Paese, che ha visto scappare milioni di cittadini verso il Venezuela quando le cinghie del conflitto armato e della povertà si sono strette maggiormente. Del milione e mezzo di nuovi immigrati, quindi, molti sono migranti colombiani di ritorno. Il fenomeno è favorito dai 1500 km di frontiera che separano i due Paesi e che rendono la migrazione un evento inevitabile. La recente crescita nei settori petrolifero, minerario e manifatturiero ha attratto una maggiore migrazione di manodopera; i principali Paesi di origine sono Venezuela, Stati Uniti, Messico e Argentina. La Colombia è diventata anche un'area di transito per i migranti illegali dall'Africa, dall'Asia e dai Caraibi che viaggiano verso gli Stati Uniti o il Canada.
La mentalità maschilista diffusa in tutta l’America Latina limita il diritto delle donne colombiane, che però si vedono riconosciute una più estesa partecipazione politica dall’accordo di pace del 2016, che adotta misure per garantire la rappresentatività equilibrata e paritaria tra uomini e donne. Dal punto di vista occupazionale, la donna colombiana fatica molto più dell’uomo ad ottenere uno stipendio mensile e molte si abbandonano all’economia informale tramite la vendita di frutta e dolcetti ai lati delle strade, e, nelle località più turistiche, all’offerta di massaggi e prestazioni sessuali, spesso pur essendo minorenni.
Economia e risorse
Le risorse naturali del Paese comprendono petrolio, gas naturale, carbone, minerale di ferro, nichel, oro, rame, smeraldi ed energia idroelettrica. Nel settore economico la Colombia dipende da materie prime come petrolio, carbone e caffè, che sono soggette a significativa volatilità dei prezzi. Inoltre, lo sviluppo economico della Colombia è ostacolato da infrastrutture inadeguate, povertà, traffico di stupefacenti e una situazione di sicurezza incerta. Ciononostante, l’economia si può considerare stabile e in crescita costante soprattutto a partire dal 2016, quando la diminuzione delle violenze e la stabilizzazione politica hanno attratto capitale estero. Il rapporto privilegiato con gli Stati Uniti ha facilitato la liberalizzazione commerciale fra i due Paesi dal 2006, mentre dal 2012 gli scambi si sono aperti anche con l’Unione Europea. Dal 2010 il Paese ha potenziato anche la cooperazione con gli Stati vicini. Le riforme in ambito energetico, quali ad esempio la parziale privatizzazione della compagnia petrolifera statale, hanno causato un aumento della produzione del petrolio, che copre il 40% circa del fabbisogno nazionale. L’esportazione del carbone contribuisce ad approssimativamente un quarto delle entrate totali di export.
Ambiente
Solo circa il 4% della terra è coltivabile e circa il 48% è occupato da foreste e boschi. I parchi naturali in Colombia occupano circa il 10% del territorio nazionale, contribuendo in maniera significativa alla protezione del territorio. Nonostante queste vaste aree naturali in Colombia, le coltivazioni di cocaina, la deforestazione e l'abuso del suolo persistono come seri problemi, specialmente in Amazzonia e nelle giungle della regione del Chocó, causate dallo sfruttamento del legname. Altre principali problematiche ambientali consistono nella contaminazione dei terreni e delle acque conseguenti all’abuso di pesticidi come il glifosato, e le alte emissioni di CO2 nelle metropoli. Il vasto utilizzo dell’energia idroelettrica e la ratifica della Convenzione quadro delle Nazioni Unite per il cambiamento climatico portano il Paese ad un buon livello di politica ambientale rispetto al resto dell’America Latina.
Fonti e approfondimenti:
Castano Vargas D.M., “Il conflitto armato in Colombia: evoluzione e accordo di pace”, Federalismi.it, Napoli, 2018 https://www.sipotra.it/old/wp-content/uploads/2018/04/Il-conflitto-armato-in-Colombia-evoluzione-e-accordo-di-pace.pdf
Central Intelligence Agency, “The World Factbook: Colombia”, 2019, https://www.cia.gov/library/publications/the-world-factbook/geos/co.html
Internazionale, “La storia e le cifre del conflitto in Colombia”, 24 settembre 2015, https://www.internazionale.it/notizie/2015/09/24/la-storia-e-le-cifre-del-conflitto-in-colombia-guerriglia-delle-farc
Treccani, “Colombia” in Atlante Geopolitico, 2016, http://www.treccani.it/enciclopedia/colombia_res-269cc267-7f1f-11e6-9672-00271042e8d9_%28Atlante-Geopolitico%29/
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