Il gasdotto che ha unito nazioni, ma rischia di distruggere l’ambiente (e non solo)

Gasdotto percorso del Corridoio Meridionale del Gas

Come abbiamo visto nella nostra scheda paese dell’Azerbaijan, l’economia di questo stato è basata sui combustibili fossili, principalmente petrolio e gas. Nell’articolo di oggi ci focalizzeremo sul gas e, nello specifico, sul gasdotto che porta questo materiale dal Mar Caspio fino a casa nostra.

Il gasdotto in questione, chiamato anche Corridoio Meridionale del Gas, è stato costruito in momenti diversi e per questo motivo si compone di tre parti. La prima parte – che inizia dal giacimento di gas Shah Deniz, passa per la Georgia per arrivare fino al confine turco e quindi ad Erzurum – prende il nome di Gasdotto del Caucaso Meridionale. La seconda parte – che passa attraverso tutta la Turchia fino ad arrivare al confine a nord con la Grecia – si chiama Gasdotto Transanatolico. Infine l’ultima parte – che dalla Grecia passa per l’Albania per poi attraversare l’Adriatico e raggiungere le coste pugliesi, nello specifico la spiaggia di San Foca.

Il progetto nacque allo scopo di incrementare l’importazione di gas verso l’Unione Europea cooperando con partner differenti rispetto alla Russia in quanto le riserve del Cremlino stanno iniziando ad esaurirsi. Il ruolo di questo gasdotto infatti, è stato al centro del dibattito energetico dal 2008 poiché l’obiettivo del progetto era così descritto:

È necessario sviluppare un corridoio meridionale del gas per l’approvvigionamento di gas dai bacini del Caspio e del Medio Oriente… questa è una delle massime priorità di sicurezza energetica dell’Unione Europea.

E’ stata questa la prima volta in cui si metteva in discussione la capienza delle risorse di Russia e Norvegia – fino a quel momento i partner principali per l’approvvigionamento di gas dell’Unione – ed a contribuire all’acuire delle tensioni è stato l’avvento della crisi economica, nello stesso 2008.

Questa opera architettonica e ingegneristica ha coinvolto direttamente ben 5 paesi, causando non pochi problemi dal punto di vista ambientale. Ma scopriamo gradualmente insieme i problemi per la costruzione del gasdotto, iniziando dal primo tratto.

Il Gasdotto del Caucaso del Sud

La prima parte del gasdotto più importante d’Europa è il Gasdotto del Caucaso del Sud, opera costruita dal 2002 al 2006, che attraversa due stati per poi arrivare al confine tra Georgia e Turchia. Questa regione è famosa per la sua biodiversità: al suo interno possiamo trovare diverse specie, vegetali e animali, protette che oggi vivono a ridosso del gasdotto. Come se non bastasse detto gasdotto passa vicino a 5 aree protette tra cui i Santuari Naturali dello Stato di Barda e Korchay, una sorta di “Eden” per gli animali selvatici della zona che sopravvive da oltre 10.000 anni.

Inoltre nella regione sud caucasica il gasdotto passa attraverso 20 fiumi e canali che hanno una forte importanza a livello ecologico. Il rischio che questi bacini idrici possano essere contaminati dal gasdotto è concreto ed elevato. Qualora ciò avvenisse, si originerebbero danni irreversibili che andrebbero a distruggere vari ecosistemi, oltre che a provocare grandi danni alla salute di pastori ed abitanti, i quali fanno ricorso all’acqua contenuta in questo reticolato idrico per svolgere le loro attività quotidiane. Per di più, dal momento che la regione dell’Azerbaijan è molto arida e povera di acque dolci sotterranee, la contaminazione di queste ultime rischierebbe di danneggiare gravemente le economie locali, che si basano maggiormente sull’agricoltura.

Questo rischio aumenta ancora di più se si aggiunge il fatto che la zona caucasica è ad alto rischio sismologico – spesso sono stati rilevati terremoti con intensità 8 sulla scala Richter. Anche se l’area in cui passa il gasdotto è una zona a basso-medio rischio sismico, alcuni punti sui quali lo stesso si erige sono stati epicentro di moti terremoti.

Questi rischi si sarebbero potuti evitare facendo passare il gasdotto attraverso l’Armenia anziché la Georgia, dal momento che sarebbe stato il tragitto più corto e quindi i rischi di danni ambientali sarebbero stati di meno. Purtroppo ciò non è stato possibile perché il conflitto in Nagorno Karabakh non cessa di esistere.

Inoltre la zona è a rischio smottamenti dovuti a temporali, attività dell’uomo, colate detritiche e ad una superfice del terreno soggetta ad erosione a causa dell’alta salinità della terra.

Come se non bastasse, il gasdotto è stato costruito in zone molto vicine a quelle in cui si trova l’oleodotto pertanto il rischio di generare danni gravi è ancora maggiore. Proprio per cercare di minimizzare l’impatto ambientale si è pensato più volte di modificare il tragitto del gasdotto ma non si è mai trovato un accordo.

Sebbene il gasdotto rappresenti una gravissima minaccia per l’ambiente, gli stati interessati dal suo passaggio stanno cercando di limitare al massimo i danni applicando capillarmente le misure richieste dagli esperti ambientali. Spesso però queste misure creano ulteriori danni: ad esempio è stato creato un nuovo habitat per tutte quelle specie che sono state costrette a convivere con il gasdotto, generando un forte stress su alcune di esse. Inoltre, il gasdotto è stato costruito mantenendo una distanza di 30 metri dai corsi d’acqua, in modo da cercare di non inquinare questi ultimi con la fuoriuscita di gas, ma tale distanza appare alquanto esigua.

Il Gasdotto Trans-Anatolico

Il tratto successivo del Corridoio Meridionale del Gas è quello che va dal confine tra la Georgia e la Turchia e passa attraverso tutta la penisola anatolica per arrivare al confine con la Grecia. Per evitare complicazioni nella costruzione (2015-2018), 4.300 ettari dei 6.600 all’interno dei quali sorge questo tratto di gasdotto sono stati costruiti all’interno di terreni privati. Il 96% di detti terreni è stato acquisito dallo stato esclusivamente per la durata dei lavori di costruzione e subito dopo restituito ai legittimi proprietari, anche se su quasi la metà dei terreni “affittati” sono state imposte restrizioni con riferimento alle future costruzioni e/o agli adattamenti strutturali che i proprietari potessero realizzarvi.

Lungo il TANAP (Trans Anatolic Natural Gas Pipeline) il problema principale incontrato durante i lavori fu proprio l’ampia biodiversità. Infatti, il gasdotto attraversa 67 habitat e 27 corsi d’acqua, facenti parte di parchi nazionali e/o aree lacustri molto importanti, sia per l’ambiente – alcune di queste aree ospitano specie in via di estinzione – che per le economie locali. Questo è il tratto del Corridoio che maggiormente ha “invaso” l’ambiente naturale preesistente poiché sono stati distrutti centinaia di ettari di boschi solo per poterlo edificare. Conseguentemente si è assistito alla migrazione di molte specie, che si sono avventurate alla ricerca di nuovi habitat e, installandovisi, ne hanno modificato l’equilibrio. L’area che circonda il gasdotto infatti, ha registrato un drastico cambiamento della sua fauna da quando è stata avviata la costruzione dell’impianto.

Per di più, durante i lavori di edificazione si è registrata un’alta produzione di particolato che ha aumentato ancor di più l’inquinamento causato dal TANAP. In quel periodo infatti, sono stati prodotti oltre 78 mila tonnellate di CO2 (che è equiparabile più o meno alla produzione annuale di CO2 della Corea del Nord) con picchi che raggiunsero i 2 milioni di tonnellate all’anno. Una delle principali cause di questo drastico aumento nella produzione di CO2 è stata l’alta produzione di gas serra durante la prima fase di costruzione. Bisogna rilevare però che, anche se il gas fosse stato fatto arrivare dalla Russia, la percentuale di CO2 prodotta non sarebbe diminuita anzi, viste le maggiori distanze, probabilmente sarebbe aumentata.

Anche in questo tratto, gli stati interessati hanno adottato alcune misure per cercare di migliorare la situazione ambientale. Ad esempio, sono state impiantate nuove foreste nei terreni che erano stati rasi al suolo durante i preparativi del gasdotto ma molti territori non sono mai stati interessati da interventi di recupero e sono stati al centro di danni ambientali, economici e sanitari a spese delle piccole realtà locali.

Il Gasdotto Trans-Adriatico

L’ultimo tratto del Corridoio è il Gasdotto Tran-Adriatico, anche chiamato TAP, costruito dal 2015 al 2020. Questo gasdotto passa per il Nord della Grecia, poi nel Sud dell’Albania, attraversa il Mar Adriatico e arriva infine sulla spiaggia di San Foca – una piccola frazione di Melendugno, in provincia di Lecce. La realizzazione di questo ultimo tratto è stata di vitale importanza per tutto il progetto proprio grazie al suo “approdo” sulle coste italiane. Dal momento che l’obiettivo principale che aveva spinto a realizzare l’intero gasdotto, come abbiamo visto, era quello di trasportare il gas proveniente dal Caspio e dal Medio Oriente in tutta Europa infatti, farlo “sfociare” in Italia ha consentito di portare poi il gas in tutta Europa – partendo dalla Puglia, attraversando tutto lo stivale ed arrivando al centro di smistamento del gas a Baumgarten in Austria.

Come con il TANAP, il TAP ha creato problemi non solo all’ambiente – deturpando moltissimi paesaggi di estrema importanza naturalistica – ma anche alle comunità locali, che vivono di agricoltura e allevamento, come testimoniato da numerose ONG che si sono recante sul posto proprio per monitorare l’impatto della costruzione del gasdotto sulla popolazione. I danni maggiori si sono verificati in Grecia ed in Albania – nei quali attraversa parchi naturali -; mentre in Italia il danno maggiore è stato di natura ambientale poiché ha modificato l’habitat marino dell’Adriatico.

In Albania il problema maggiore durante la costruzione è stato trovare una zona edificabile, non a rischio smottamento tanto è vero che, sebbene il gasdotto sia stato effettivamente realizzato rispettando le opportune distanze, è comunque costantemente monitorato, così come viene tenuta sotto controllo l’attività geologica. Il fenomeno dello smottamento inoltre è stato ulteriormente aggravato anche a causa della deforestazione praticata in queste zone per poter agevolare la costruzione dell’impianto. E’ possibile avere un’idea di quale sia il vero interesse prioritario dei partner del progetto andando ad esaminare l’unico accorgimento scientifico che è stato adottato in queste zone: fu calcolata la percentuale di pendenza dei pendii così da stimare la velocità di smottamento e la forza con cui avrebbe colpito il gasdotto.

Uno dei rischi maggiori si è materializzato durante la costruzione del tratto adriatico. In questa occasione infatti, si sono verificate delle fuoriuscite di gas combustibile durante il rifornimento in mare dei mezzi impiegati le quali hanno impattato negativamente sulla fauna locale – diminuzione della quantità di plancton e di alcuni sedimenti fondamentali per il sano sviluppo dell’ambiente marino.

Va riconosciuto però, che gli stati interessati da questa parte di progetto hanno cercato in ogni modo di preservare le zone in cui si erano sviluppati gli habitat marini più sensibili, come quello in cui prospera il corallo. L’animale che di gran lunga ha risentito maggiormente della costruzione del gasdotto è il delfino: il rumore e le vibrazioni dei lavori li hanno costretti ad allontanarsi dai loro habitat naturali.

L’importanza economica del Corridoio

Per la costruzione dell’intero gasdotto, il costo di investimento è stato di circa 46 miliardi di dollari. La proprietà dell’opera è per il 51% del governo azero, mentre il restante 49% è di proprietà della compagnia petrolifera statale della Repubblica dell’Azerbaijan (SOCAR), interamente controllata dal governo. In definitiva, si può desumere che l’Azerbaijan è l’esclusivo proprietario del gasdotto quindi si può affermare tranquillamente che è di piena proprietà dello stato azero (che è lo stato turcico?). Inoltre, SOCAR è stata destinata a seguire tutta la gestione del gasdotto tramite diretto decreto presidenziale.

Gli investitori del progetto per il Gasdotto del Caucaso del Sud, che fanno parte della South Caucasus Pipeline Company, invece sono divisi tra diverse società in questo modo:

  • 28.8% BP (inglese)
  • 19% TPAO (turca)
  • 10% AzSCP (azera)
  • 15,5% Petronas (malese)
  • 10% Lukoil (russa)
  • 10% Naftiran Intertrade (iraniana)
  • 6.7% SGC Midstream (azera). 

Per quanto riguarda il TANAP, la gestione è della SOCAR affiancata da un piccolo gruppo di investitori composto da: SGC (58% azera), BOTAS (30% turca) ed infine BP (12%). Invece il progetto del TAP è gestito dalla Trans Adriatic Pipeline AG, società con base in Svizzera e fondata da BP (20%), SOCAR (20%), Snam (20% italiana), Fluxys (19% belga), Enagas (16% spagnola), Axpo (5% svizzera).

Questa suddivisione oltre a far capire la forte importanza per alcuni stati di questo progetto, mette in risalto quanto è importante per l’Azerbaijan il commercio di queste fonti non rinnovabili. Questo spiega anche la forte instabilità economica nella quale versa attualmente il paese, che ha risentito della diminuzione del prezzo del petrolio e del gas e del fatto che l’intera economia del paese è basata su questo settore – in alcuni casi, come abbiamo visto, privando le popolazioni locali degli spazi che gli stessi avevano adibito ad agricoltura ed allevamento.

La vicenda del Corridoio Meridionale del Gas dunque è lo specchio della nostra società, che non riesce a discostarsi dall’utilizzo dei carboni fossili come fonte di energia invece di concentrarsi su grandi opere che si basano su energie rinnovabili, dando così vita ad una vera e propria economia circolare

Fonti

https://www.researchgate.net/publication/333642659_Environmental_Impact_Assessment_of_the_Southern_Gas_Corridor

https://zoinet.org/wp-content/uploads/2018/02/envsec_CAUCASUS_risk_ru.pdf

https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/il-nagorno-karabakh-e-le-minacce-alla-sicurezza-energetica-europea-27703

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