Yemen
Yemen
(A cura di Rainer Maria Baratti)
Lo Yemen occupa la parte sud-occidentale della Penisola Arabica e fino al 1990 era diviso in due distinte Nazioni (Yemen del Nord e quello del Sud). Detiene, insieme allo Gibuti, una posizione strategica in quanto si affaccia direttamente sullo stretto di Bab el-Mandeb dove passa la rotta commerciale marittima “Round the World”.
Dal XVI fino al XX secolo lo Yemen entrò a far parte dell'Impero ottomano, costituito prevalentemente dall’Islam sunnita, che aveva conquistato l’Egitto e la Siria e che volle prendere il controllo della Penisola araba. La componente musulmana Zaidita di fatto continuò a governare le regioni più interne mentre i sunniti presero il controllo della costa.
Nel 1839 l'Impero britannico occupò il porto della città di Aden e ne fece una colonia, circondata da alcuni protettorati su cui esercitava un'effettiva influenza.
Il Nord dello Yemen divenne indipendente dall'Impero ottomano nel 1918 e nel 1962 vi fu proclamata la Repubblica Araba dello Yemen mentre nel 1967 i britannici, sotto la spinta di forze insurrezionaliste, si ritirarono e nel 1970 fu instaurato il regime marxista della Repubblica Democratica Popolare dello Yemen, nota anche come Yemen del Sud. I due stati vennero uniti solamente del maggio del 1990 sotto il governo di Ṣaleḥ (che governava il nord dal 1978).
Nel luglio 1994 alcuni ufficiali e politici di ispirazione marxista proclamarono la secessione della regione meridionale dello Yemen che assunse il nome di Repubblica Democratica dello Yemen con capitale Aden ma non venne riconosciuta a livello internazionale e questo tentativo di secessione venne stroncato in due settimane di combattimenti dalle forze governative.
Il momento più importante della storia recente dello Yemen è stata la fine del regime di Saleh a seguito delle proteste della cosiddetta “Primavera araba” nel 2012, che in Yemen è stata guidata soprattutto dagli Houthi e dal gruppo Islah, all’interno del quale c’erano anche i Fratelli Musulmani yemeniti. Al suo posto viene eletto Hadi, ex vice di Saleh, che però si è dimostrato inefficiente. In particolare non è sembrato in grado di rispondere alle sfide poste dall’estrema povertà e dalla scarsità di risorse idriche, alla minaccia dei jihadisti di Al Qaeda nella penisola araba (Aqpa) e alle richieste degli houthi, i ribelli zaiditi (una corrente dell’islam sciita) originari del nord dello Yemen.
Nel settembre del 2014 gli houthi hanno avanzato sulla capitale Sanaa e a gennaio 2015 hanno compiuto quello che viene visto come un colpo di stato, in seguito al quale il presidente e il governo si sono dimessi. La Costituzione del Paese ha affidato dunque la carica di presidente ad interim al presidente del Parlamento Ṣāleḥ. A seguito della situazione di caos istituzionale quattro amministrazioni regionali del sud del Paese hanno confermato di non prendere più ordini dal governo centrale.
Dal 2015 è quindi iniziata una sanguinosa guerra civile che ha visto intervenire l’Arabia Saudita e ha assunto i connotati di una lotta tra sunniti e sciiti (zaiditi nel caso degli Houthi). A più riprese l’Arabia Saudita ha denunciato un coinvolgimento non ufficiale dell’Iran nel conflitto poiché costantemente dei missili a lunga gittata partono dallo Yemen verso la capitale dell’Arabia Saudita.
Politica e Società
Le divisioni interne allo Yemen e la frammentazione del controllo sul territorio sono diventate ancor più radicate con il protrarsi del conflitto armato tra il governo internazionalmente riconosciuto del presidente Hadi, sostenuto dalla coalizione a guida saudita, e il gruppo armato degli Huthi e le sue forze alleate, comprendenti tra l’altro unità dell’esercito fedeli all’ex presidente Ali Abdullah Saleh. Le autorità dell’alleanza huthi-Saleh mantenevano il controllo su vaste aree del paese, compresa la capitale Sana’a, mentre il governo del presidente Hadi controllava ufficialmente il sud del paese, compresi i governatorati di Lahj e Aden.
Il 4 dicembre le milizie Huthi hanno ucciso Saleh e hanno consolidato il loro controllo su Sana’a. Contemporaneamente, una miriade di fazioni armate rivali si sono contese il controllo sul territorio, in un contesto caratterizzato da un’economia al collasso e da una dilagante illegalità, in assenza d’istituzioni statali funzionanti.
A maggio 2017 il governatore di Aden e un ex ministro di stato hanno formato un consiglio di transizione del sud composto da 26 membri. Il nuovo consiglio, che aveva espresso l’intenzione di creare uno Yemen del Sud indipendente e che godeva del favore della popolazione, si è riunito in varie sessioni, stabilendo la propria sede nella città di Aden.
Il protrarsi del conflitto ha portato a un vuoto politico e alla mancanza di sicurezza e ha creato terreno fertile per il proliferare di gruppi armati e milizie, che avevano il sostegno di altri stati. Alcune di queste forze erano addestrate, finanziate e supportate dagli Emirati Arabi Uniti e dall’Arabia Saudita.
Il gruppo armato al-Qaeda nella penisola araba (al-Qa’ida in the Arabian Peninsula – Aqap) ha mantenuto il controllo di parte del sud dello Yemen e ha continuato a compiere attentati dinamitardi nei governatorati di Aden, Abyan, Lahj e al-Bayda. I raid aerei e gli attacchi lanciati dalle forze statunitensi contro Aqap, tramite l’impiego di velivoli a pilotaggio remoto (droni), sono triplicati. Le forze statunitensi hanno inoltre lanciato almeno due offensive via terra. A ciò si aggiunge che il gruppo armato Stato islamico (ISIS) ha continuato a operare in varie parti del paese, benché in misura minore.
Tutte le parti impegnate nel conflitto in corso hanno commesso crimini di guerra e altre gravi violazioni del diritto internazionale. La coalizione a guida saudita ha continuato a bombardare infrastrutture civili, come scuole e ospedali, oltre che a compiere attacchi indiscriminati uccidendo e ferendo i civili. Le forze dell’alleanza militare guidata dagli huthi hanno bombardato indiscriminatamente aree abitate da civili nella città di Ta’iz e lanciato attacchi indiscriminati di artiglieria pesante oltre il confine con l’Arabia Saudita, provocando anche loro morti e feriti tra i civili. Tutte le forze in campo sono ricorse a forme di detenzione illegale, comprese sparizioni forzate, tortura e altri maltrattamenti. La situazione inoltre è drammatica per donne e ragazze che hanno continuato ad affrontare una radicata discriminazione e altri abusi quali matrimoni forzati, precoci e violenza domestica.
Quando parliamo dello Yemen dobbiamo tenere conto di una divisione interna religiosa accentuata da un legame tribale preponderante. Vi è una maggioranza sunnita e una minoranza nutrita Zaidita, vicino allo sciismo, al confine con l’Arabia Saudita. La preoccupazione dell’Arabia Saudita è rappresentata dagli scontri di potere nel golfo con l’Iran poiché le milizie Huthi potrebbero rappresentare un quinta colonna iraniana direttamente nella penisola. Una presenza iraniana nella penisola ecciterebbe le tensioni sottese in Arabia saudita e della minoranza sciita stanziata nella zona petrolifera a ridosso del golfo. Il vero protagonista dello scontro è quindi l’Arabia Saudita che considera il paese vicino l’anello più debole per la sicurezza della regione del golfo Persico e un terreno fertile per le ingerenze di Teheran.
Nel 2017 l’Iran ha proposto all’Onu un piano di pace per lo Yemen, che prevede quattro punti: un cessate il fuoco immediato, un programma di assistenza umanitaria, la ripresa del dialogo tra le fazioni in lotta e la formazione di un governo di unità nazionale. Il consiglio di sicurezza dell’Onu ha approvato una risoluzione che impone un embargo sulle armi degli Huthi e chiede ai ribelli di ritirarsi dai territori conquistati. La risoluzione è stata approvata con quattordici voti a favore e l’astensione della Russia.
Occorre ricordare che il paese più ricco del mondo arabo, l’Arabia Saudita, è entrato in guerra nel con il paese più povero del mondo arabo. Da allora lo Yemen, con una popolazione di 25 milioni di abitanti, è stato sostanzialmente distrutto. Questa guerra ha provocato la morte di più di 20mila persone, di cui almeno la metà civili. Il numero dei feriti non può essere precisato perché metà gli ospedali e centri medici dello Yemen non sono operativi e questo significa che non è possibile stabilire quante persone si sono presentate per farsi curare. Per i sopravvissuti la vita non è facile. È come se per loro il tempo si trascinasse senza senso, in una guerra senza fine. Il dolore aumenta. Vecchie malattie riappaiono e anche la fame colpisce. Venti milioni di persone su una popolazione totale di 25 milioni sono colpite dalla guerra e la maggior parte di loro non ha quasi accesso ad acqua, cibo, prodotti per l’igiene o raccolta dei rifiuti. Nel paese si sono registrati 320mila possibili casi di colera, con 1.700 vittime accertate. Nessun intervento umanitario è stato possibile nelle aree colpite, e le autorità non si sono particolarmente interessate.
Per fronteggiare la crisi, le Nazioni Unite sono riuscite a raccogliere appena il 43 per cento dei 6,2 miliardi di dollari di cui hanno urgente bisogno per combattere la fame in Yemen, Sud Sudan, Somalia e Nigeria. Situazione, per quanto riguarda lo Yemen, controversa dato che l’industria degli armamenti guadagna vendendo all’Arabia Saudita, principale causa della carestia. Nel corso del 2016 è diventato chiaro nella stampa internazionale che l'Arabia Saudita riceve un consistente aiuto sotto forma di armi e denaro da parte di alcuni paesi occidentali (soprattutto Stati Uniti e Gran Bretagna, ma anche l'Italia).
Diritti
La coalizione saudita ha imposto un blocco parziale degli spazi aerei e marittimi sostenendo che tale misura era necessaria per applicare l’embargo sulle armi sancito dalle Nazioni Unite contro gli huthi e le forze vicine a Saleh loro alleate. Questi blocchi hanno ridotto gli spostamenti delle persone e delle merci, aggravando la crisi umanitaria causata dal conflitto e contribuendo alle violazioni del diritto della popolazione alla salute e a un adeguato standard di vita, compreso il diritto a un’alimentazione adeguata. Questa situazione ha aggravato la già pervasiva insicurezza alimentare e quella che è stata riconosciuta come la peggiore epidemia di colera a livello mondiale. Save the Children ha dichiarato che la coalizione ha impedito che tre grosse spedizioni di aiuti medici raggiungessero il porto di Hodeidah, obbligandole a cambiare rotta verso Aden e ritardando di tre mesi la consegna degli aiuti.
Tutte le forze in campo hanno praticato forme di detenzione arbitraria e illegale. Amnesty International ha documentato alcuni casi verificatisi a Sana’a e Marib, di civili detenuti unicamente come merce di scambio per eventuali rilasci di prigionieri, equiparabile alla presa di ostaggi, che costituisce una violazione del diritto internazionale umanitario. A Sana’a e in altre aree sotto il loro controllo, gli huthi e le forze loro alleate hanno arbitrariamente arrestato e detenuto persone critiche nei loro confronti e oppositori, così come giornalisti, privati cittadini, difensori dei diritti umani e membri della comunità baha’i, sottoponendone decine a sparizione forzata. Ad Aden, le forze yemenite sostenute dagli Emirati Arabi Uniti hanno perpetrato una campagna di detenzioni arbitrarie e sparizioni forzate.
Le gravi violazioni e abusi del diritto internazionale umanitario e delle norme internazionali sui diritti umani vengono perpetuate nella più completa impunità. Sin dal suo insediamento a settembre 2015, la commissione nazionale d’inchiesta sulle presunte violazioni dei diritti umani, istituita dal governo yemenita, non ha provveduto a condurre indagini tempestive, imparziali ed efficaci. Analogamente, il meccanismo d’indagine della coalizione a guida saudita ha continuato a dimostrarsi privo della necessaria imparzialità e indipendenza per svolgere il suo lavoro in maniera credibile.
Nelle città di Ta’iz, Aden e Sana’a, gli huthi e le forze loro alleate, così come le frange armate, hanno intrapreso una campagna contro i giornalisti e i difensori dei diritti umani, limitando la libertà d’espressione nelle aree sotto la loro amministrazione de facto. Gli huthi e i loro alleati continuavano a trattenere almeno nove giornalisti senza accusa da più di due anni. Per contro, ad Aden e Ta’iz, i gruppi armati e le forze di sicurezza hanno assassinato, vessato, intimidito, arrestato e in alcuni casi torturato difensori dei diritti umani e giornalisti, costringendo alcuni di loro all’autocensura e altri a fuggire dallo Yemen. La coalizione a guida saudita e il governo yemenita hanno vietato l’ingresso nello Yemen ai giornalisti, impedendo anche alle Nazioni Unite di trasportare giornalisti sui loro voli diretti nello Yemen, riducendo al minimo la copertura delle notizie e imponendo a tutti gli effetti un blocco dell’informazione.
Economia e Risorse
Nelle regioni occidentali si pratica in gran parte l’agricoltura e l’allevamento.
L'orlatura montuosa del Serat un tempo rese celebre lo Yemen in tutto il mondo per il caffè, ma ora questo viene soppiantato dal qat: un albero le cui foglie, masticate, producono un effetto euforizzante.
Il patrimonio zootecnico comprende soprattutto caprini e ovini, non mancano bovini, asini e animali da cortile.
Nelle regioni del settentrione, tra cui spicca Marib (al confine tra le aree di influenza Huthi e del governo internazionalmente riconosciuto), sono stati rilevati promettenti giacimenti di petrolio. Nel 1986 è stata ultimata la raffineria di petrolio di Marib e sempre nello stesso anno è iniziata la costruzione di un oleodotto di 440 km dal giacimento di Alif al terminale di Salef, sul Mar Rosso.
Estremamente limitate sono tuttora le attività industriali, rappresentate da piccole aziende, che per lo più lavorano prodotti agricoli e zootecnici locali. Maggior centro industriale dello Yemen è Aden con stabilimenti tessili (cotone), manifatture di tabacchi, oleifici, conservifici, concerie, saponifici, cementifici, birrifici. 1/10 delle esportazioni è rappresentato da pelli, pesce, caffè e cotone mentre tutto il resto consiste nei prodotti petroliferi delle raffinerie di Little Aden e di Marib.
Le importazioni sono rappresentate principalmente da macchinari e da altri prodotti industriali. Il commercio si svolge soprattutto con gli Stati Uniti, il Giappone, gli Emirati Arabi Uniti, la Germania, l'Arabia Saudita.
Ambiente
Lo Yemen vive di crisi e una delle crisi più dure che deve affrontare è la grave siccità mista alla scarsità delle risorse idriche. I dati dicono che lo Yemen è diventato uno dei paesi più aridi del mondo, con 125 metri cubi di acqua disponibili per yemenita all’anno, una quantità molto bassa rispetto alla media mondiale che è 7.500 metri cubi per persona.
A causa di una cattiva gestione delle risorse idriche e della scarsità delle acque piovane, le falde acquifere si sono notevolmente impoverite e il paese soffre di una mancanza di acqua senza precedenti. A questi si aggiunge il fatto che i continui combattimenti e l’insufficiente fornitura di gasolio hanno fatto in modo che molte pompe per l’acqua sono rimaste paralizzate in tutto il Paese. Questo ha causato un aumento del prezzo dell’acqua è che è più che raddoppiato.
Questa grave situazione ha generato controversie e conflitti armati tra vari tribù e villaggi per il controllo di questa risorsa vitale a cui il governo a risposto all’emergenza con le forze armate. Il problema dell’acqua non ha risparmiato nessuna regione del paese. Nel nord la situazione non è migliore rispetto a quella nel sud: la città di Saada soffre di enorme carenza di acqua aggravata dalla presenza di numerosi sfollati fuggiti dagli aspri combattimenti.
Nella capitale Sanaa, la città murata localizzata ad un’altitudine di 2300 metri sul livello del mare , non è più capace di soddisfare le esigenze dei suoi abitanti in termini di acqua potabile e in certi quartieri l’acqua arriva nelle case solo una volta ogni 20 giorni. Il rischio è che Sanaa diventi la prima capitale senza acqua nel mondo nel giro dei prossimi quindici anni.
Le riserve idriche soffrono di un eccessivo utilizzo nelle aree agricole, soprattutto per la coltivazione di qat: quasi il 40% delle acque di irrigazione sono convogliate ai campi dove la pianta è coltivata e in particolare intorno alla capitale. È una pianta che richiede enorme quantità di acqua e genera quattro volte i profitti che derivano dalla coltivazione del caffè. Il problema è che si tratta di un business spesso controllato dai capi tribali che possiedono grandi piantagioni e che hanno potere e grande influenza. Ciò determina l’incapacità del governo di affrontare il problema. Oltretutto, la consumazione di qat è un’abitudine radicata in gran parte della società yemenita e vietarla è impossibile.
Fonti e Approfondimenti
Human Rights Watch - Yemen
Limes Online
Yemen - Unocha
Rapporto Annuale 2017 di Amnesty International sulla situazione dei diritti umani nel mondo
Marconi e P. Sellari - Spazio, luoghi e potere
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