Nigeria
Nigeria
(a cura di Angelo Lerro)
Storia antica e moderna
I territori oggi rientranti nei confini nigeriani, come spesso accade in altri stati africani, originati dalla volontà delle ex potenze coloniali, sono stati abitati da culture e popoli diversi; preliminare fin da subito è annotare come la cultura e la società dei popoli, storicamente autoctoni dell’attuale nord Nigeria, sia differenziata da quella dei popoli del sud.
Le prime tracce rilevanti della presenza dell’uomo in Nigeria sono fatti risalire al 2000 a.C. con la
civiltà di Nok, popolazione nomade e, col tempo, dedita alla siderurgia, risedente nella zona del bacino del Niger. Durante il medioevo si stanziarono nel territorio nigeriano diverse popolazioni: gli Hausa nel Nord del paese, Yaruba nel sud-est e Igbo nel sud-ovest.
Gli Hausa fondarono importanti città-stato, fra tutte
Kano,
Katsina e
Zaria, che nel tempo acquisirono sempre maggior importanza per via dell’ottima posizione rispetto ai traffici commerciali della regione; città-stato, che gravitavano intorno al prospero impero Bornu – situato fra il bacino del Niger e il lago Ciad –, nel tempo si alternarono per il primato economico della regione.
Nel Sud-est invece la civiltà Yoruba fondò e si consolidò intorno
all’impero Yoruba-Oyo e
all’impero Benin. L’impero Oyo nel tempo seppe imporsi come potenza egemone della regione allargandosi aldilà degli attuali confini nigeriani; il successo dell’impero va sicuramente attribuito alla buona organizzazione dell’esercito ed all’impianto amministrativo-istituzionale. L’impero Benin, anch’esso capace nel tempo di diventare una realtà istituzionale molto importante nella regione, si caratterizzò da un importante mecenatismo spinto dalla prospera economia.
Spartiacque per i popoli “nigeriani” fu l’incontro con l’Islam, datato circa nel XIV secolo, e con i navigatori europei. La Nigeria, come gran parte della costa africana dal Niger al Volta, fu il luogo principale della tratta di schiavi, dando il nome alla tristemente celebre
Costa degli Schiavi. Le due realtà statali principali della zona sfruttarono ed agevolarono la tratta. I primi incontri con popolazioni europee furono con i portoghesi già nel XV secolo ma, nei decenni successivi, furono i navigatori inglesi ad intensificare i commerci e a monopolizzare la tratta degli schiavi.
All’inizio dell’800 accadde che una popolazione, tradizionalmente minoritaria nelle città-stato del Nord, si impose sulla maggioranza Hausa:
i Fulani. Etnia di religione mussulmana, grazie alla sorprendete azione di una capo religioso e politico
Usman Dan Fodio, riuscì, non soltanto a prevalere sulla maggioranza Hausa, ma anche a formare un impero incarnato sulla forza della cavalleria e nella fede islamica. L’impero Fulano era amministrato in piccoli emirati con capitale Sokoto, divenuta capitale con Muhamed Bello, politico che più di tutti riuscì ad allargare i confini dell’impero ed a rafforzare gli organi centrali, rendendolo un ostico rivale della nascente colonizzazione europea.
Parallelamente al sorge e al consolidarsi dell’impero fulano durante la conferenza di Belino del 1885 le potenze europee “assegnarono” la costa nigeriana al
Regno Unito attraverso la formazione della
Royal Niger Company. I territori della compagnia passarono presto sotto il diretto controllo del governo britannico attraverso la formazione di due differenti colonie una del Nord e una del Sud, a conferma delle importanti differenze etnico-culturali fra le regioni. L’amministrazione britannica si caratterizzo per la c.d. indirect rule, consistente in un potere centrale, su cui ricadevo le decisioni più importanti e potere periferico affidato a capi locali.
Dall’indipendenza al presente
Il nazionalismo nigeriano crebbe all’indomani della Seconda Guerra Mondiale dando vita ad un processo irreversibile sul piano identitario che costrinse il Regno Unito a guidare la colonia verso l’indipendenza e l’autogoverno.
La prima fase costituente, conclusasi con le Costituzioni del 1945 e del 1951, introdusse il suffragio universale ed il sistema rappresentativo a livello nazionale.
Fin da subito la questione della forma di governo apparve dirimente, del resto le profonde differenze etniche e culturali nelle varie macro-zone della Nigeria apparivano evidenti fin da i primi anni del secondo dopoguerra. Inizialmente le tre regioni principali (il Nord Hausa-fulano, il sud-est Yoruba e il Sud-ovest Igbo) raggiunsero l’indipendenza separatamente per poi giungere, principalmente per volontà occidentale, alla formazione della Nigeria come è conosciuta oggi,
indipendente dal 1960. La Costituzione federale del 1960 si basava su un patto fra le tre regioni storiche nigeriane, tanto da rendere il governo centrale molto debole e lasciare alle regioni un sostanziale autogoverno.
Il primo presidente eletto fu
Abubakar Tafawa Balewa, esponente del nord mussulmano tanto più popoloso quanto più arretrato da un punto di vista socio-economico rispetto al sud. La c.d. Prima Repubblica si basò nei sui primi anni di vita sull’alleanza fra il nord mussulmano e gli igbo cristiani del sud-ovest, e sulla formale protezione internazionale del Regno Unito, come confermato dall’ingresso della Nigeria nel Commonwealth britannico.
Il 1966 fu anno particolarmente turbolento ma rappresentativo delle tensioni interne al gigante africano. Il generale Ironsi (Igbo) con un golpe militare assunse la carica di presidente e cercò di rafforzare il potere centrale di Abuja, incontrando però fortissime resistenze locali, in particolare dal nord che voleva mantenere ampi spazi di autogoverno; tali tensioni sfociarono con un altro colpo di stato architettato e guidato dal
generale Gowon (Hausa) che, giunto alla guida del paese, mantenne l’impianto federale adottando una riforma amministrativa che istituiva la nascita di 12 stati-regionali, caratterizzati da evidente autonomia.
Gli attriti etnico-regionali non tardarono a riemergere, infatti già nel 1967 il
generale Jukwu, di etnia Igbo, guidò un movimento indipendentista che si concluse con la formazione della
Repubblica del Biafra. Inevitabile fu lo scoppio di una guerra civile contro lo stato centrale a guida Hausa; guerra che fu oggetto di interesse anche delle principali potenze mondiali, in cui la neonata Repubblica del Biafra era appoggiata dagli Stati Uniti e dalla Francia, mentre l’esercito nigeriano centrale dal Regno Unito e dall’URSS. La guerra si concluse nel 1970 con la vittoria delle forze nigeriane governative.
I decenni successivi furono caratterizzati da momenti di stabilità, colpi di stato, promulgazione di nuove costituzioni e tentativi di rafforzare gli strumenti democratici del paese. La svolta più significativa ci fu nel 1998 con l’istituzione di nuove elezioni ed il ripristino di fondamentali diritti civili. Il nuovo presidente eletto fu
Obasanjo, il quale si spese per il rafforzamento dei diritti dei lavoratori e per l’idea di unire i nigeriani, al di là delle singole etnie, sotto un’unica guida democratica.
Ad oggi a dominare la politica nigeriana è
Mohammadu Buhari di religione mussulmana, vincitore nel 2015 delle elezioni nigeriane e riletto nel 2019. Le ultime elezioni sono state considerate, dai principali osservatori internazionali, come generalmente ben svolte, per quanto non sono mancate negli anni denunce, da una fazione all’altra, di brogli elettorali.
Parallelamente al percorso di rafforzamento delle strutture democratiche,
la Nigeria sta da più di un decennio ormai fronteggiando nel nord-est del paese il gruppo fondamentalista islamico di Boko Haram. Tralasciando gli aspetti più inerenti alle numerose violazioni di diritti umani e le questioni prettamente religiose, fondamentale per comprendere la parabola di Boko Haram, è necessario anche interrogarsi sui suoi contorni strettamente politico-istituzionali.
Il centro di origine del movimento fondamentalista è la città di
Maiduguri capitale dello Stato federale del Borno dove diffuso è un sentimento di straniamento, sia rispetto al sud-cristiano ma anche rispetto al nord/nord-ovest mussulmano moderato. Secondo un'analisi prettamente geopolitica, uno dei sentimenti alla base di Boko Haram è la volontà di una parte del mondo mussulmano nigeriano di ricostruire l’impero mussulmano Fulano. Del resto, come appare dall’espansione territoriale dei fondamentalisti islamici, oggi quasi del tutto ridimensionata, più che cercare il potere all’interno dello stato nigeriano, Boko Haram si è diretto verso l’interno del continente, in particolare verso il
lago Ciad, ossia in zone a maggior concentrazione mussulmana e rientranti negli storici confini dell’impero fulano (https://www.limesonline.com/cartaceo/boko-haram-prima-secessionisti-poi-terroristi). In tal senso sembrerebbe centrale la volontà di unire i mussulmani della marco-regione sotto un'unica bandiera per ricostruire i fasti pre-coloniali.
Popolazione, economia e ordinamento dello stato
La Repubblica Federale della Nigeria, con capitale
Abuja, ad oggi ha come
legge fondamentale la Costituzione entrata in vigore nel 1999 ed emendata nel 2010 e 2017. Il potere esecutivo è detenuto dal Presidente della Repubblica che è espresso tramite elezione diretta a suffragio universale mentre il potere legislativo è ripartito fra il Senato della Repubblica e la Camera dei Rappresentanti (https://www.senato.it/3182?newsletter_item=1710&newsletter_numero=160#2).
La Costituzione, oltre ad individuare e garantire i diritti fondamentali all’interno del territorio nigeriano prevede, come in tutti gli ordinamenti federali, una serie di articoli dedicati al riparto di competenze fra lo Stato centrale e gli Stati federali (36 Stati federali). Da queste disposizioni emerge un ordinamento giuridico molto complesso e frastagliato in cui numerose e diversificate sono le fonti legislative. Inoltre, l’ordinamento giuridico di
common law anglo-sassone, in tal senso, espone, visto il contesto così variegato di norme, ad una rilevante incertezza sul piano dell’effettività giuridica.
Tornando alla questione federale, va sottolineato come i singoli Stati federali detengano ampi spazi di autonomia legislativa ed organizzativo-amministrativa, in particolare in materia penale - si pensi che in alcuni stati del Nord del paese è in vigore la
shari’a. L’ ordinamento penale appare emblematico per raffigurare le profonde differenze politico-sociali all’interno dello Stato nigeriano. Se la pena di morte è prevista su tutto il territorio, essa è potenzialmente inflitta negli Stati del nord, a prevalenza mussulmana, non soltanto per reati violenti (omicidi e rapine a mano armata)
ma anche per rapporti sessuali fuori o prima del matrimonio, sodomia ed incesto.
La popolazione nigeriana risulta piuttosto variegata dal punto di vista etnico. Del resto la Nigeria come Stato unitario è la risultanza delle politiche coloniali e post-coloniali in particolare di Regno Unito e Francia - laddove a criteri di natura etnico-nazionale, che avrebbero garantito una maggior omogeneità etnica, sono state preferite valutazioni di natura squisitamente geo-politica. Non deve stupire come quindi i gruppi entici, ad oggi nigeriani, siano più di 200.
Prima di osservare da vicino le etnie più numerose ed influenti del paese, può valere la pena sottolineare come, sebbene i gruppi etnici siano fortemente diversificati fra di loro, l’appartenenza religiosa funge da matrice aggregante per cercare di raggruppare le etnie. Di fatto, tenuto presente che la popolazione nigeriana è quasi egualmente divisa fra fedeli cristiani (49,3%) e mussulmani sunniti (48,8%),
le etnie al loro interno sono relativamente omogenee nella religione d’appartenenza.
Partendo dal nord del paese, a maggioranza mussulmana, si incontrano le etnie
Fulani e
Hausa spesso ricondotte formalmente in unico gruppo etnico; gli Stati federali, dove la maggioranza di nigeriani appartenenti a queste due etnie sono organizzati in strutture sociali piramidali e su base religiosa con al vertice il Sultano. La religione mussulmana riveste in queste zone un ruolo fondamentale, si pensi a tal proposito che in alcuni stati nord-orientali (a maggioranza fulana) parallelamente all’ordinamento comune nigeriano si applicano le leggi fondamentaliste mussulmane.
Spostandosi verso sud ed in particolare verso le grandi città nigeriane (Lagos, Ibadan e Benin city)
l’etnia dominante è quella Yoruba che conta circa 40 milioni di nigeriani; di religione cristiana sono uno dei gruppi etnici che più di altri ha subito la violenza della barbarie schiavista, non a caso ad oggi nelle
Americhe numerose sono le comunità composte da discendenti Yoruba.
Ultima dell’etnie dominanti nigeriane è quella
Igbo/Ibo, predominante nel sud-est del paese intorno al Delta del Niger. Anche gli Igbo sono di maggioranza cristiana e contano circa il 17% della popolazione nigerina. L’etnia Igbo, la minore delle c.d. Big Three, fu l’artefice del più importante progetto secessionista della breve storia nigeriana. Un movimento separatista ebbe luogo con il colpo di stato dei generali dell’esercito nigeriano di etnia Igbo che portò alla successiva dichiarazione d’indipendenza della Repubblica del Biafra nel 1967.
Il sogno di una repubblica indipendente sfumò velocemente per via dell’intervento delle forze governative, che in pochi anni costrinsero alla resa le forze separatiste.
La Nigeria è, ad oggi, considerata uno dei giganti africani ed è una dell’economie con maggior tassi di crescita su scala globale. Fra le cause che hanno spinto la crescita economica nigeriana vi è indubbiamente l’impressionate tasso di crescita della popolazione, che ha contribuito e regalare alla Nigeria il primato africano per Pil nominale, dopo il celebre
sorpasso ai danni del Sud Africa.
Lo sviluppo economico nigeriano appare fortemente disomogeneo all’interno dei confini della nazione. Se il nord non riesce ad oggi uscire ancora da un'economia quasi unicamente di sussistenza e dove l’agricoltura la fa da padrone infatti, vi è un sud-ovest in cui intorno ed all’interno delle grandi città il settore dei servizi sta acquisendo sempre maggior rilevanza, ed ancora un sud-est in cui il petrolio è il protagonista incontrastato.
Il settore primario impegna circa il 35% degli occupati, con percentuali sensibilmente più alte negli Stati del nord, in particolare rilevante, per l’economia nigeriana, sono le colture del cotone, olio di palma, mais e sorgo.
Di respiro globale è invece il settore secondario nigeriano in cui svetta per assoluta importanza
l’attività di estrazione petrolifera e le attività ad essa connesse. Le riserve nigeriane sono di indubbio interesse per via della produzione di quasi
2,4 milioni di barili al giorno, la cui vendita costituisce porzione determinante del PIL nigeriano. Dato, quest’ultimo, che fa emergere l’altra faccia della medaglia: sebbene l’industria petrolifera abbia contribuito notevolmente a lanciare l’economia nigeriana dall’indipendenza in poi, questa è allo stesso tempo strettamente condizionata dalla stessa, in particolare dal prezzo dei barili sul mercato internazionale. Altra questione fondamentale per comprendere la gestione dell’industria petrolifera nigeriana, è che la maggior parte dell’attività estrattiva è posta in essere
da multinazionali straniere (Eni, Total, Schell e Chevron), alle quali poco interessa la distribuzione della ricchezza nella comunità autoctone e, al contrario, esternalizzano la maggior parte dei profitti.
Infine vale la pena di accennare al settore cinematografico nigeriano che con la sua
Nollywood, nel 2006, si piazzava al secondo posto mondiale per produzione cinematografiche superando Hollywood e rincorrendo l’indiana Bollywood. Anche il turismo appare un settore dalle importanti potenzialità ad oggi ancora largamente disattese.
Ambiente e diritti umani
Una delle questioni di maggior interesse per gli osservatori internazionali interessati alla Nigeria è quella ambientale. Questo è tanto vero che, in almeno due zone del vasto paese, è necessario evidenziare come siano in corso importanti crisi ambientali.
Desertificazione. Nel nord del paese - un’area semi arida (la media delle piogge è meno di 600 mm all’anno) confinante con il deserto del Sahara – la desertificazione è uno dei rischi ambientali più evidenti. Per quanto la portata del fenomeno appaia ancora da chiarirsi - non sono numerosi ad oggi studi autorevoli sull’argomento - può risultare utile, per fotografare la questione,
rilevare come circa il 65% del terreno stia diventando desertico, spingendo la linea del Sahara sempre più giù all’interno dell’entroterra nigeriano. Gli effetti della desertificazione abbracciano vari aspetti della vita delle comunità residenti: dalla sempre maggiore indisponibilità d’acqua e cibo, ai danni all’agricoltura (fonte primaria di reddito della regione) fino a danni alla salute per via dell’innalzamento delle temperature. Tutto ciò, ben inteso, comporta la necessità per intere comunità di dover migrare nelle zone non ancora colpite dal fenomeno; migrazione che quasi mai avviene in maniera pacifica.
Agli storici conflitti etnici della zona infatti, si devono aggiungere lo scetticismo ed il timore della popolazione residente alla vista dell’ingente numero di connazionali in fuga dalle loro case.
Delta del Niger. La questione ambientale del Delta del Niger forse è fra le più preoccupanti dell’intero continente africano. Nel delta del fiume Niger – che nasce in Sierra Leone, con un curioso percorso, termina nel
golfo del Biafra – sono situate l’ampia maggioranza delle riserve petrolifere nigeriane.
Come si accennava, le riserve petrolifere sono estratte quasi unicamente da multinazionali occidentali, le quali sono tenute direttamente responsabili delle frequenti perdite di olio dagli oleodotti e versamenti nelle acque interne. Queste perdite, a detta delle multinazionali, causate da sabotaggi e furti da parte della popolazione, hanno letteralmente distrutto l’ecosistema della zona. I versamenti di idrocarburi contenuti negli oledotti investono tutta la regione, coinvolgendo le acque del fiume, la flora delle rive e chiaramente anche la fauna, derubata del suo abituale habitat. Sfortunatamente tali perdite non impattano unicamente su piante ed animali, ma nel tempo hanno anche irrimediabilmente compromesso il tessuto socio-economico della zona:
i versamenti impattano in maniera significativa sull’agricoltura, sull’allevamento e sulla pesca.
Le popolazioni della regione sono allo stremo, non potendo neanche godere dei privilegi economici derivanti dal petrolio, avidamente trattenuti da alti dirigenti o capi locali.
Venendo ora al quadro dei diritti umani e della loro difesa, impossibile non constatare che, se negli ultimi decenni del XX secolo vi erano stati importanti passi avanti, negli ultimi anni la situazione è drammaticamente peggiorata. Alle storiche violazioni, tipiche di quella zona d’Africa, si sono aggiunte le efferate e gravissime azioni di
Boko Haram.
Nella Nigeria di oggi moltissime violazione colpisco le donne, considerate ancora il sesso debole: non sono mai cessate pratiche primitive come: le mutilazioni femminili a cui vengono sottoposte migliaia di bambine; l’obbligo di contrarre matrimonio in tenera età; le numerosissime violenze domestiche molto frequenti negli Stati del Sud a prevalenza cristiana (DHS, Nigeria Report 2013). Del resto, sempre afferente alla questione di genere, è alta la statistica riguardante gli stupri ed i tentativi di stupro; come dimostrano alcuni studi infatti, circa il 5% della popolazione femminile ha dichiarato di aver subito violenze di questo tipo (Cleen Foundation, Public Presentation of findings of the National Crime Victimization and Safety Survey, 2013). Gli osservatori internazionali da anni denunciano come la tutela riproduttiva delle donne sia fortemente compromessa sia per retaggi social-religiosi che per via della volontà dei governi di spingere sull’aumento demografico esponenziale della popolazione nigeriana.
Anche per quanto concerne il rispetto dei diritti della comunità LGBTQ+ poi, il quadro nigeriano non appare in miglioramento. Si pensi che alle soventi violenze psicologiche e fisiche sono stati riscontrati anche efferati assassinii, in alcuni casi anche operati da forze o poteri statali. Le discriminazioni si ritengono però notevolmente di più di quelle registrate, per via della difficoltà delle vittime di denunciare i carnefici, per vergogna o paura di ritorsioni (Human Rights Violations based on Real or Perceived Sexual Orientation and Gender Identity in Nigeria). Sempre di violenza si tratta, quando gli appartenenti alla comunità LGBTQ+ della Nigeria si vedono spesso precluso l’accesso al credito, al lavoro ed anche semplicemente all’alloggio; infine, come accennato, negli Stati federali in cui è applicata la shari’a, i rapporti sessuali fra persone dello stesso sesso possono comportare l’emissione della pena di morte.
A tutto ciò deve aggiungersi una piaga dalle antiche radici che vede la Nigeria svettare a livello mondiale: la tratta di essere umani. Minori e donne sono le vittime principali della tratta dove i primi spesso vengo venduti per chiedere l’elemosina o come lavoratori; per quanto concerne le donne invece esse sono obbligate, tramite minacce o ricatti, alla prostituzione forzata. Spesso le vittime di tratta hanno avuto esperienze particolarmente negative durante l’infanzia che le hanno rese più vulnerabili o provengono da famiglie economicamente disagiate a cui spesso corrisponde un basso livello d’istruzione (UNICRI, Trafficking of Nigerian Girls in Italy).
A tutto ciò devono aggiungersi i terribili crimini che Boko Haram nel nord-est del paese ha commesso ai danni della popolazione civile.
Vittime predilette dei terroristi islamici sono giovani e donne, oggetto di sequestri ed altre barberie. Una delle più evidenti violazioni dei diritti umani da parte dei membri di Boko Haram,
è sicuramente il reclutamento come soldati di bambini ancora in giovane età; le violenze non si limitano al reclutamento, ma spaziano dalle fortissime pressioni psicologiche, all’indottrinamento al fondamentalismo islamico.
Per approfondire:
https://www.amnesty.it/nigeria-anziani-vittime-invisibili/#:~:text=In%20un%20nuovo%20rapporto%2C%20Amnesty,abbandonate%20alla%20morte%20in%20regime
https://www.hrw.org/news/2020/03/08/nigeria-releases-more-children-and-youth-military-prison
https://migrazioniontheroad.largemovements.it/cos-e-boko-haram/
https://www.unicef.org/press-releases/civilian-joint-task-force-northeast-nigeria-signs-action-plan-end-recruitment
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