Eritrea
Eritrea
(A cura di Angelo Lerro)
Gli odierni territori eritrei sono fra le più antiche aree in cui è stata constatata la presenza di civiltà umane. Del resto, le civiltà affacciate nel lato occidentale del Mar Rosso si sono trovate a ridosso delle più importanti culture dell’antichità (Valle del Nilo, Mesopotamia e penisola arabica). Si ritiene comunemente che i primi insediamenti degni di nota nell’attuale Eritrea siano da far risalire al 3.500 a.C. quando le popolazioni autoctone erano in contatto con le popolazioni Numide e della Valle del Nilo.
La prima formazione istituzionale stabile dell’area è da ascriversi
all’antico quanto misterioso regno di D’mt che, a cavallo fra il VII e il V secolo a.C., sì fuse con il florido Regno dei Sabei nella vicina penisola arabica. Il regno D’mt fu così sostituito dalla crescente potenza della zona: il regno di Axum.
Per quanto il cuore politico del prospero regno era nell’odierna
Etiopia, i territori eritrei furono fondamentali per la successiva espansione e lo sviluppo di una delle reti commerciali più importanti del mondo antico. Il regno di Axum fu una realtà statale che mantenne il controllo sulla regione per molti secoli, attraverso il conio di monete proprie e la diffusione del
cristianesimo a partire dal IV secolo d.C. Proprio il proliferare del Cristianesimo nella zona, permise alle popolazioni dell’area importanti scambi culturali con la Chiesa Copta d’Egitto e l’Impero Bizantino.
Il medioevo eritreo si caratterizzò, similmente agli altri Stati affacciati sul Mar Rosso, per l’assoggettamento alla popolazione di religione mussulmana ed al loro desiderio di conquiste.
Il califfato Omayyade conquistò ed ammise prima le Isole Dahlak e successivamente alcune strisce di costa eritrea. Successivamente furono i Portoghesi – e nello specifico l’ordine religioso dei Gesuiti - ad addentrarsi in queste terre ai margini dell’impero mussulmano.
Sulle coste l’influenza del mondo arabo fu prevalente, mentre sugli altopiani eritrei si alternarono nei decenni diverse realtà statuali, fra cui il
regno cristiano di Midre Bhar - capace di imporre la propria forza militare fino al fiume Mareb che, da qui in avanti, diventò il confine culturale con i regni cristiano-etiopi.
Punto di svolta per le popolazioni dell’area eritrea fu la conquista del porto di Massaua da parte dell’imperatore ottomano Solimano il Magnifico nel 1577. La regione non fu mai del tutto annessa per via della forte opposizione dei vicini abissini che impedirono l’ingresso degli ottomani nei territori interni.
L’Eritrea si trovava quindi contesa fra il gigante ottomano e la resistenza politica-religiosa dei regni etiopi, situazione che fu ereditata dal vicereame egiziano che contese l’influenza sulla regione con l’imperatore etiope Yohannis IV. Il vuoto di potere condusse, anche grazie all’apertura del canale di Suez, le potenze europee ad interessarsi sempre più alla regione del Mar Rosso.
Proprio in questo solco politico-istituzionale trovò terreno fertile l’interesse degli italiani per la regione, dapprima attraverso
l’acquisto del porto di Assab da parte dell’armatore genovese Rubatino - grazie alla mediazione del sacerdote Giuseppe Sapeto - e dopo direttamente dal neonato Regno d’Italia. L’Eritrea divenne così, nel 1890, la
prima colonia italiana con capitale Massaua,
spostata poi ad Asmara.
L’Eritrea fu contesa dal Regno d’Italia e dall’impero etiope, guidato dall’imperatore Menelik che si oppose fieramente alla colonizzazione italiana; tale contrapposizione rafforzò la separazione culturale e politica fra il popolo eritreo ed etiope. Asmara conobbe un importante sviluppo infrastrutturale sia prima che durante il fascismo. Mussolini voleva rendere l’Eritrea moderna e ubbidente al fine di agevolare la futura invasione dell’Etiopia.
L’Eritrea rimase italiana fino alla storica sconfitta di Cheren subita dai fascisti da parte delle truppe britanniche nel 1941.
Storia contemporanea
Il
processo di delocalizzazione eritreo fu particolarmente turbolento in quanto, al termine della Seconda guerra mondiale, sia la popolazione civile che le potenze vincitrici non avevano un’idea unanimemente condivisa sul futuro di Asmara.
La
popolazione civile si divideva fra i cristiani, che tendevano a preferire un’unificazione con l’Etiopia in nome di una comune fede copta e chi invece, soprattutto la popolazione di fede mussulmana ma non solo, preferiva la totale indipendenza.
Le potenze occidentali optarono per una via di mezzo: unire territorialmente le due ex colonie italiane ma lasciando ampi spazi di autonomia ai territori eritrei attraverso la formazione di
un’Assemblea legislativa indipendente. Fin da subito però il governo di Addis Abeba provò a limitare i margini di autonomia dell’Assemblea eritrea rendendola negli anni un organo meramente esecutorio delle volontà etiopi.
I passi volti a spazzare via qualsiasi forma di autonomia divennero sempre più palesi quando fu incoronato l’imperatore Hailè Selassiè che, oltre ad eliminare ogni istituzione federale eritrea, proclamò la formazione della
nuova provincia d’Eritrea dell’impero etiope. Fatto che infiammò i nazionalisti eritrei che nel 1960 formarono al Cairo il
Fronte di Liberazione Eritreo (ELF) con il principale obiettivo di condurre l’Eritrea all’indipendenza.
Inizialmente l’ELF era composto principalmente da quei capi politici, di matrice mussulmana, che si erano opposti all’annessione all’Etiopia; nel breve periodo, all’aumentare dei consensi dell’ELF nella popolazione, si unirono al Fronte anche leaders ed esponenti delle fazioni cristiane-copte.
Il Fronte divenne però troppo eterogeneo e da esso si distaccò una costola, di appartenenza leninista-socialista più vicina alle posizioni cristiane, dando vita al
Fronte di Liberazione Popolo Eritreo (EFPF).
I due Fronti d’indipendenza furono spesso rivali per la leadership della guerra d’indipendenza con l’Etiopia; solo attraverso la loro decisiva riappacificazione e con il contemporaneo accordo con il
Fronte di Liberazione del Popolo Tigrino – a sua volta antagonista del governo etiope di etnia oromo-amara (Governo dei Dreg che avevano spodestato l’imperatore Selessiè) - la guerra si spostò a favore degli eritrei.
La guerra si concluse formalmente con la pace del 1993 ed il successivo
referendum per l’autodeterminazione del popolo eritreo che portò alla formazione nello stesso anno dello Stato dell’Eritrea.
La pace però durò pochi anni, infatti, già nel 1998 il governo etiope riaprì le ostilità fra le due nazioni attraverso l’attacco alla città di confine di Badammè. Ad Algeri nel 2000 si consumò la cosiddetta “
non pace”, per via dell’imperversare nelle zone di conflitto di scontri e rappresaglie successivamente alla sigla del cessate il fuoco.
Il contenuto degli accordi prevedeva anche la creazione di una Commissione abilitata a tracciare in maniera definitiva i confini fra le due nazioni, per evitare futuri conflitti,
Commissione che però non ebbe mai l’appoggio politico necessario per potersi imporre sui governi eritrei e etiopi.
Il clima di forte tensione fra i due Stati si è disteso solo nel 2018 successivamente all’ascesa al potere dell’attuale presidente etiope Abiy Ahmed Ali, il quale fin da subito ha cercato di lavorare ad una pace con Asmara.
La ritrovata pace ha permesso, dopo anni, gli spostamenti fra i due Stati del Corno d’Africa garantendo anche il passaggio di merci, come confermato dal
rapido aumento dei commerci. Purtroppo, dopo pochi mesi, le questioni di confine sono tornate ad allontanare i due Paesi, costringendo le popolazioni, soprattutto di confine, a vivere in un costante stato di allerta.
Questo stato di allerta è continuamente ribadito dalla politica eritrea, la quale è sempre stata dominata - ancor prima del raggiungimento dell’indipendenza - da leaders appartenenti alla giunta militare; basti pensare che l’attuale presidente
Isaias Afewerki, in carica dal 1993, fu anche capo del EFPF.
Ordinamento, economia e ambiente
L’Eritrea è una Repubblica Presidenziale la cui Costituzione è entrata in vigore nel 1997.
Il perenne stato di conflitto con l’Etiopia ha fortemente influenzato l’apparato istituzionale, come configurato dalla stessa carta costituzionale.
In tal senso, non stupisce come il Presidente eritreo, Isaias Afewerki, (lo stesso dal 1993) abbia un potere pressoché illimitato rispetto gli altri poteri costituzionali: su di lui ricade infatti, sia il ruolo di Capo di Stato che di Capo di Governo; appare quindi un poter quasi monarchico dal momento che il
Presidente è anche al vertice delle forze armate.
Tutto questo accentramento di potere è ancor più pericoloso e problematico se si pensa che attualmente la politica eritrea è dominata da un unico partico il EPDJ (Partito del popolo per la democrazia e la giustizia, erede politico dell’EFPF).
L’esecutivo detiene di fatto un potere egemone sul paese, costringendolo ad un constante stato di “chiamata alle armi”.
Dal punto di vista economico, si segnala un
pericoloso stato di arretratezza sia del settore agricolo che di quello industriale.
La forza lavoro è impiegata per circa il 60% nel settore primario che però a stento riesce a supplire alla domanda interna; non migliore è la situazione dell’industria eritrea, che, quasi inesistente, deve scontare un profondo deficit infrastrutturale. Il mancato sviluppo infrastrutturale impedisce anche un pieno sviluppo del settore minerario, laddove rilevanti sono le miniere di oro, rame e zinco. Tutto ciò, unito all’alto tasso di analfabetizzazione della popolazione – tasso che oggi si aggira intorno al 23% - rende l’Eritrea il 143° Paese al mondo per Pil nominale su 198 Stati.
Vendendo alla questione ambientale, anche l’Eritrea come il resto del corno d’Africa è preda di una
profondissima crisi derivante dalle conseguenze dovute ai cambiamenti climatici. L’innalzamento delle temperature globali sta aggiungendo un ulteriore elemento di difficoltà alla popolazione eritrea: la
rapida accelerazione del processo di desertificazione.
Ebbene se detta desertificazione appare già di evidente rilevanza, deve sottolinearsi come la questione diventi ancor di maggior preoccupazione in quei territori nei quali le popolazioni basano gran parte della loro economia sulla coltivazioni del territorio. Il popolo eritreo soffre sempre di più per le ormai
cicliche carestie, acuite dalla volontà del governo di Asmara di rifiutare spesso gli aiuti umanitari.
Popolazione e religioni
In Eritrea vivono poco più di 6 milioni di abitanti, distribuiti in maniera piuttosto omogena sul territorio ma con una prevalenza sulla costa.
Le etnie dominanti e maggioritarie sono quella
tigrina - corrispondente circa al 55% della popolazione, etnia sorella di quella residente nello stato del Tigrè in Etiopia ed in prevalenza di religione cristiano-ortodossa – e, subito dopo, quella dei
Tigrè - che per quanto condivida l’origine semitica della propria lingua madre con la lingua dei popoli tigrini, la maggior parte dei suoi appartenenti è di fede mussulmana-sunnita.
Altre importanti etnie ma decisamente minoritarie sul piano numerico sono quella Saho (4%), Kunama (2%) e Bilen (2%)
Per quanto concerne le religioni va premesso in primo luogo che in Eritrea
la libertà di culto non è un diritto costituzionalmente protetto, pertanto la stessa non è affatto garantita.
L’ordinamento giuridico eritreo, infatti, riconosce esplicitamente soltanto quattro religioni: cristiana cattolica; ortodossa; luterana evangelica; mussulmana. Per poter professare qualsiasi altro culto, invece, è necessario ottenere una specifica autorizzazione governativa.
I dati sull’appartenenza religiosa in Eritrea sono quindi tutt’altro che pacifici, ciò che appare però chiaro e che vi sia un sostanziale equilibrio fra fedeli mussulmani e cristiani.
Diritti umani
Come può evincersi da quanto riportato sinora, la situazione dei diritti umani in Eritrea è tutt’altro che rosea. Il perenne stato di guerra ed una Costituzione fortemente orientata a garantire il potere in mano a pochi hanno contribuito a rendere l’Eritrea
uno dei Paesi del mondo in cui vengono perpetrate le più gravi violazioni dei più elementari diritti civili.
Lo stato di chiamata alle armi permanente, come si diceva, ha creato delle importanti forzature in materia di reclutamento del personale militari; oltre ad essere obbligatorio molto spesso, il servizio di leva, non ha un limite di tempo ed è quindi a tempo indeterminato; si pensi, a tal proposito, che
alcuni uomini hanno dovuto prestare servizio nell’esercito per più di 10 anni.
Per di più, il semi-perenne stato di conflitto con l’Etiopia ha portato il governo a
vietare ai propri cittadini di viaggiare all’estero, rendendo quindi molto difficile per gli eritrei “uscire” dal proprio Paese attraverso metodi legali e formalmente leciti.
Ovviamente
anche altri diritti civili di base vengono quotidianamente calpestati e violati, come ad esempio la libertà di movimento: spesso è proibito lo spostamento da una città ad un’altra senza qualche forma di autorizzazione governativa. Anche la libertà d’espressione è fortemente limitata essendo i media dominati dalla vigilanza governativa.
Giornalisti ed esponenti politici d’opposizione od anche semplici civili, che dissentono per varie ragioni con l’operato del governo, rischiano o sono oggetto di arresti del tutto ingiustificati e violenti. Tutto ciò
esaspera il clima già particolarmente complesso e pericoloso.
A questo quadro va aggiunto che per via del divieto di spostamento all’estero e le conseguenti fughe dal Paese,
gli eritrei sono fra le vittime principali della tratta di migranti. Lungo il percorso verso le coste settentrionali africane subiscono ogni forma di violenza: dagli abusi sessuali, respingimenti armati, torture ed omicidi.
Altre ancora sono le forme di discriminazione e di violenze, come l’obbligo per alcune donne eritree di lavorare nei campi governativi o di lavorare senza compenso per la costruzione di edifici dell’esecutivo.
La situazione complessiva in Eritrea è gravissima, gli osservatori internazionali non sempre riescono a penetrare nello Stato per meglio documentare le violazioni dei diritti umani causate dal governo presidenziale.
L’Eritrea è a tutto gli effetti una dittatura.
Fonti
https://www.treccani.it/enciclopedia/eritrea_%28Dizionario-di-Storia%29/
https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/corsa-al-corno-dafrica-interessi-globali-e-competizione-regionale-21371#cap14
https://www.repubblica.it/solidarieta/emergenza/2021/05/16/news/etiopia-301274596/
https://www.ilpost.it/2015/06/14/eritrea-diritti-umani/
https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/eritrea-la-strada-la-pace-e-ancora-lunga-23926
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