Mali

Mali

(a cura di Angelo Lerro)

I territori maliani, secondo gli studi archeologici, risultano essere stati abitati fin dal 50.000 a.C. Come altre regione dell’area, infatti, i territori maliani, oggi desertici, erano ricoperti da fertili distese di praterie. Ad ogni modo la zona, di antichissima civilizzazione, è stata per secoli il fulcro dei commerci trans-sahariani. Le odierne città maliane si svilupparono proprio in prossimità o delle grandi autostrade fluiviali della zona (su tutti i fiumi Senegal e Niger) o delle floride vie carovaniere. Non deve stupire quindi che proprio in queste terre si formarono ricchi e floridi imperi. La prima potenza capace di egemonizzare la zona fu l’impero del Ghana (che niente a che vedere con l’odierno stato affacciato sul golfo di Guinea) che, governato dalla maggioranza di etnia Soninkè, introdusse, grazie ai floridi scambi con i commercianti arabi, l’utilizzo dei dromedari per il trasporto merci, dando così un decisivo impulso ai commerci.  L’impero era composto da territori ad oggi facenti parte della Mauritania e del Mali (https://www.goafrique.it/storia-del-mali/). Nel XI secolo i governi imperiali dovettero fronteggiare la crescente minaccia dei berberi-mussulmani Almoravidi, i quali prima sconfissero le resistenze ghanesi sui confini e poi entrarono nel cuore dell’impero non occupandolo, ma compromettendone in maniera irreversibile l’integrità territoriale. Di fatto l’impero si limitava unicamente ai territori intorno alla capitale Kumbi Sahel.  L’eredità territoriale dell’impero ghanese fu colta dall’emergente regno del Mali che presto diventerà impero (1235-1645). La nascita dell’impero è comunemente attribuita al “principe leone” Sundjiata sotto il cui regno molte furono le vittorie militari. Le generazioni di regnanti successive ottennero importanti risultati sia sul piano dell’espansione territoriale che sul versante dei commerci: le miniere d’oro sul territorio maliano erano le più importanti fino ad allora conosciute, tanto erano grandi che il tesoro reale era considerato il più grande del “vecchio mondo”. Il glorioso impero vide la sua massima espansione territoriale durante la dinastia Laye inglobando quasi tutto il corso del fiume Niger e contando una popolazione di circa 50 milioni. Come accadde con l’impero ghanese anche quello maliano si dissolse gradualmente perdendo sempre delle province per via della forte instabilità governativa e per via delle azioni della futura potenza egemone della zona: l’Impero Songhai. Questo riuscì in pochi anni a sostituirsi all’impero maliano. L’impero Songhai crebbe enormemente nei suoi possedimenti grazie alle numerose vittorie ottenuto da Askia Mohammed, il quale allargò i confini del regno dal Marocco alla Nigeria nel 1536 d.C.  Anche l’impero Songhai era destinato a smembrarsi grazie alle incursioni dal nord di guerriglieri marocchini che attraverso numerose vittorie militari riuscirono ad indebolire profondamente l’impero da renderlo incapace di riconquistare il precedente potere. La zona rimase contesa fra piccoli regni indipendenti fino all’arrivo francese. La penetrazione francese nei territori maliani avvenne attraverso la risalita dei grandi fiumi dell’area. La Francia aveva fin da subito inteso destinare i territori maliani alla produzione a basso costo di riso e cotone, impoverendo la regione rispetto al più ricco e sviluppato Senegal. Va segnalato che i francesi attraverso una serie di scelte orientate unicamente alla massimizzazione della produzione, concentrando gli investimenti nel già più ricco sud, hanno aumentato la forbice di disparità fra il nord e il sud.

Dall’indipendenza ai fatti recenti

L’indipendenza dalla Francia, come per altre ex colonie francesi della regione, avvenne nel 1960 attraverso l’esperimento federale con il Senegal che fu però presto superata. Il primo presidente dello stato maliano Keità, di forte ispirazione socialista, orientò i primi anni di vita del giovane paese del Sahel a politiche stataliste grazie anche al supporto economico dell’URSS.  Presto il presidente Keità dovette rinunciare alle sue iniziali scelte di politica economica cercando di orientarsi a scelte più orientate al libero mercato anche grazie all’aiuto della Francia. Per compensare questo passo indietro il presidente promosse una “rivoluzione culturale” sulla falsariga di quella maoista. Nel 1968 il presidente Keità perse il potere a causa di un colpo di stato operato dal colonello Moussa Traorè. Il nuovo autoproclamato presidente impose alla popolazione un perenne stato di polizia di carattere dittatoriale. Il paese negli anni ottanta conobbe un discreto sviluppo economico-sociale soprattutto grazie all’aumento della produzione di grano.  Nonostante questi parziali successi la popolazione maliana chiedeva elezioni libere e multipartitiche. L’agitazione civile e l’inizio della rivolta dei Tuareg nel nord del paese indebolì il presidente che fu spodestato, con un altro colpo di stato, dal generale Tourè, il quale istituì un governo di transizione piuttosto che porsi egli stesso al vertice dell’esecutivo.  Gli anni novata furono dominati dalla presidenza dello scienziato e scrittore Konarè (che dovette affrontare la svalutazione del CFA – moneta agganciata al franco francese – e il tentativo di un colpo di stato) e della rivolta dei Tuareg. I motivi della rivolta sono riconducibili essenzialmente a sentimenti separatisti. La rivolta fu, soprattutto nelle sue fasi iniziali, caratterizzata da azioni di guerriglia armata. Nel 1996 fu raggiunto un accordo fra le delegazioni dei Tuareg e del governo maliano nel quale fu stabilito l’erogazione di aiuti periodici alle popolazioni Tuareg e maggiore inclusione nella vita politica del paese di quest’ultime. Il generale Tourè, dopo le dimissioni di Konarè (2002), divenne il nuovo presidente fino al 2012 spodestato anche lui da un golpe militare, giustificato dall’incapacità dell’esecutivo di soffocare il riemergere delle rivolte Tuareg. Golpisti e Ecowas (Economic Community of West African States) trovarono un accordo sul nome del nuovo presidente: Dioncunda Traorè. Il nuovo presidente traghettò il paese verso nuove elezioni e riconquistò le città del nord del paese cadute per mano dei fondamentalisti islamici grazie all’intervento aereo dell’aeronautica francese. Le elezioni del 2013 videro trionfare l’ex primo ministro Keità. La sua presidenza fu da subito caratterizzata da un alto tasso di corruzione e clientelismo. Il clima intorno al presidente si fece sempre più esasperato e delicato, tanto da portare nel 2020 il colonello Goita a prendere il potere con la forza e di formare un altro governo in cui, da vice-presidente, avrebbe svolto il ruolo di garante, per la stesura di una nuova costituzione.  La situazione già nei primi del 2021 però sembrava complicarsi. La crisi pandemica da COVID-19 e la susseguente crisi economica irrigidì le parti. La situazione politica si complicò in maniera irrimediabile dopo che l’esecutivo, attraverso un rimpasto di governo, sostituì due ministri molto vicini al colonnello Goita, il quale procedette ad un altro colpo di stato. La situazione è ad oggi tutt’altro che chiara in quanto il colonnello da una parte si appella al presunto mancato rispetto della carta di Transizione da parte dei politici, dall’altra l’azione di Goita è stata ampiamente condannata sia dalla popolazione maliana (indicendo scioperi) che dalla quasi totalità della comunità internazionale (https://www.ilpost.it/2021/05/26/altro-colpo-di-stato-mali/). 

Ordinamento statale, economia e ambiente

L’ordinamento maliano attualmente si regge sulla Costituzione come riformata nel 1991. La Repubblica del Mali si connota per la centralità formale dell’Assemblea Nazionale (eletta ogni 5 anni) ma il vero organo perno dell’ordinamento è quello del Presidente della Repubblica il quale nomina il governo ed è al vertice delle forze armate.  Per quanto concerne la politica estera, il Mali si è progressivamente spostato su posizioni filo-occidentali, segnatamente per rafforzare la lotta al terrorismo di matrice jihadista.  Non stupisce infatti che il Mali insieme ad altri 4 stati del Sahael formi il c.d. G5 Sahel (dove l’influenza francese è molto marcata), gruppo nato con l’obiettivo di rispondere alle minacce transfrontaliere del terrorismo. Per gli europei la regione del Sahel e in particolare il Mali risulta decisiva per mitigare e ridurre i flussi migratori verso l’Europa; da questa preoccupazione sono ad oggi presenti sui territori maliano compagini militari francesi e italiane.  L’instabilità politica è un fattore che indubbiamente blocca le potenzialità dell’economia malese, nonostante questo i tassi di crescita sono molto incoraggianti, si pensi che prima della pandemia i tassi di crescita si aggiravano intorno al 5%. Il Pil pro-capite è di 2.471 dollari all’anno L’urbanizzazione è a tassi percentuali molto bassi tant’è che la maggior parte della popolazione è impiegata nel settore agricolo e allevamento che contribuisce fino al 40% del Pil; il settore terziario vanta percentuali di partecipazione al Pil nazionale analoghe al settore primario ma occupando più del 10% in meno della forza lavoro. Parte importante della ricchezza del Mali è data delle rimesse degli emigrati, spesso unico sostentamento per intere famiglie. Settore di sicuro interesse internazionale sono le attività estrattive di oro anche se va segnalato che molte miniere sono date in chiusura nei prossimi anni per esaurimento delle risorse.  Il cambiamento climatico risulta ad oggi un altro importante fattore che impedisce la crescita economica della nazione maliana. Come noto il surriscaldamento globale colpisce in maniera più rilevante proprio le zone ad già alte temperature medie annuali. Di fatti le zone aride del nord soffrono già da anni una ormai quasi inarrestabile avanzata del Sahara. La desertificazione e il progressivo disboscamento stanno cambiando in maniera decisiva le condizioni di vita di migliaia di contadini costretti a spostarsi in cerca di nuovi campi da coltivare o altri lavori. Al quadro come descritto va aggiunto anche le diffuse inondazione nel sud del paese in prossimità dei grandi fiumi che distruggono campi e raccolti creando danni inimmaginabili per le comunità locali, queste spesso sono costrette a spostarsi verso stati limitrofi (https://www.cespi.it/it/eventi-attualita/dibattiti/africa-la-sfida-del-xxi-secolo/il-cambiamento-climatico-africa-come).

Popolazione, etnie e religioni

La Repubblica del Mali conta circa 19 milioni di persone distribuite per la maggior parte nel sud del paese più ricco e con un clima più temperato. Più della metà della popolazione vive in contesti rurali. La capitale Bamako è una città in rapida espansione anche per via di un alto tasso di fecondità nella popolazione femminile circa del 6,0 per donna. Il Mali occupa nella graduatoria mondiale solo il 184 posto per l’Indice di sviluppo umano (https://www.goafrique.it/cultura-religione-e-popolazione-in-mali/). Da un punto di vista etnico il Mali è connotato, come i confinati stati del Sahel, da una grande diversità etnica. Fra i quali i Bamabara, che compongono il 32% della popolazione totale, sono il gruppo etnico dominante, ottimi agricoltori di miglio, sono anche famosi per la lavorazione del cuoio e del ferro; vivono in una società patriarcale basata sull’appartenenza alle caste. I Songhai di origine sudanese compongono circa il 7% della popolazione e sono vicini culturalmente ai Tuareg, i quali vivo principalmente nelle remote regioni del nord. I Tuareg sono di religione mussulmana ma fortemente influenzati dai precedenti culti animisti per via del loro storico isolamento delle altre popolazioni della zona. Infine vi sono i Fulani, pastori e nomadi, sono sparsi fra il Mali ma anche e soprattutto in Nigeria e Cameron. La popolazione fulana ha subito e subisce gravi forme di violenza etnica: vengono utilizzati come capi espiatori quando le autorità non riescono a trovare i responsabili degli attentati jihadisti.  Per quanto concerne la religione, la popolazione maliana è a maggioranza mussulmana, circa 95%; piccola è la minoranza cristiana circa il 2,5%, diffusa principalmente nel sud (quasi unicamente cattolica), la restante parte dei maliani sono fedeli di credi animisti. La lingua ufficiale è il francese (lingua dei commerci e del diritto), sono però diffusi numerosi dialetti soprattutto nelle zone rurali. 

Diritti umani

La situazione umanitaria appare drammatica per quanto in lento miglioramento. Il tasso di alfabetizzazione è del 35,5% della popolazione mentre la speranza di vita alla nascita non supera i 59 anni. Altro dato significativo è la percentuale (56%) di bambini impiegati come forza lavoro fra i 5 e i 17 anni, del resto la scolarizzazione non supera il 58%. Molti sono i fronti su cui la popolazione maliana è costretta a subire soprusi e violenze. Lo Stato centrale nei decenni passati, dopo l’indipendenza, ha utilizzato il pugno di ferro per sopprimere il dissenso, va riscontrato però su questo fronte un importante miglioramento almeno fino al 2019. Dal golpe la situazione appare peggiorata, lo riferisce l’ultimo rapporto del 2020 sulla situazione in Mali del Segretario generale delle Nazioni Unite, secondo i dati negli ultimi tre mesi del 2020 sono stati registrati  483 violazioni e abusi dei diritti umani, tra cui 29 “esecuzioni extragiudiziali, sommarie o arbitrarie”, 123 casi di violazione del diritto all’integrità fisica o violazioni di questo diritto, 2 sparizioni forzate, 111 sequestri di persona, 15 “atti di tortura e altri trattamenti crudele, disumano o degradante” (https://www.africarivista.it/mali-cartellino-giallo-sui-diritti-umani/179350/).  Più di recente è il fondamentalismo islamico a destare maggiori preoccupazioni, infatti solo nel 2020 ci sono stati più di 2400 morti causati da azioni violente e armate degli jihadisti. La presenza di queste milizie, come si può immaginare, influenza e condiziona la vita di molti cittadini e cittadine, costretti per paura di ritorsioni violente ad sottostare alla volontà dei miliziani. Per quanto concerne la comunità LGBT+ l’omosessualità in Mali non è espressamente vietata, ma spesso sono utilizzati stratagemmi o artifici giuridici per sottoporre i membri della comunità a pene severe o a maltrattamenti. Inoltre va rilevato che la maggior parte della popolazione non accetta l’omosessualità e, anzi, osteggia la comunità con atti intimidatori e anche vere forme di discriminazione e violenze fisiche. I diritti delle donne maliane sono spesso compromessi, formalmente la parità di genere è professata nelle varie sedi istituzionali, ma di fatto moltissimi sono i diritti negati: dal diritto al credito a quello alla terra. Inoltre diffuse sono le mutilazioni genitali femminili, come anche molto alta è la percentuale di bambine costrette a sposarsi in tenera età. La situazione peggiora nelle zone rurali dove le donne oltre a subire le “ordinarie” violenze sono oltre più sottoposte a forme di coercizione psicologica da parte delle famiglie d’origine.

Fonti e Approfondimenti

https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/mali-di-golpe-golpe-30582https://www.internazionale.it/opinione/pierre-haski/2021/05/26/mali-nuovo-colpo-statohttps://www.limesonline.com/mali-jihad-al-qaida-violenza-clan-odio-interetnico/116301?prv=truehttps://www.amnesty.it/rapporto-2019-in-africa-subsahariana-si-alimenta-violazione-dei-diritti-umani/

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