Venezuela
Venezuela
(A cura di Martina Leigheb, Elena Di Dio, Mattia Ignazzi)
La Repubblica Bolivariana del Venezuela è uno stato federale che si trova a nord dell’America Latina. Confina con la Guyana, il Brasile e la Colombia. A nord, si affaccia sul mare dei Caraibi e sull’Oceano Atlantico. Il suo nome è una distorsione di “Venezuola”, che è come l’esploratore Amerigo Vespucci battezzò la regione, e che gli fu ispirato dalle palafitte native costruite sul lago Maracaibo, che ricordavano la città di Venezia.
In epoca precoloniale la regione era occupata dei gruppi tribali dei caribe e degli arawak. Nel sedicesimo secolo fu occupata dai conquistadores spagnoli, dopo che Cristoforo Colombo approdò nel territorio durante il suo terzo viaggio nelle Americhe. Lo sfruttamento economico della regione costiera comprendeva piantagioni di zucchero, cacao, tabacco e caffè, mentre nelle pianure interne si allevava bestiame. Le più alte cariche della società erano amministrate dagli spagnoli, i creoli (bianchi nati in America) amministravano i terreni e le grandi piantagioni, mentre gli indios e gli schiavi africani, importati con la tratta triangolare, procuravano la manodopera contadina. Nel 1811, a seguito di una ribellione creola, scoppiò la guerra per l’indipendenza dalla corona spagnola, che venne guidata da Simón Bolívar e si concluse definitivamente dopo dieci anni.
Il Venezuela entrò così a far parte della Repubblica della Gran Colombia, dal quale si separò nel 1830. Da allora i conservatori e i liberali federalisti si alternarono al potere con colpi di stato armati fino al 1908, quando Juan Vicente Gómez istaurò una dittatura che durò 27 anni. La stabilità politica e la scoperta di giacimenti petroliferi nel 1922 portarono investimenti esteri e ricchezza che però non raggiunsero le campagne, che rimasero in condizione di povertà assoluta. Alla sua morte, si succedettero presidenti conservatori e liberali fino al 1948, anno in cui una giunta militare filo-conservatrice prese il potere. Dal 1952, sotto la dittatura di Marcos Pérez Jiménez, venne fortemente incoraggiata l’immigrazione europea, soprattutto spagnola e italiana. Nel 1958 i militari intervennero nuovamente per restituire il potere ai civili, e si avviò così l’era democratica in Venezuela. Gli eventi più significativi che contraddistinsero quel periodo comprendono la nuova Costituzione del 1961 promulgata da Betancourt, l’aumento del prezzo internazionale del petrolio, che portò un beneficio economico e consentì la nazionalizzazione delle industrie del ferro e del petrolio avvenute intorno al 1975.
La discesa economica del Paese iniziò negli anni ’80 e la gestione della crisi causò proteste popolari e la minaccia del terrorismo di sinistra che si protrasse fino alla fine del millennio. Nel 1999 salì alla presidenza Hugo Chávez e venne approvata la Costituzione Bolivariana. Nel 2002, un tentato colpo di stato rafforza la presidenza di Chávez, che aveva ormai eliminato l’opposizione dall’esercito e dall’apparato giudiziario. Con il referendum costituzionale del 2009, si eliminarono i limiti numerici dalle candidature elettive. Alla morte di Chávez, nel 2013, prese il suo posto Nicolás Maduro, suo vice nonché successore designato.
Politica e Società
Per comprendere la politica e l’economia venezuelana, in primo luogo bisogna partire dal suo essere un
petrostato in quanto il 98% delle sue esportazioni dipendono dal petrolio, secondo i dati dell’
OPEC.
Nel 1914 viene perforato il primo pozzo petrolifero commerciale, Zumaque I sulla riva orientale del lago Maracaibo. Diventare un paese produttore di petrolio, è stato uno spartiacque perché ha segnato il passaggio da una società rurale e contadina, il Venezuela era una delle c.d.
Repubbliche delle banane, a una società industriale arricchita dall’estrazione petrolifera.
La lunga dittatura di Juan Vicente Gómez, contribuì a consolidare lo stato venezuelano e ad aprire le porte allo sfruttamento estero dei depositi petroliferi.
Negli anni ’50 l’avvento del regime dittatoriale di Marcos Pérez Jiménez, dopo un periodo di governi conservatori e liberali, continuerà l’eredità di Gómez.
In questo periodo il tasso di crescita economica è molto elevato e il Venezuela si piazza al quarto posto in termini di PIL pro capite in tutto il mondo. Allo stesso tempo, tuttavia, la società subisce una pesante repressione politica.
Il paese aveva ormai una consolidata struttura capitalistica, aperta agli investimenti stranieri anche se con alti livelli di coinvolgimento statale in settori industriali considerati strategici come l’industria siderurgica.
Il 1958 ha segnato la svolta politica del Venezuela, l ’opposizione di sinistra alla dittatura con l’aiuto delle forze armate organizzò un colpo di stato che costrinse Jimenez all’esilio e dopo un breve periodo di transizione si tengono le elezioni che vedono vincitore il leader socialdemocratico Rómulo Betancourt. Con la costituzione del 1961 ha inizio la c.d. Quarta Repubblica e si stabilisce la divisione tra potere esecutivo, legislativo e giudiziario.
Sempre nel 1958 la firma del
Patto di Punto Fijo tra due partiti politici –
Acción Democratica (Azione Democratica) e COPEI (Cristiano-Democratici), segna l’inizio di bipartitismo che avrebbe dovuto consentire la stabilità democratica del Paese.
Betancourt, nonostante si fosse evoluto maggiormente in un socialdemocratico, aveva un passato comunista e credeva nel ruolo molto attivo dello Stato in economia, ponendo le basi per la nazionalizzazione attuata dai governi successivi.
Tra il 1968 e il 1978 il Venezuela vive un vero e proprio boom economico ed diventa il paese più ricco dell’America Latina. Ciononostante, la forte corruzione e le politiche clientelari comuni ai vari governi, non permetterà un’equa distribuzione della ricchezza del Paese.
Nel 1975, il governo di Carlos Andrés Perez opta per la nazionalizzazione dell’industria petrolifera, anche per sfruttare l’aumento dei prezzi del petrolio in seguito alla crisi del 1973, e il paese si trasforma a tutti gli effetti in un
petrostato.
Perez approfitta del boom economico per attuare un ambizioso e costoso programma di spesa sociale, senza pensare che la crescita economica dipendeva esclusivamente dalla domanda di un bene, il petrolio, che poteva crollare da un momento all’altro.
Questo è proprio ciò che succede negli anni Ottanta quando, a causa della troppa offerta, il prezzo del petrolio crolla e cosi l’economia venezuelana dipendente al 96% dall’esportazione di greggio.
Il Bolívar passa da essere una delle valute più stabili del mondo a subire una fortissima svalutazione che segna l’inizio di un decennio nero caratterizzato da successive svalutazioni e controlli monetari. La crisi economica paralizza il paese e blocca lo stato sociale, causando proteste tra la popolazione.
Nel 1989, per uscire dalla disastrosa situazione il Venezuela decide di accettare la proposta del Fondo Monetario Internazionale, attuare una profonda riforma fiscale in cambio di aiuti economici.
La riforma imposta dal FMI, che prevedeva riduzioni tariffarie, aumenti delle tasse, tagli alla spesa pubblica, non affrontava pero i problemi alla base dei problemi economici venezuelani, la forte corruzione e le politiche di capitalismo clientelare. L’unico effetto che ebbe fu la rivolta popolare.
Il 27 e il 28 febbraio 1989 Caracas viene travolta da cittadini che protestano contro il pacchetto di aiuti del FMI. Presto le proteste diventano una rivolta popolare, repressa violentemente dall’esercito. In seguito agli scontri di quello che verrà chiamato il “Caracazo”, muoiono quasi 400 persone.
Nel Paese ha inizio un momento di caos e instabilità, di cui approfittano i gruppi anti-governativi, anche quelli interni all’esercito. Tra questi diventerà famoso quello guidato dal tenente colonnello
Hugo Rafael Chávez, il c.d.
Movimento Rivoluzionario Boliviano-200 (MBR-200).
A cavallo tra gli anni Ottanta e gli anni 90, una serie di tentativi di
golpe, attuati tra gli altri da Chavez che viene imprigionato, attenta ulteriormente alla stabilità statale
Il governo di Perez sospende le libertà costituzionali ma, ormai delegittimato e accusato di corruzione, fallisce e decreta anche la fine del sistema politico che era stato inaugurato nel 1958 con il Patto di Punto Fijo.
Nel 1994 Rafael Caldera, capo di una nuova coalizione, assunse la presidenza. Il suo governo non fu caratterizzato da grandi cambiamenti di rotta rispetto al passato, ma riabilitò politicamente Hugo Chavez.
Nel frattempo, a più di un decennio dall’inizio della crisi economica il numero di venezuelani in stato di povertà era aumentato soprattutto nelle aree metropolitane.
Proprio rivolgendosi alle classi più svantaggiate, Chavez aumenta il suo consenso, sfruttando il suo forte carisma che lo porterà a stravincere alle elezioni del 1998.
Chavez, nei quindici anni del suo governo, promuove c.d.
Revoluciòn Bolivariana, creando uno stato socialista.
Nella riforma in senso socialista dello stato, Chavez trova la collaborazione di Cuba, così formando nel dicembre 2004
l'ALBA-TCP (
Alianza Bolivariana para los Pueblos de Nuestra América - Tratado de Comercio de los Pueblos) che sarebbe servito come organismo per cercare di scambiare con altri stati socialisti le proprie risorse. All'inizio, infatti, i due stati firmarono un accordo in cui si impegnavano a scambiarsi petrolio in cambio di medici e di insegnanti.
Durante il suo governo la
disoccupazione si dimezza, il
reddito pro capite raddoppia, la
povertà e la mortalità infantile diminuiscono sensibilmente e che
l’istruzione migliora notevolmente. Le riforme vengono finanziate dagli alti prezzi del petrolio tra il 2003 e il 2010.
Ciononostante Chavez, durante quello che si può definire il suo regime, porta avanti le stesse politiche fallimentari dei suoi predecessori: non diminuisce la dipendenza del Venezuela dal petrolio investendo in altri settori e persegue una politica monetaria senza criterio. In aggiunta le politiche di stampo socialista provocano una fuga di capitali esteri.
I nodi vengo al pettine nel 2008, con il crollo del prezzo del petrolio il sistema di welfare chavista diventa insostenibile.
Inizia un periodo di lenta ma costante discesa economica. Le riserve auree e i prezzi amministrati permettono di reggere il Paese per qualche anno. Sarà dopo la morte di Chavez nel 2013 che arriverà la vera e propria crisi.
A prendere le redini del Venezuela, dopo la dipartita di Chavez, è
Nicolas Maduro, ex ministro degli esteri e vice presidente, il quale, sebbene avesse affermato di essere dalla parte del popolo e di seguire le linee guida del suo predecessore, non riuscì a dare continuità al progetto mettendosi contro la maggior parte della popolazione. La mancanza di appoggio popolare è dovuta al fatto che Maduro non ha un modo per stabilizzare il paese, non ha la leadership di Chavez e soprattutto ha ricorso all'uso della repressione e delle forze armate.
Lo scarso appoggio popolare si è riflettuta anche nell'Assemblea Nazionale, quando il 6 dicembre del 2015 l'opposizione ottenne la maggioranza dopo 16 anni di governo chavista. Questo evento diede vita a un referendum contro il presidente Maduro, il quale accusò di associazione a delinquere e di cospirazione contro il governo Leopoldo Lopez e Antonio Ledezma e successivamente li arrestò.
Il Venezuela è un paese che tutt'oggi continua a soffrire la crisi del 2013, portata dalla scarsezza di prodotti di base e medicine, dall'aumento della disoccupazione e dalle
migrazioni continue nelle regioni limitrofe. Inoltre il governo centrale ha dato vita a un iper-inflazione dovuto da una politica monetaria errata e dalle banche che non erogavano più credito alle imprese private. Con l'inflazione sono usciti fuori altri aspetti complementari: corruzione politica, diminuzione della produttività e competitività e ultimo ma non meno importante il calo del prezzo del petrolio, principale prodotto di esportazione. Il calo del prezzo del greggio è stato causato da una nuova tecnica di produzione adottata dagli Stati Uniti, aumentando così l'offerta e facendo precipitare il prezzo al barile da 108$ nel 2014 a 48,97$ nel 2017. Il continuo calo di prezzo ha portato Maduro il 15 gennaio del 2017 a decretare lo stato eccezionale di emergenza economica nel paese. Il 26 febbraio del 2017 fu indetta un'assemblea dell'Organizzazione degli Stati americani per valutare la situazione in Venezuela e da qui i rapporti con l'estero iniziarono a sgretolarsi; il ministro degli esteri annunciò il ritiro dall'organizzazione. Questa situazione ha generato anche una sfiducia da parte dell'ex presidente colombiano Santos, che vedeva “con seria preoccupazione la militarizzazione della società venezuelana” e richiedendo un ritorno al buonsenso. La crepa con la Colombia è stata poi allargata perdendo così un alleato molto importante sia dal punto di vista geografico che economico.
Nel 2017 la gravissima crisi umanitaria e la decisione di Maduro di esautorare ogni funzione del Parlamento, in mano all’opposizione, ha provocato una serie di proteste popolari.
Anche se i poteri sono poi stati restituiti al Parlamento, le manifestazioni sono diventate vere e proprie rivolte popolari, gestite come nella maggior parte di questi casi con una forte repressione, violando a più riprese i diritti umani. In questo periodo sono stati contati almeno 12.175 morti fino al 2018.
Nel 2018 Maduro è stato rieletto con il 67,7% dei voti, dopo contestate elezioni.
Il Venezuela è ormai un paese allo stremo, secondo l'indice di Miseria di Bloomberg il paese ha il peggior tasso di impegno economico da 4 anni consecutivi. L'87% della popolazione vive in una situazione di povertà e l'8,1% può permettersi due o meno pasti al giorno.
Le pesantissime sanzioni statunitensi, ma anche europee certo non aiutano la popolazione.
In questo drammatico scenario si è fatto avanti il capo dell’opposizione e leader dell’Assemblea nazionale Juan Guaidò. Quest’ultimo nel gennaio del 2019 si è autoproclamato presidente ad interim, con l’appoggio degli Stati Uniti, della Colombia e molti altri stati, ad esclusione di Bolivia, Cuba, Messico, Cina, Turchia e Russia.
Ad aprile 2019 Guaidò ha fallito un tentativo di colpo di stato a causa del mancato appoggio delle forze armate. I suoi consensi sono però in ascesa, sia a livello nazionale che estero e a gennaio 2020 è stato riconfermato presidente dell’Assemblea nazionale.
Diritti
La libertà di espressione è minacciata dalle continue chiusure di testate giornalistiche, canali televisivi ed emittenti radiofoniche e dalle ripetute intimidazioni che i giornalisti ricevono. Il diritto di riunione non viene rispettato specialmente nei contesti delle proteste contro il governo, dove le forze di sicurezza tendono a usare il pugno di ferro contro la popolazione. La politica di repressione sistematica delle opposizioni, praticata da Maduro a partire dal 2014, viene condannata da Amnesty International, che dichiara che potrebbe costituire un crimine contro l’umanità e pertanto il governo dovrebbe renderne conto alla giustizia internazionale. Questa politica è caratterizzata da esecuzioni extragiudiziali mirate, detenzioni arbitrarie, eccessivo uso della forza militare sull’opposizione e su chi prende parte alle proteste, incluse le violenze sessuali. Dal 2016 resta in vigore lo stato d’emergenza, che conferisce al governo poteri speciali. Il sistema giudiziario è soggetto delle interferenze del governo ed è stato impiegato più volte contro i dissidenti e i civili, in particolar modo contro i difensori dei diritti umani, che soffrono intimidazioni ed accuse di terrorismo.
I meccanismi internazionali di protezione dei diritti umani, come l’Iachr, faticano a monitorare la situazione a causa della difficoltà che i rappresentanti incontrano nell’ottenere il visto. Tuttavia, un numero sempre maggiore di richiedenti asilo lascia ogni anno il Paese, in un esodo generale direzionato specialmente verso i Paesi confinanti. Si stima che dal 2015 a oggi, più di 4,5 milioni di persone abbiano lasciato il Venezuela, convergendo nei paesi confinanti, perlopiù in Colombia.
Il peggioramento della crisi alimentare e sanitaria colpisce particolarmente bambini, malati e donne, spingendo i venezuelani a chiedere asilo ad altri Paesi in massa. Alla fine del 2016 l’organizzazione Caritas Venezuela ha rilevato che il 27,6% dei bambini esaminati era a rischio malnutrizione, dei quali il 15,7% di grado medio-acuto. La mortalità infantile è in rapida ascesa, con un incremento del 30% di decessi in età inferiore ad un anno di vita, avvenuto in un solo anno tra il 2015 e il 2016. Parallelamente, aumentano le percentuali di mortalità materna nel 2016, quando raggiungono il totale di 756 decessi registrati. Nonostante la carenza di dati ufficiali, Ong locali denunciano un alto tasso di femminicidio e un’elevata vittimizzazione delle donne nel contesto della violenza all’interno delle istituzioni. Inoltre, la crisi economica continua a limitare l’accesso ai metodi contraccettivi.
Si documentano casi di arresti arbitrari per motivi politici, nel tentativo di mettere a tacere il dissenso, e tramite meccanismi illegali quali l’assenza di mandato, il ricorso alla giustizia militare e l’interpretazione discrezionale del Codice penale. Le condizioni nelle carceri sono misere: si registra carenza di cibo ed acqua potabile e ai detenuti viene spesso negato l’accesso alle cure mediche o ad avvocati di loro scelta. Inoltre, si registrano casi di sovraffollamento, tortura e maltrattamento, nonché l’impunità dei perpetratori di questi abusi. Alcuni reclusi hanno iniziato uno sciopero della fame per protestare la disponibilità di armi data ai detenuti. Questa norma causa un elevato numero di morti nelle carceri a causa degli scontri interni.
A gennaio 2019 un’ondata di violazioni del diritto internazionale e dei diritti umani è scoppiata in tutto il Venezuela. Si è trattato di un’azione congiunta delle forze armate del Paese contro persone identificate come presunti oppositori, che risedevano principalmente in quartieri poveri, con l’obiettivo di eliminarle. Nonostante la consapevolezza delle forze politiche, il presidente Maduro non ha preso provvedimenti a riguardo, ha anzi offerto la propria copertura.
Economia e Risorse
Come già detto l’economia venezuelana dipende in larghissima parte dal petrolio. Con 300.900 milioni di barili, le riserve del paese sudamericano superano ampiamente quelle dell’Arabia Saudita e del Canada.
Negli ultimi vent’anni il Venezuela ha ridotto di un terzo la sua produzione di petrolio, passando da produrre 3 milioni di barili al giorno nel 1999, a produrne 1,3 milioni nel 2018. Gli Stati Uniti erano il principale compratore del greggio venezuelano, nel 2018 ne hanno acquistato il 41%, ma hanno poi diminuito la loro importazione
La situazione economica venezuelana è peggiorata definitivamente quando il prezzo del greggio è passato da valere 112 dollari al barile nel 2014, a valerne 34 dollari nel 2016.
Nonostante l’accordo dei paesi dell’OPEC nel 2017 di ridurre la produzione di petrolio per aumentarne il prezzo, i livelli sono rimasti comunque bassi. Al momento il prezzo della benzina in Venezuela è il più basso al mondo, 0,01 dollari al litro.
All’abbassamento del prezzo del petrolio è legato l’altro grande problema economico del Venezuela, la mancanza di dollari necessari alle importazioni e la mancanza di cartamoneta necessaria alla popolazione per accedere ai servizi basici e ai beni essenziali, come il cibo.
Il 94% della popolazione venezuelana, circa 30 milioni di persone, vive in uno stato di insicurezza alimentare e l’82% non ha accesso a fonti di acqua sicure.
La scarsità di prodotti genera inflazione e quella del Venezuela è salita vertiginosamente negli ultimi anni. Secondo i dati del Fondo Monetario Internazionale l’inflazione era del 57,4%, nel 2014, mentre nel 2019 superava i 4,4 milioni %. In aggiunta al momento il Venezuela ha un’inflazione che supera i 4 milioni percento, secondo il Fondo Monetario Internazionale
Oltre il petrolio, le risorse naturali del paese comprendono gas naturale, minerale di ferro, oro, bauxite, diamanti e altri minerali.
La concentrazione sulla produzione ed esportazione petrolifera ha fatto sì che il Venezuela non investisse in altri settori industriali ed agro-alimentari. Il Paese praticamente non produce beni basici e deve importare gran parte degli alimenti e dei prodotti essenziali, come i medicinali.
L’agricoltura è un settore arretrato, che non ha subito grandi trasformazioni dai tempi del colonialismo, a causa di questi problemi strutturali contribuisce a poco meno del 4% del PIL. I principali prodotti agricoli sono riso, sorgo, patate e ortaggi, divenuti pero insufficienti per la domanda interna.
Il turismo, già relativamente modesto, negli ultimi anni è cessato del tutto.
Ambiente
Il Venezuela è uno dei 17 paesi c.d. “megadiversi”, ovvero che presenta tanti ecosistemi diversi all’interno del suo territorio. Nello specifico occupa il settimo posto nella classifica delle Nazioni Unite. Conterebbe, infatti, circa 200mila specie diverse, ma il 2% di esse sono a rischio estinzione.
Nonostante il territorio venezuelano protetto a fini naturalistici rappresenti circa un terzo del totale, almeno secondo fonti ufficiali, e ci siano 43 parchi nazionali, il Venezuela, cosi come la maggior parte dei paesi latinoamericani ricchi di risorse, sta portando avanti politiche ti poco estrattivista che causano il degrado ambientale. L’estrattivismo, inteso come lo sfruttamento massiccio delle risorse naturali di un territorio, non rispetta quello che dovrebbe essere il giusto equilibrio tra la necessità umana di accedere alle risorse e le necessità di tutelare e preservare l’ambiente.
Anche se il governo bolivariano parla di “estrazione ecologica”, è evidente l’impatto ambientale dello sfruttamento delle risorse, ma è difficile quantificarlo poiché non vengono quasi portati avanti ricerche sul tema e le informazioni non sono rese pubbliche.
Nel Paese anche la deforestazione è in aumento, non sono solo le attività minerarie, ma anche per l’aumento degli incendi, l’espansione agricola, lo sfruttamento del legno.
In ultimo anche i cambiamenti climatici colpiscono tutti gli ecosistemi venezuelani, dalla barriera corallina ai
tepuis, le montagne a cima piatta venezuelane, dove tra l’8% e il 33% delle specie animali sono a rischio estinzione.
Fonti e Approfondimenti
http://www.treccani.it/enciclopedia/venezuela/#storia-1
Crisi venezuelana del 2013: https://www.eltiempo.com/mundo/venezuela/causas-que-llevaron-a-venezuela-a-la-crisis-84652
https://www.amnesty.it/rapporti-annuali/rapporto-annuale-2017-2018/americhe/venezuela/
https://www.limesonline.com/venezuela-crisi-storia-chavez-maduro-guaido-trump-usa-golpe-intervento-militare/110894
https://efectococuyo.com/la-humanidad/danos-al-medioambiente-en-venezuela-incrementan-con-politicas-antiecologicas-segun-expertos/
https://razonpublica.com/la-historia-del-petroleo-en-venezuela-una-clave-de-la-crisis/
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