Afghanistan

Afghanistan

(A cura di Elena Di Dio)

  La Repubblica Islamica dell’Afghanistan si trova in Asia centrale e confina a sud-est con il Pakistan, ad ovest con l’Iran e a nord con il Turkmenistan, l’Uzbekistan e il Tagikistan. Ad est, inoltre, si collega alla Cina tramite il corridoio del Wakhan: una striscia di terra larga in media una trentina di chilometri e lunga 260 km. Fin dall’antichità, la posizione strategica al centro del continente assume un ruolo rilevante nell’indirizzare la politica interna ed estera del Paese e l’amministrazione di Kabul, sua capitale. Dalle storiche origini, il territorio afghano ha costituito un vero proprio crocevia dell’Asia centrale, passando sotto il dominio di numerosi imperi. La nascita dello stato-nazione moderno è attribuita al 1747, quando Ahmad Shah Durrani unificò le tribù Pashtun e condusse numerose campagne di conquista territoriale, arrivando a formare un impero che, al suo apice, si estendeva fino a Delhi in India. L’Impero Durrani durò fino al 1826 quando, alla sua caduta, la regione prese il nome di Emirato dell’Afghanistan e si confrontò con il colonialismo britannico fino all’inizio del XX secolo. Il Regno dell’Afghanistan conquistò l’indipendenza dai colonizzatori nel 1919 e si adoperò per uscire dall’isolamento attraverso strategie diplomatiche e riforme per la modernizzazione. Il Paese rimase neutrale nella Seconda guerra mondiale. Nel 1973 il primo ministro Mohammed Daud Khan organizzò un colpo di stato e interruppe così la monarchia in Afghanistan. Poco tempo dopo, nel 1978, un altro colpo di stato portò i comunisti al potere, supportati dall’invasione territoriale dell’Unione Sovietica che provocò lo scoppio di una guerra lunga e distruttiva, considerata attualmente ancora in corso. A contrastare l’invasione, il governo progressista schierò i mujahidin (combattenti per la patria) che furono sostenuti dagli Stati Uniti, dal Pakistan e dall’Arabia Saudita in quello che divenne il teatro dell’ultimo grande conflitto tra USA e Unione Sovietica nel contesto della Guerra fredda. La ritirata dell’URSS avvenne solamente nel 1989, sconfitta dai ribelli mujahidin, che a loro volta si divisero nell’Alleanza del Nord e nei Taliban (o talebani) e le cui divergenze portarono allo scoppio di una nuova guerra civile. L’Afghanistan finì infine in mano ai Taliban nel 1996, i quali imposero con estrema rigidità l’applicazione della legge islamica – la shari’a – punendo severamente ogni violazione. Nel 2001, l’intervento della NATO conseguente agli attentati terroristici dell’11 settembre rovesciò il regime, accusato di favoritismi nei confronti del gruppo terroristico al-Qaida e di dare riparo a Osama Bin Laden. Ebbe così inizio un processo di occupazione straniera del territorio finalizzato alla ricostruzione politica dell’Afghanistan incoraggiato dalle Nazioni Unite e inaugurato dalla promulgazione di una nuova costituzione. Le elezioni del 2004 premiarono Hamid Karzai che restò alla presidenza fino al 2014. Attualmente il Paese riversa nell’instabilità politica ed economica, stimolata da una parte dalla presenza dei Taliban nel sud-est confinante con il Pakistan, e dall’altra dall’influenza degli Stati Uniti ed altre forze internazionali che consolidano la loro presenza militare in loco. I motivi dietro alla permanenza statunitense nel territorio dopo la caduta di Bin Laden si possono ricercare nella posizione strategica del Paese. La presenza di basi militari ed aeree permette agli USA di mantenere un controllo sull’Iran e le aree confinanti. La transizione verso una pace stabile è impedita in un simile contesto sociopolitico, tuttavia le negoziazioni di pace tra i Taliban e il governo statunitense crescono di intensità dal 2018.

Politica e Società

Le elezioni del 2014 hanno portato alla presidenza della repubblica islamica dell’Afghanistan Ashraf Ghani Ahmadzai. Il primo turno elettorale ha decretato la maggioranza dei voti per Abdullah Abdullah, che si è successivamente ritirato nel conseguente ballottaggio a causa delle accuse di brogli nel conteggio delle schede, lasciando la vittoria al suo oppositore. A febbraio 2020 Ashraf Ghani è stato riconfermato per un secondo mandato, nonostante le proteste di Abdullah che si è autoproclamato presidente. Di etnia Pashtun, Ghani sembra non subire le influenze dei talebani nel suo esercizio politico, contrariamente ai suoi predecessori. Intanto, il gruppo terroristico di matrice islamica continua ad operare nel sud del Paese, in una continua guerriglia contro le forze di sicurezza afghane. Dal 2015 il gruppo si è rinvigorito in seguito all’ascesa dell’IS. Il conflitto tra le due organizzazioni terroristiche si concentra in un territorio al confine con il Pakistan. Le operazioni degli estremisti talebani sono caratterizzate principalmente da attentati contro civili, come quello del 2016 a Kabul. Il progetto “Atlante delle guerre e dei conflitti nel mondo” (https://www.atlanteguerre.it/conflict/afghanistan/) registra un’intensificazione dei negoziati di pace con gli Stati Uniti, dal 2018. I punti di convergenza finora raggiunti riguardano il ritiro delle truppe straniere dal territorio a patto che l’Afghanistan non sia più territorio di attività terroristiche. Attualmente oltre 17mila soldati stranieri, di cui circa 14mila statunitensi, sono impegnati nella guerra contro i talebani in territorio afghano, che prosegue ininterrotta da quarant’anni e con un elevato numero di vittime. La rilevanza del governo di Ghani è gradualmente diminuita in questo contesto, a causa della sua esclusione dalle trattative; tuttavia Kabul mantiene vivo il suo conflitto parallelo con i talebani, con un esercito finanziato da fondi internazionali. L’organizzazione terroristica ottiene appoggio dal Pakistan e finanziamento da una pluralità di Stati, tra i quali la Cina e l’Iran. La guerriglia, dunque, si mantiene elevata in tutto il Paese. Dal 2015 è presente anche il sedicente Stato Islamico soprattutto attraverso attentati nelle città. In tale situazione di insicurezza sono costretti a tornare migliaia di migranti e richiedenti asilo, forzatamente rimpatriati dal Pakistan e dall’Europa. Secondo quanto dichiarato da The Asia Fundation (https://asiafoundation.org/wp-content/uploads/2018/12/2018_Afghan-Survey_fullReport-12.4.18.pdf), l’Afghanistan è considerato un Paese a basso sviluppo umano nonostante i grandi investimenti da parte della comunità internazionale. Ciononostante, negli ultimi anni l’UNDP ha registrato un miglioramento nell’aspettativa di vita e nel livello di istruzione dei cittadini, causando un conseguente aumento nel valore dell’indice di sviluppo umano. Nel 2018 è stato registrato anche un incremento nel reddito familiare, forse dovuto al numero crescente di donne che entrano nel mondo del lavoro. La popolazione afghana registra un tasso di crescita tra i più alti al mondo, attorno al 4%, con un tasso di urbanizzazione altrettanto galoppante. Tuttavia la società continua ad essere in prevalenza rurale: attualmente solo un quarto del totale vive nelle città. Più del 70% della popolazione vive in baraccopoli o in alloggi inadeguati all’elevato numero di membri delle famiglie. Nel 2017 la percentuale della popolazione al di sotto della soglia di povertà nazionale ammontava al 55%, nonostante l’assistenza allo sviluppo. Il tasso di povertà aumenta in base al numero di membri della famiglia, a causa della precarietà della maggior parte dei lavori. I tassi di povertà sono inoltre maggiori nelle zone rurali. Quasi la metà della popolazione afghana versa in condizioni di insicurezza alimentare, dato che tende a crescere negli ultimi anni. Secondo una relazione congiunta della Food and Agricolture Organization (FAO) delle Nazioni Unite e del World Food Programme (WFP), l’insicurezza alimentare è dovuta alla scarsità dei prodotti alimentari causata dai conflitti e dall’insicurezza, dallo sfollamento e dalla grave siccità che ha colpito il Paese a cavallo tra il 2017 e il 2018. La carenza di precipitazioni, che in alcune zone ha superato il 70%, ha afflitto i principali mezzi di sussistenza del Paese, peggiorando l’insicurezza alimentare della popolazione. Il livello d’istruzione della popolazione resta inadeguato nonostante i passi avanti che l’Afghanistan ha registrato dal 2001 nel campo dell’educazione. L’accesso alla scuola varia in base alla residenza, al genere e alla povertà, pertanto ad una grande percentuale di bambini non è garantito lo studio. Secondo la relazione (https://coi.easo.europa.eu/administration/easo/PLib/2019_04_EASO_COI_Afghanistan_Key_socioeconomic_indicators_IT.pdf) sui principali indicatori socio-economici dell’Afghanistan pubblicata nel 2019 dall’European Asylum Support Office, nel 2018 circa 3,7 milioni di bambini non frequentavano la scuola. La situazione è particolarmente critica nelle ampie aree rurali del Paese. In alcune zone l’accesso all’istruzione è impedito dal conflitto in corso, poiché sono stati registrati attentati alle scuole, utilizzate come centri di registrazione degli elettori e seggi per le elezioni parlamentari. Conseguentemente, un quarto della forza lavoro è disoccupato e la maggior parte dell’occupazione è insicura. La creazione di posti di lavoro non è stata in grado di tenere il passo con la crescita della popolazione e buoni posti di lavoro sono pochi e rari. La migrazione interna rimane alta, dovuta all'attuale conflitto  che registra un intenso livello di violenza nonostante le negoziazioni in corso. Secondo l’UNHCR gli sfollati interni ammontavano a più di due milioni di persone alla fine del 2018, cifra in aumento esponenziale dagli anni precedenti, anche a causa della malnutrizione, il lavoro minorile e il minore accesso alle cure mediche registrato nelle zone di conflitto. Tra i profughi, oltre alle vittime, si contano anche coloro che hanno abbandonato la propria casa in seguito alle forti siccità che hanno colpito le zone del sud-ovest afghano e i rimpatri forzati provenienti da Paesi esteri. Nonostante ciò l’Afghanistan resta uno dei paesi paesi di provenienza principali dei rifugiati nel mondo, secondo solo alla Siria, che da qui ottengono asilo principalmente in Pakistan e in Iran.

Diritti

L’Afghanistan ha ratificato numerosi trattati e convenzioni internazionali sui diritti umani, comprendenti i diritti civili, politici, economici, sociali e culturali e in maniera specifica la discriminazione raziale, il trattamento dei rifugiati, dei civili in guerra e i diritti dei minori di età. Tuttavia, attualmente il Paese sta affrontando molte sfide per l’implementazione dei diritti fondamentali, il cui rispetto varia molto su base regionale. L’Afghanistan Public Policy Research Organization (http://appro.org.af/wp-content/uploads/2017/03/312474752-2016-04-30-ARM-Baseline-Assessment.pdf) identifica gli ostacoli maggiori nell’instabilità economica, la lotta contro l’insurrezione, contro la criminalità, l’impunità e la corruzione. In queste condizioni, i più vulnerabili sono le donne, le minoranze, gli sfollati e i bambini. Nell’immaginario collettivo le nozioni di democrazia e di diritti umani restano associati ai valori occidentali e all’imposizione straniera, contrapposta alla legge islamica che è stata alla base della società afghana per molto tempo. La libertà di espressione si limita a quegli individui disposti ad affrontare minacce o aggressioni da parte dei potenti. Le donne, inoltre, rischiano l’accusa di corruzione morale, considerata “peggio della morte”. Nonostante la partecipazione femminile sia al processo politico che a quello lavorativo abbia conosciuto un netto miglioramento dalla caduta dei talebani, la concessione di diritti alle donne continua ad esser considerata una minaccia ai valori tradizionali della società. La stessa libertà di movimento è limitata dall’obbligo di ottenere il permesso dell’uomo o di avere un accompagnatore, e dall’obbligo di indossare il burqa. Il principale problema resta comunque la disoccupazione, che porta all’inevitabile dipendenza femminile da quella maschile. La povertà e la disoccupazione persistente e crescente hanno portato alla diffusione del lavoro minorile in diverse province. Nei casi più gravi, i diritti dei bambini vengono violati tramite il lavoro fisico pesante, come nella produzione di mattoni; tuttavia gli impeghi più diffusi sono nel settore agricolo. In alcune province, la percentuale di minori impiegati in qualche attività lavorativa sfiora addirittura il 70%. Per quanto riguarda i diritti sociali, l’assistenza sanitaria varia da provincia e provincia, ma generalmente è considerata insufficiente, soprattutto nelle zone rurali, e affetta da corruzione. L’insicurezza alimentare ha raggiunto tassi allarmanti, causando la conseguente vendita forzata di terreni e i matrimoni tra minori, costretti ad abbandonare la scuola.

Economia e Risorse

L’Afghanistan è considerato un Paese a basso reddito, con condizioni socioeconomiche peggiori rispetto ad altre situazioni di conflitto nel mondo. I recenti avvenimenti politici hanno causato un andamento altalenante nella crescita economica. Fino alla transizione politica del 2014, la sicurezza generale del Paese poteva considerarsi relativamente stabile, così come la crescita economica. Tuttavia, le elezioni hanno causato una perdita di fiducia verso le istituzioni a causa dell’indebolimento della sicurezza nazionale e della riduzione degli aiuti esterni in questo ambito, determinando quindi un rallentamento dell’economia. Dal 2017 si registra una graduale ripresa economica, alimentata principalmente dal settore agricolo e dai servizi. La qualità della vita degli afghani, tuttavia, rimane ad un livello di degrado dovuto a fattori sociali come la forte insicurezza e la difficoltà di partecipazione delle donne alla vita civile, ma soprattutto a causa della forte insicurezza alimentare legata alle gravi siccità degli ultimi anni. L’economia di guerra del Paese è interamente finanziata dall’esterno mentre quella informale si regge sul traffico di oppiacei. La produzione di oppio è infatti in continua crescita e le stime gli assegnano un valore nel mercato afghano pari circa al 20-30% del PIL. In confronto, il valore dell’agricoltura lecita ammonta al 18% del PIL. La forte crescita della produzione dell’oppio è incentivata dal persistere di uno stato di diritto debole, dal facile accesso alle rotte commerciali e soprattutto dalla carenza di opportunità professionali alternative. L’indice di povertà continua dunque a salire, coerentemente alla decrescita del salario medio pro capite. In relazione a ciò, l’Afghanistan Living Conditions Survey mostra un picco nella percentuale di popolazione che vive sotto la soglia di povertà, che consiste in più della metà della popolazione afghana (54% circa del totale nel 2018). Le proiezioni attuali non prevedono un progresso eccezionale nella lotta alla povertà: il conflitto e l’instabilità continuano a influenzare profondamente i prospetti di sviluppo economico in Afghanistan. In particolar modo l’insicurezza e gli sfollamenti interni, in aggiunta a fattori strutturali come la crescita demografica galoppante e la conseguente incapacità del mercato del lavoro e del settore educativo di reggerne il ritmo, sono le cause immediate del sottosviluppo del Paese. Si prevede un’accelerazione della crescita economica fino al 3.7% circa entro il 2021, ma con una crescita della popolazione pari al 2.7%; il dato sull’economia risulta tuttavia insignificante per il miglioramento della qualità di vita degli afghani e per i posti di lavoro, che risultano insufficienti per i 400mila giovani che ogni anno debuttano nel mondo lavorativo.   Le esportazioni dall’Afghanistan procedono a basso ritmo a causa della limitata produzione agricola e una piccola base manufatturiera, ma tuttavia in crescita dal 2018 grazie alla creazione di nuove tratte commerciali con l’India e il Pakistan. I principali prodotti esportati sono la frutta e le noci. Le importazioni, anch’esse in aumento, si rendono necessarie soprattutto a causa della siccità che limita in maniera importante la produzione agricola. La Cina tiene sotto controllo i principali giacimenti di minerali che, nonostante siano di difficile estrazione, si considerano un mercato in espansione. Il futuro economico dell’Afghanistan è altamente sensibile al livello e alla modalità dei flussi di aiuti. Le sovvenzioni dall’esterno sono in crescita dal 2018 e sono stimate al 40% del PIL del Paese. Gli aiuti vanno a finanziare non solamente il settore della sicurezza ma anche più di metà delle spese di bilancio.

Ambiente

Oggi, principalmente a causa di decenni di caos politico e conflitti, l'Afghanistan è in uno stato di grave crisi ambientale. Anche se dopo la caduta dei talebani sono stati apportati alcuni miglioramenti normativi, come la creazione dell'Agenzia nazionale per l'ambiente (NEPA) nel 2005 e l'approvazione della prima legge ambientale nazionale nel 2007, è necessario fare molto di più. Secondo Afghanistan Online (https://www.afghan-web.com/environment/), i principali problemi ambientali oggi per l'Afghanistan sono il degrado del suolo, l'inquinamento dell'aria e dell'acqua, il ritmo allarmante della deforestazione, il pascolo eccessivo, la desertificazione e il sovrappopolamento delle fragili aree urbane. La maggior parte della popolazione afghana non ha accesso all’acqua potabile a causa della contaminazione delle risorse idriche con i rifiuti industriali e domestici. Il riscaldamento globale è la principale causa della siccità poiché causa lo scioglimento dei ghiacciai, prosciugando le zone umide e causando la morte della vegetazione e della fauna di ampie zone. Questo determina inoltre l’erosione del suolo e la desertificazione dei campi. In un Paese dove l’80% della popolazione è impegnata nell’agricoltura e nell’allevamento, i cambiamenti ambientali rendono le basi della società vulnerabili ed estremamente suscettibili alle carenze idriche. Attualmente, solo circa il 2% dell’Afghanistan è coperto da foreste, che a loro volta rischiano di sparire entro i prossimi 30 anni. Tra le principali cause di questa carenza si elencano: il disboscamento illegale legato al traffico di legname, la guerra e la deforestazione per esigenze energetiche e di estensione urbana. La mancata tutela delle foreste afghane comporta un danneggiamento della biodiversità e della qualità del suolo e dell’aria. L’inquinamento atmosferico è infatti diventato un problema nelle principali aree urbane. I cambiamenti climatici stanno avendo gravi ripercussioni sulla popolazione e sugli ecosistemi dell'Afghanistan, rendendolo uno dei Paesi più vulnerabili del mondo. Le previsioni sui cambiamenti climatici come la variazione delle precipitazioni e della temperatura porteranno a una minore produttività dell'agricoltura, frane, siccità, aridificazione e ad un inasprirsi della sicurezza alimentare della popolazione.

Fonti e Approfondimenti

https://www.cia.gov/library/publications/the-world-factbook/geos/af.html

http://documents.worldbank.org/curated/en/985851533222840038/pdf/129163-REVISED-AFG-Development-Update-Aug-2018-FINAL.pdf

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