L’intensificarsi della violenza e delle atrocità dell’organizzazione terroristica Boko Haram in Nigeria si è abbattuta più ferocemente sulle donne del paese. I rapimenti e la conseguente schiavitù delle donne da parte di Boko Haram sono costanti e solo il rapimento di quasi 300 studentesse nella città di Chibok nel 2014 ha finalmente attirato l’attenzione dei media internazionali sull’organizzazione terroristica.
#BringBackOurGirls: Boko Haram e i rapimenti di donne
Nel 2014 Boko Haram controllava la maggior parte dei territori della Nigeria nordorientale. L’organizzazione terroristica ha attaccato e, in alcuni casi, ”governato” più di 130 villaggi e città, dove ha imposto la sua interpretazione della Shari’a. I miliziani di Boko Haram hanno perpetrato uccisioni, raso al suolo e saccheggiato case, imprese, scuole, chiese, mercati e strutture sanitarie negli Stati federati di Borno, Yobe e Adamawa. Dal 2009 al 2014 l’organizzazione terroristica ha distrutto almeno 211 scuole nel solo Stato di Borno e rapito più di 500 donne e ragazze, di queste almeno 100 sono fuggite. Alcune delle donne rapite hanno subito diversi abusi: violenze sessuali, matrimoni forzati e conversioni forzate.
Il 14 aprile del 2014 l’organizzazione ha messo in atto il più grande rapimento di ragazze avvenuto finora: Boko Haram ha catturato 276 studentesse di una scuola secondaria gestita dal governo a Chibok, nello Stato di Borno. La notizia del rapimento ha avuto una rapida diffusione suscitando la campagna social media #BringBackOurGirls, un grido internazionale per il rilascio delle studentesse. L’atteggiamento del governo, verso il rapimento ed il movimento, viene esemplificato dall’arresto nel maggio 2014 di due donne che avevano guidato le proteste di Abuja, la capitale nigeriana. Gli attivisti sostengono che sia accaduto per il volere della moglie dell’allora presidente Goodluck Jonathan. Patience Jonathan ha infatti accusato le donne di aver messo in cattiva luce il governo del marito. Il rapimento di Chibok ha rappresentato uno spartiacque importante: prima del rapimento i funzionari del governo del nord-est della Nigeria negavano l’esistenza dell’insurrezione di Boko Haram e dei rapimenti delle donne.
Purtroppo queste non sono state né le prime, né le ultime ragazze rapite da Boko Haram. Nonostante l’indignazione internazionale seguita alla campagna #BringBackOurGirls, i rapimenti non si sono fermati. Un caso analogo a quello della scuola di Chibok è accaduto il 19 febbraio 2018: i miliziani di Boko Haram hanno rapito 110 ragazze tra gli 11 e i 19 anni in una scuola femminile di Dapchi, nei pressi del confine Nord-Est tra Nigeria e Niger. L’obiettivo dell’organizzazione, in questo caso, erano le ragazze più piccole in quanto nella scuole di Dapchi erano presenti classi inferiori rispetto alla scuola di Chibok. La ragione è da ritrovare nel fatto che Boko Haram “seleziona” ragazze molte giovani e donne anziane per usarle negli attentati terroristici, mentre le ragazze in età da concepimento, tra i 14 e i 19 anni, vengono ritenute più utili per la procreazione. Il destino delle ragazze catturate da Boko Haram può assumere due tragiche alternative: diventare delle bambine kamikaze o essere usate per la procreazione.
Vivere sotto Boko Haram: le testimonianze delle donne rapite
Le donne rapite da Boko Haram sono state costrette a vivere al fianco dei miliziani per giorni o mesi prima di riuscire a fuggire. Spesso alle ragazze rapite sono stati assegnati compiti domestici, come cucinare, mentre altre sono state costrette a sposarsi ed a fare sesso con i membri di Boko Haram. Si ritiene quindi che Boko Haram stia cercando di “sostituire” le famiglie che i combattenti hanno dovuto lasciare quando l’esercito nigeriano ha costretto i miliziani a lasciare i villaggi ed a rifugiarsi nella boscaglia. Le ragazze di fede cristiana, inoltre, sono state costrette a convertirsi all’Islam mentre, in alcune occasioni, le donne musulmane sono state lasciate andare. Ciò sta avendo effetti sulle tensioni storiche che vi sono in Nigeria tra le comunità cristiane e quelle musulmane in quanto le azioni di Boko Haram stanno aggravando la situazione.
Una delle testimonianze delle donne rapite da Boko Haram vede protagonista una giovane donna di 19 anni che è stata rapita poco dopo gli eventi di Chibok insieme al suo bambino e ad altre 5 ragazze. La donna è stata costretta a dormire sotto un albero ma una notte venne svegliata da uno dei miliziani che l’ha condotta in un cespuglio buio. Il miliziano l’ha fatta sdraiare per terra con il suo bambino al lato. Lei ha cominciato a piangere ed a pregare di non farle del male. Lui disse: “O ti uccido o faccio a modo mio”. Poi la violentò. Il giorno dopo i miliziani la liberarono dopo che lei finse di convertirsi dal cristianesimo all’Islam.
Un’altra ragazza che ha avuto il coraggio di raccontare la sua esperienza aveva 18 anni quando è stata rapita e tenuta prigioniera per tre mesi. La ragazza ha interagito direttamente con il leader di una cellula di Boko Haram ed aveva informazioni dettagliate su come funzionava il campo, sul fatto che si trovava a Gwoza e sul rapporto con il principale campo di Boko Haram nella foresta di Sambisa. Aveva anche informazioni su come Boko Haram controllava i gruppi di sicurezza. Uno dei peggiori ricordi della ragazza è stato il momento in cui l’organizzazione terroristica l’ha usata come esca per attirare nuovi combattenti o vittime. Boko Haram le chiese di trovare uomini cristiani e di portarli nella boscaglia in modo da poterli rapire. Una volta tornati al campo hanno chiesto loro di rinunciare al cristianesimo, di accettare l’Islam e di diventare membri di Boko Haram. Quando si rifiutarono, i miliziani cominciarono a tagliare le gole spargendo sangue dappertutto. La ragazza è scappata, ma il suo calvario è tutt’altro che finito. Secondo altre ragazze sfuggite a Boko Haram, i ribelli la stanno cercando. Credono che sia incinta del figlio del loro capo e vogliono il bambino. Si sposta di casa in casa quasi ogni notte, sperando che i miliziani non la trovino.
A queste testimonianze si aggiungono quelle delle ex-prigioniere che hanno riconosciuto i volti delle compagne di prigionia tra gli attentatori. Ciò ha confermato che Boko Haram ha costretto alcune delle donne e ragazze rapite a partecipare alle operazione militari come kamikaze.
La vita dopo l’inferno: trauma e stigma nelle donne rapite da Boko Haram
Se vivere sotto la prigionia di Boko Haram non è stato facile, il ritorno nei propri villaggi nella maggior parte dei casi è stato un vero incubo. Oltre al trauma personale delle donne, il ritorno alla vita quotidiana è reso difficoltoso dal persistere di credenze animistiche in Nigeria, che inducono parte della popolazione a credere che, dopo essere stata ostaggio dei miliziani, la donna possa essere portatrice di demoni maligni. Esiste poi la paura che alcune di esse possano essersi effettivamente radicalizzate durante la prigionia, trasformandosi a loro volta in terroriste. Spesso i villaggi si riferiscono alle fuggitive come “mogli di Boko Haram” e sempre più frequentemente le ragazze optano per vivere in un rifugio lontano dal villaggio in modo da poter vivere nell’anonimato.
La situazione viene quindi aggravata dalla cultura del silenzio, dello stigma e della vergogna che circonda l’abuso sessuale nelle zone religiosamente conservatrici della Nigeria settentrionale. Ciò ha aggravato il trauma ed ha dissuaso molte ragazze dal cercare aiuto. Per molte inoltre, l’assistenza medica è stata pagata dai genitori. Le istituzioni non hanno supportato le ragazze rapite e la polizia od i rappresentanti del governo non hanno quasi mai tentato di ottenere delle testimonianze dalle ragazze che sono scappate. Il governo dovrebbe garantire che le ragazze e le donne rapite ricevano le necessarie cure fisiche e psicologiche in quanto si tratta di donne che hanno subito atti terribili che potenzialmente potrebbero condizionare il resto della loro vita. Dopo la fuga da Boko Haram nelle ragazze sono sorte nuove paure, alimentate dalla vergogna provata dall’intera esperienza e dal fatto che le famiglie non sono protette dagli attacchi vendicativi di Boko Haram. Inoltre, molte famiglie hanno lasciato il villaggio per lo stigma.
Gli sforzi del governo per proteggere la popolazione dagli attacchi di Boko Haram sono stati insufficienti. Il problema è grave, molte famiglie nigeriane nello Stato del Borno, anche per evitare lo stigma che hanno ricevuto le sopravvissute, sempre più frequentemente scelgono di far partire le ragazze con pochi mezzi per proteggersi e pochi soldi, sperando che in questo modo non siano le prossime vittime di Boko Haram.
La Nigeria nel 1985 ha ratificato la Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione della donna (CEDAW) del 1979: la violenza di Boko Haram contro le donne e la mancata assistenza nazionale rappresentano una grave violazione dei diritti sanciti dalla convenzione.
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Fonti e Approfondimenti
Human Rights Watch – World Report 2015: Nigeria, events of 2014
Orsini A., a cura di (2019). Il terrorismo in Africa. Roma: Luiss University Press.
Security Council – Conflict-related sexual violence S/2015/203
UNICEF – Silent Shame: Bringing out the voices of children caught in the Lake Chad crisis
Human Rights Watch – #BringBackOurGirls but Also #HelpTheEscaped
Vice-presidente Large Movements APS | Climate Change e Migration Specialist | Dottore in Relazioni Internazionali | Blogger in Geopolitica, Geoeconomia e tematiche Migratorie | Referente LM Environment
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