Makoko, conosciuta anche come Venezia nera o Venezia d’Africa, si trova nella periferia di Lagos, in Nigeria, ed è tra i 10 slum più grandi del mondo, posizionandosi al nono posto con 110 mila abitanti stimati. Venne fondata nel 19° secolo come villaggio di pescatori da immigrati del gruppo etnico Egun ma quando la popolazione aumentò, con il conseguente esaurimento della terra, questi si trasferirono sull’acqua costruendo case poggianti su palafitte e collegate da passarelle. Per questo motivo è conosciuto anche come lo slum galleggiante più grande del mondo. Ad oggi ospita persone provenienti da varie comunità fluviali lungo la costa della Nigeria.
Makoko è un incredibile angolo di mondo costituito da stretti canali solcati da miriadi di canoe e sovente si possono vedere i bambini a galla dentro grandi bacinelle colorate.
La stragrande maggioranza degli abitati vive in stato di povertà ed è costretta ad ingegnarsi in molteplici attività per poter sfamare la famiglia: pescatori, “gondolieri”, riparatori di canoe, affumicatori o venditori di pesce. La voglia di vivere però è più forte di tutto, cosi come la voglia di divertirsi in compagnia e fare feste. Solitamente in piccoli gruppi, poiché la terra è poca, gli abitati di questo dinamico slum si riuniscono in uno dei pochi spazi all’asciutto dove c’è la sabbia o nella chiesa sulla terraferma per concludere la giornata.
Uno slum composito diviso tra terra e acqua
L’area conosciuta come Makoko è in realtà composta da 6 distinti villaggi: quattro comunità sono sull’acqua e sono Oko Agbon, Adogbo, Migbewhe, Yanshiwe, mentre Sogunro e Apollo si trovano sulla terra. Tutte le comunità sono però unite dall’acqua, da cui dipendono per il sostentamento, e dalla lingua Yoruba, la quale vien usata come lingua franca per un insediamento dove si parlano più lingue come ad esempio il Francese, l’Inglese e l’Egun. A presiedere il lungomare vi sono i capi locali, conosciuti come Baales. Uno dei più importanti è quello della comunità di Adogbo in quanto il suo territorio contiene le uniche due scuole primarie di Makoko: la Whanyinna Nursery and Primary School, fondata nel 2008, e la scuola galleggiante. Quest’ultima è stata costruita usando la manodopera locale con il sostegno finanziario dell’UNDP, diventando l’edificio più famoso e popolare dello slum ed un simbolo per una comunità che vuole vivere sull’acqua.
La resistenza della Comunità di Makoko
Makoko viene visto come un incubo dal governo statale. Questo infatti vorrebbe restituire un’immagine di una Lagos all’avanguardia e simbolo dello sviluppo africano e di fatto il governo preferirebbe nascondere questo slum alla vista di tutti coloro che volano in città per fare affari. Makoko si trova sotto il terzo ponte principale che collega l’isola di Lagos alla terraferma (si tratta della via più veloce che collega il centro all’aeroporto) e l’amministrazione è sempre pronta a perseguire soluzioni apparentemente “facili” ed irrispettose della vita di chi abita nello slum.
Nel 2012, quattro giorni dopo che il Ministero per lo sviluppo delle infrastrutture aveva emesso un avviso di sfratto entro le 72 ore per i residenti dello slum, una banda di uomini armati di machete hanno messo sotto assedio Makoko. Secondo il Social and Economic Action Rights Centre (SERAC), il giorno seguente sono arrivati i demolitori che hanno dato fuoco alle strutture prese di mira mentre, al contempo, veniva schierata la polizia armata. Quest’ultima avrebbe sparato indiscriminatamente sulla folla causando la morte di un residente e la conseguente sospensione delle operazioni di demolizione da parte degli operai. Era oramai troppo tardi: 30 mila persone erano già rimaste senza casa. Purtroppo non si è trattato di un caso isolato e, negli ultimi anni, ad essere uno degli obiettivi più colpiti è stata Badia, un insediamento paludoso ai margini del porto Apapa.
Dopo gli eventi del 2012 vi è stata una forte reazione e due mesi dopo la Urban Space Innovation, partner del SERAC, ha iniziato a lavorare su un piano di rigenerazione per Makoko volto ad offrire un modello di sviluppo guidato dalla comunità e centrato sulle persone. Tale piano è stato presentato nel gennaio del 2014 al Ministero della pianificazione urbana dello Stato di Lagos ed ha ottenuto due importanti vittorie: la sospensione – per lo meno temporanea – degli sgomberi forzati ed il delineamento di strategie utili alla riqualificazione di Makoko in una comunità vivibile e sostenibile. Ciò però non vuol dire che Makoko sia fuori pericolo. Lo slum rischia di condividere lo stesso destino che il governo nigeriano ha riservato a Badia Est – rasa al suolo per la costruzione di grattacieli – o di Bar Beach – oggetto di un progetto di bonifica che vuole trasformare 9 km quadrati di Oceano Atlantico in una mini-città residenziale e commerciale chiamata Eko Atlantic. Come molte altre città nel mondo, Lagos è “affamata di terra” ed oggetto di speculazioni immobiliari. In altre parole, Makoko rischia di essere demolita – ed i suoi abitanti sfrattati – per far posto a condomini e ville con prezzi alla portata solamente della ricca borghesia di Lagos.
Le sfide sanitarie e il pericolo COVID nello slum di Makoko
Nonostante Makoko si trovi su una laguna le più grandi sfide sanitarie non sono rappresentate da malattie come il colera. Gli abitanti dello slum infatti, ancora prima della pandemia, fronteggiavano i rischi legati alla malaria, alle malattie respiratorie, alla malnutrizione e, in assenza di cure prenatali, al parto.
I più grandi rischi sono legati però all’assenza di ospedali. Solamente nel gennaio 2011 Medici Senza Frontiere ha aperto una clinica galleggiante che è rimasta aperta meno di un anno. Ad oggi lo slum di Makoko è servito da una rete di cliniche informali e non registrate, che si occupano di problemi sanitari di base, nonché da un certo numero di assistenti al parto tradizionale che, facendo nascere i bambini di Makoko seguendo delle regole tribali, hanno aumentato ancor di più i livelli di mortalità materna.
A prima vista, la popolazione di Makoko potrebbe essere considerata ad estremo rischio di COVID 19 poiché l’igiene ed il distanziamento sociale rappresentano una seria sfida in questo agglomerato. Il Nigerian Centre for Disease Control (NCDC) a dicembre 2021 afferma che in tutto lo Stato del Lagos ci sono stati 92,718 di casi confermati dai laboratori, 11,895 di casi confermati in ospedale e 760 morti legati al COVID. A ciò si aggiunge la notizia del dicembre 2021 secondo cui la Nigeria ha distrutto più di un milione di dosi di vaccini Astrazeneca scaduti. Questi erano stati donati al Paese quando erano già in scadenza ed il governo, non riuscendo ad usarli in tempo, ha dichiarato che non accetterà più vaccini con una breve durata di conservazione. La situazione risulta non essere semplicissima in Nigeria, oltre alla probabile scarsità di dati e le difficoltà di mappatura dei casi sul territorio nazionale, occorre rilevare che meno del 4% degli adulti (su una popolazione di oltre 200 milioni di abitanti) è stato completamente vaccinato.
Nonostante ciò, le principali preoccupazioni di pescatori e venditori di pesce sono: la fame e la minaccia sempre incombente di sfratto.
Con l’ulteriore riduzione dei salari percepiti dai cittadini nigeriani a causa della pandemia infatti, in tutto il Paese ora preoccupa la sicurezza alimentare di milioni di persone.
Il governo sta tentando di correre ai ripari aumentando il sostegno di alcuni dei gruppi più vulnerabili del Paese. Ad esempio, il Ministero degli affari umanitari, della gestione dei disastri e dello sviluppo sociale sta cercando di fornire razioni di cibo agli studenti con il supporto tecnico del World Food Programme ad Abuja ed a Lagos.
A Makoko le sfide sono sempre più alte e gli abitati devono mantenere più fonti di reddito per sopravvivere. A mero titolo di esempio, una delle sarte dello slum deve aiutare la madre a vendere prodotti alimentari non deperibili ed affumicare il pesce da vendere per poter guadagnare il minimo indispensabile alla sopravvivenza.
Dato il tipo di economia che si è instaurato nello slum, il mercato del pesce di Makoko rappresenta il cuore pulsante della comunità dove le famiglie comprano il cibo di cui hanno bisogno per mangiare o dove si guadagnano da vivere.
Durante il lockdown duro a seguito della prima ondata di COVID 19, anche la vita degli abitanti di Makoko si è fermata a causa della chiusura dei mercati facendo diventare il razionamento dei pasti è diventata la nuova normalità.
Ad interessare la comunità di Makoko sono soprattutto gli effetti della contrazione economica. Ad esempio, alla mancanza di reddito causata dalla chiusura si è aggiunta l’impossibilità, per le famiglie che non hanno una canoa, di pagare le tariffe ai canoisti per mandare i figli a scuola. In altre parole la pandemia ha ridotto quel lavoro informale che sosteneva la vita nello slum di Makoko, diminuendo i redditi e mettendo ancora più a rischio la sicurezza alimentare di migliaia di persone.
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Fonti e approfondimenti
T. Ogunlesi, Inside Makoko: danger and ingenuity in the world’s biggest floating slum, in The Guardian, 23 febbraio 2016.
K. Okporua, Lagos, Nigeria: Coronavirus is the least of concerns in the ‘Venice of Africa’, in World Food Programme, 9 giugno 2020.
A. Salza, Nigeria: Makoko, lo slum liquido, in Africa Rivista, 15 maggio 2018.
The Map Report, Nigeria: galleggiando nei canali di Makoko, 8 luglio 2020.
J.L. Baker, Climate Change, Disaster Risk, and the Urban Poor : Cities Building Resilience for a Changing World. Urban Development, Banca Mondiale, 2012.
Vice-presidente Large Movements APS | Climate Change e Migration Specialist | Dottore in Relazioni Internazionali | Blogger in Geopolitica, Geoeconomia e tematiche Migratorie | Referente LM Environment