Il collasso dell’economia in Venezuela ha determinato una serie di congiunture interne al paese causando quello che oggi è il più grande fenomeno migratorio della storia latinoamericana.
Come in ogni crisi, i gruppi sociali più vulnerabili sono quelli a risentirne maggiormente. Tra questi ci sono le donne, esposte a una cultura patriarcale fatta di violenza e minori possibilità occupazionali. Il Covid-19 ha complicato inoltre l’accesso alle cure alle donne venezuelane le quali, già prima della pandemia, presentavano specifiche necessità in termini di salute sessuale e riproduttiva.
Genere e salute nelle politiche sociali venezuelane
Dal 2003 sono state promosse in Venezuela una serie di politiche sociali conosciute come Misiones Bolivarianas. Le Misiones hanno obiettivi differenti: dalla lotta contro la povertà ai programmi di alfabetizzazione, dalla salute all’acceso al credito, dall’implementazione di attività culturali e politiche a quelle in sostegno della popolazione indigena e dell’ambiente.
Misión Barrio Adentro e Misión Madres de Barrio sono però le due iniziative che hanno definito negli anni il ruolo della donna e del sistema sanitario venezuelano. La prima ha determinato l’edificazione di ambulatori nelle zone rurali e urbane più depresse del paese, la seconda, invece, ha come genesi una giustificazione costituzionale.
L’art. 88 della Costituzione venezuelana, infatti, sancisce il riconoscimento sociale di una leadership femminile nella gestione e nella cura del nucleo famigliare. Lo sfondo ideologico di Madres del Barrio che mira all’indipendenza femminile è stato poi tradotto in trasferimenti monetari a sostegno delle donne disoccupate.
Tuttavia, se da un lato il riconoscimento del lavoro domestico può essere considerato una conquista per i diritti delle donne, dall’altro si ammette l’esistenza di una differenza fra sessi nei ruoli sociali che tralascia, così, la multidimensionalità dell’essere donna.
Alcuni dati sulla salute femminile in Venezuela
Più che le politiche sociali, sono i dati che aiutano a comprendere la reale situazione delle donne venezuelane alla luce e della crisi venezuelana e dell’emergenza Covid-19.
Pertanto, è possibile ricostruire un quadro generale ed obiettivo sulla salute delle donne venezuelane attraverso i report della società civile e delle organizzazioni internazionali. Da anni, infatti, non vengono pubblicate a riguardo cifre ufficiali governative.
Prima di tutto, è opportuno chiarire in che stato si trova oggi il sistema sanitario venezuelano. La Encuesta Nacional de Médicos y Estudiantes de Medicina del 2017 ha rivelato che il 40% degli immatricolati nelle università di medicina venezuelane ha lasciato il paese determinando un’importante diminuzione di tale capitale umano. A questo si somma: un 70% delle strutture ospedaliere con disponibilità intermittente di acqua, un 63% di ospedali senza energia elettrica e un 50% dei laboratori diagnostici non è operativo.
Rispetto alla prospettiva di genere, invece, la realtà sopra descritta si complica ulteriormente in tema di salute sessuale e riproduttiva. L’UNFPA segnala che il Venezuela è oggi il terzo paese con il maggior tasso di fecondità in età adolescenziale in America Latina e Caraibi solo dopo Ecuador e Honduras. Human Rights Watch ha riportato che la mortalità infantile in Venezuela è aumentata del 30%, quella materna del 60%. Equivalencia en Acción, una coalizione della società civile venezuelana, ha denunciato che negli ospedali e nelle farmacie nazionali si sfiora il 100% di irreperibilità di metodi contraccettivi in un paese dove l’aborto è ancora illegale.
Pertanto, la possibilità di pianificazione familiare risulta essere piuttosto difficile in Venezuela. Ciò potrebbe comportare un aumento di aborti clandestini, rischiosi per la vita della donna. Inoltre, l’incremento delle gravidanze in età adolescenziale pregiudica il proseguimento degli studi e l’inserimento regolare delle donne nel mercato del lavoro.
Le conseguenze sulle donne venezuelane
Data la crisi umanitaria del Paese, chi è nelle condizioni economiche e fisiche adeguate, sceglie principalmente di abbandonare il Venezuela. Tuttavia, una volta arrivati nel nuovo paese, l’accesso alle cure non è un processo immediato.
Per esempio, in Colombia, primo paese di destino con quasi 2 milioni di venezuelani nel territorio, la situazione è alquanto complessa. Per ottenere l’accesso al sistema sanitario è necessario che il migrante abbia uno status migratorio regolare. Nonostante hay que quitarse el sombrero per come la Colombia abbia gestito gli ingressi dei venezuelani, il sistema di acceso alle cure è ancora troppo rigido per migliaia di migranti non regolarizzati.
Ad esempio, la regolarizzazione mediante il PEP, che permetterebbe l’affiliazione a un’assicurazione medica colombiana, non è possibile per il venezuelano privo di un documento d’identità o entrato i Colombia per i punti non autorizzati.
In particolare, riguardo alla popolazione venezuelana negli ospedali, 7 persone su 10 sono donne. Tale dinamica si presenta in tutte le regioni colombiane i cui ospedali registrano tra le richieste principali: assistenza alla gravidanza, al parto e cure per malattie sessualmente trasmissibili. Spesso si tratta di gravidanze a rischio per mancate assistenza prenatale dovuta al collasso del sistema sanitario in Venezuela.
Infine, l’emergenza Covid-19. La pandemia ha complicato ulteriormente le possibilità di accesso a qualche forma di assistenza sanitaria. A confermare ciò, è stata la Conferenza internazionale di solidarietà sulla crisi dei rifugiati e dei migranti venezuelaniorganizzata dalla Spagna e l’Unione Europea svoltasi lo scorso 26 maggio. L’Unione ha donato 9 milioni per contenere il propagarsi del virus e 918 milioni in per i gruppi vulnerabili colpiti dalla pandemia. Tra questi rientrano migliaia di donne venezuelane che dal 2014 continuano a migrare alla ricerca del loro diritto alla salute.
Fonti e approfondimenti
https://www.encuestanacionaldehospitales.com/2019
https://avesawordpress.files.wordpress.com/2019/05/mujeres_limite_a4web.pdf
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