Sfortunatamente, le violenze di genere non sono più utilizzate solo come arma di guerra, come avvenuto per gli abusi sistematici di tanti conflitti del passato, da quelli in Jugoslavia, alla Cecenia, sino ad arrivare agli abusi sulle donne siriane, fortemente contrastati anche dalla Corte Penale Internazionale che annovera lo stupro tra i crimini di guerra. Allo stesso modo attivisti e attiviste come Zainab Salbi, fondatrice di Women for Women International si sono sempre battuti contro l’uso di questa pratica. Eppure, sempre più spesso lo stupro sta diventando sistematico anche sulle rotte migratorie.
Come ben sappiamo, la rotta migratoria che porta, infine, ad attraversare il Mediterraneo Centrale, non è un luogo sicuro per migranti e rifugiati. Questi, soprattutto nell’ultimo paese prima dell’attraversamento del grande bacino Mediterraneo, la Libia, vengono arbitrariamente e sistematicamente sottoposti a torture, maltrattamenti, e soprattutto stupri e violenze sessuali, oltre alla detenzione per tempi indefiniti ed ai lavori forzati. Di cui abbiamo anche parlato nel comunicato stampa per la Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.
Eppure, nessuno viene risparmiato in Libia. I migranti, infatti, vengono rinchiusi in centri di detenzione, legali od illegali, sotto la giurisdizione governativa oppure delle truppe armate dell’area. Tristemente famosi sono i centri di Tajoura ed Al-Mabani, noti per torture, maltrattamenti, lavori forzati, sfruttamento e decessi in circostanze sospette. Secondo il Report di Amnesty anche ad al-Zawaiya, sempre a Tripoli, le donne trasferite nel centro di detenzione riportano che “guardie di sesso maschile sottoponevano le detenute a stupri, altre forme di violenza sessuale e torture, costringendole a rapporti sessuali in cambio di cibo o della libertà e picchiando duramente chi opponeva resistenza”.
Le violenze non si fermano solo a questi centri, ma sono ormai sistematiche di tutto un regime libico contro i rifugiati ed i migranti. Il rapporto di UNHCR e del Mixed Migration Center del Danish Refugee Council, intitolato “In questo viaggio, a nessuno importa se vivi o muori” sottolinea come donne e bambine, ma anche uomini e bambini, siano ad elevato rischio di diventare vittime di stupri e violenza sessuale e di genere anche presso i check-point, le aree di frontiera e le traversate del deserto. Tra il 2018 e il 2019 circa il 31% delle persone intervistate dal Mixed Migration Centre hanno assistito o sono sopravvissute a episodi di violenza sessuale e hanno subito tali aggressioni in più località. Tra i primi responsabili delle violenze in Africa settentrionale e orientale, risultano i trafficanti, come registrano i dati nel 60% e nel 90% delle rispettive rotte. In Africa occindentale, invece, i principali responsabili, con un quarto degli abusi commessi, vengono identificati nei funzionari delle forze di sicurezza, militari o di polizia. “Molte persone, inoltre, hanno riferito di essere state costrette dai trafficanti a prostituirsi o a soddisfare altre forme di sfruttamento sessuale. Tra gennaio 2017 e dicembre 2019, l’UNHCR ha registrato oltre 630 casi di tratta di rifugiati nel Sudan orientale, con quasi 200 donne o bambine che hanno denunciato di essere sopravvissute a violenza sessuale e di genere.”
Le testimonianze delle sopravvissute raccontano proprio questo dramma, Donne Ieri Oggi e Domani, ad esempio, racconta la storia di Kibra (nome di fantasia), una ragazza Eritrea. “Avevo una gamba rotta, avevo la febbre a causa della frattura e delle ferite, ma mi violentavano lo stesso. Anche nelle condizioni precarie in cui mi trovavo, ferita e sporca, dopo mesi senza potermi lavare. Ci stupravano davanti ai nostri figli piccoli e loro non potevano neanche piangere l’orrore di cui erano vittime. Ci terrorizzavano sempre e ci dicevano che se non riuscissimo a far smettere di piangere i bambini loro li avrebbero ammazzati.”
Sebbene la Libia sia un caso molto noto, la rotta libica non è il solo posto dove le violenze sessuali sulle donne migranti sono ormai diventate sistematiche. La rotta Centro Americana, che porta al confine tra Messico e Stati Uniti passando per infauste città, come quella di Reynosa, è un’altra rotta migratoria che sta destando molte preoccupazioni a causa dell’aumento della violenza sistematica da parte delle maras – le famose bande criminali imperanti nel Centro America – e della elevata frequenza delle violenze sessuali. Infatti, anche Medici Senza Frontiere segnala un incremento dei sequestri di persona ed un’escalation delle violenze nei confronti di migranti e rifugiati. Le testimonianze degli operatori umanitari riportano come i loro pazienti raccontino di rapimenti, torture, violenze estreme, atti di crudeltà ed abusi sessuali commessi al fine di estorsione a cui vengono sottoposti fin dalla partenza, passando per il confine con il Messico in Guatemala, e proseguendo per tutto il loro viaggio. Gli operatori si ritrovano a curare vittime di abusi sessuali e di torture, che hanno subito scosse elettriche ai genitali o all’ano, mentre molti altri testimoniano di essere stati costretti ad assistere agli stupri dei compagni di viaggio.
Anche la foresta di Darién, al confine della Colombia verso Panama, è tristemente famosa. Nel 2021 a Panama si è registrato un aumento degli arrivi di migranti dalla Colombia, attraverso l’infausta foresta. Secondo il Servizio Nazionale della Migrazione di Panama, nei primi 5 mesi del 2021, 15.000 persone hanno percorso questa rotta, arrivando da Haiti, Cuba, paesi africani, Pakistan e Yemen. La rotta è diventata una delle più pericolose al mondo, a causa della geografia del luogo, ma anche delle violenze che sono perpetrate al suo interno. Il modus operandi ricorda pericolosamente quello di altre zone del mondo: gruppi armati che bloccano il cammino dei migranti, perquisiscono gli uomini per rubare anche fino all’ultimo centesimo, e solo dopo anche le donne che poi, successivamente, vengono violentate davanti a tutto il gruppo, senza che gli altri possano intervenire o fare niente a riguardo. Pena, la vita.
La storia di Lucia è una di queste, scappata dal Nicaragua per non sottoporsi alla leva militare obbligatoria, perché non voleva uccidere i suoi stessi concittadini, cerca di arrivare in Messico. “Si soffre molto sulla rotta migratoria. Ho passato notti molto spaventose. Le persone approfittano della tua vulnerabilità. È stato orribile. Ci sono cose terribili che mi sono successe e che preferisco non raccontare o ricordare. Quando sei una donna sola, soffri molto.”
Eppure, non dovrebbe essere così, una donna migrante o rifugiata non dovrebbe dover soffrire su una rotta migratoria solo per il fatto di essere donna. Trovare modi efficaci per rendere sicure le rotte migratorie, e non avallare tali crimini per una mera politica di contenimento della migrazione, è una necessità impellente, come è anche fondamentale che le violenze sessuali lungo le rotte migratorie – e non solamente in caso di abusi perpetrati nel paese d’origine – vengano considerate dalle Commissioni Territoriali nell’audizione per le domande d’asilo. L’immobilità e il silenzio in merito a questo argomento ci renderebbero, allo stesso modo, complici di tali delitti.
Fonti:
https://www.globalist.it/world/2022/03/21/dalla-siria-allucraina-gli-stupri-di-massa-come-arma-di-guerra-viaggio-nellorrore/ https://d21zrvtkxtd6ae.cloudfront.net/public/uploads/2021/07/Libia-Nessuno-verr%C3%A0-a-cercarti.pdf https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/07/29/migranti-72-vittime-ogni-mese-torture-stupri-ed-esecuzioni-la-rotta-africana-e-tra-le-piu-mortali-al-mondo-libia-non-e-luogo-sicuro/5883642/ http://www.donneierioggiedomani.it/7821/Migranti-il-racconto-straziante-delle-donne-che-anno-subito-violenza https://www.meltingpot.org/2019/11/aumentano-abusi-e-sequestri-di-persona-sulla-rotta-migratoria-del-messico-del-sud/ https://www.repubblica.it/solidarieta/profughi/2021/06/17/news/panama_gli_interventi_a_sostegno_delle_persone_migranti_nella_foresta_di_darie_n_per_assisterli_in_arrivo_dalla_colombia-306468177/ https://www.msf.es/actualidad/mexico/lucia-y-hugo-dos-historias-violencia-y-huida-mexico