Nella primavera del 2022 International Support – Human Rights e Large Movements APS hanno deciso di unire le proprie competenze specifiche per portare avanti una campagna di advocacy quanto più possibile estesa per sensibilizzare l’opinione pubblica ed i decisori politici sulle condizioni di vita dei richiedenti asilo e dei rifugiati LGBTQ+ in Kenya.
Spiegazione partenariato e ruoli
L’Organizzazione International Support – Human Rights, è impegnata da oltre 10 anni nella tutela e salvaguardia dei diritti dei rifugiati LGBTQ+ del Kenya e dal 2018, con l’aiuto dei suoi partner e le pressioni internazionali, è riuscita a reinsediarne una parte.
L’associazione ha da sempre lavorato a stretto contatto con il personale UNHCR, cercando di indirizzare l’Agenzia verso il cambiamento per garantire maggiore sicurezza per gli ospiti LGBTQ+ dei suoi campi. International Support – Human Rights si è fatta tramite delle richieste di questa categoria vulnerabile di richiedenti con il Parlamento Europeo ed ha agevolato l’adozione della Risoluzione del 2021 presentata alla Plenaria di Strasburgo. In questo testo, i Paesi europei si sono impegnati a sostenere il Kenya per migliorare le condizioni di accoglienza nei due campi profughi più grandi dell’Africa.
L’Organizzazione, inoltre, è sempre stata in prima linea anche durante le emergenze, inviando soccorsi e richiedendo indagini mirate, come nel caso dell’incendio del 2021 in cui purtroppo ha perso la vita un giovane rifugiato della comunità LGBTQ+.
La decisione di collaborare con questa associazione deriva direttamente dalla mission più ampia di Large Movements APS: creare un network sempre più esteso e solido di associazioni che condividono la stessa metodologia operativa, così da promuovere quel cambio di narrativa – non più demandabile – riguardante il mondo della cooperazione internazionale e dell’inclusione sociale. Questa condivisione metodologica passa anche dalla capitalizzazione delle best practices sviluppate sul campo da altre associazioni, consentendo così di estrapolare lezioni importanti per poter realizzare progetti che abbiano un impatto sociale sempre maggiore.
Per di più, dal momento che uno dei nostri obiettivi a lungo termine è quello di stimolare il dialogo tra istituzioni ed i beneficiari diretti delle politiche migratorie così da realizzare proposte di legge, di intervento o progetti che tengano conto dei bisogni reali delle comunità coinvolte, l’esperienza di International Support – Human Rights in tal senso si rivela fondamentale anche per la formazione e crescita professionale del nostro team.
Nel pieno rispetto della sinergia di lavoro, Large Movements APS ha messo da subito a disposizione del partenariato le proprie competenze in materia di infotainment e di progettazione, così da dar vita ad una strategia di advocacy quanto più possibile innovativa e creativa.
FASE I: Ricerca ed analisi
Grazie al lavoro comune, nell’ultimo anno siamo stati in grado di:
- Analizzare la normativa internazionale che si applica a questa tematica;
- Reperire informazioni sulla situazione attuale in Kenya per la comunità LGBTQ+ attraverso le interviste ai vari attori coinvolti (personale UNHCR, ONG attive sul territorio, rifugiati e richiedenti asilo LGBTQ+, giornalisti d’inchiesta operanti in Kenya, personale polizia kenyota);
- Raccogliere sufficienti prove per circostanziare i racconti dei rifugiati e richiedenti asilo LGBTQ+ in merito alle violazioni dei diritti umani che sono costretti a subire
Di seguito, il risultato di questa prima fase di attività.
Quadro normativo di riferimento
Come premesso, abbiamo avuto modo di raccogliere molte testimonianze e molto materiale che documenta la scarsa protezione della comunità LGBTQ+ residente nel campo di Kakuma, alla luce del quale possiamo affermare che ci sia poca tutela per la categoria delle persone vulnerabili.
Soprattutto con riferimento alle donne lesbiche, i loro bambini, le persone queer disabili e le persone trans, categorie queste maggiormente esposte a violenze e soprusi. I rifugiati della comunità LGBTQ+ subiscono abitualmente violenze ed attacchi.
Tutto questo viola sia la Convenzione sullo Status di rifugiato dell’Onu, che ogni convenzione sottoscritta dal Kenya. Tutte infatti, riconoscono uguali diritti, inalienabili per tutti gli uomini. poiché tali diritti derivano dalla dignità intrinseca della persona umana.
Per agevolare la piena comprensione della gravità della situazione sul terreno kenyota, si citano alcuni articoli e Convenzioni contenenti i principi fondamentali che lo stesso Kenya ha riconosciuto come applicabili a qualsiasi individuo:
- L‘articolo 5 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e l‘articolo 7 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, i quali prevedono che nessuno può essere sottoposto a tortura e/o a trattamenti crudeli, inumani o degradanti o punizioni;
- la Convention on the Elimination of All Forms of Discrimination against Women (Mar 1984) – che stabilisce una serie di norme e principi per eliminare la discriminazione contro le donne in tutte le forme, sia nella vita privata che in quella pubblica -e la Convention on the Rights of the Child (Jan/Jul 1990) – stabilisce i diritti fondamentali dei bambini e delle bambine, compresi il diritto alla vita, alla salute, all’educazione e all’espressione libera;
- la Carta Africana dei Diritti dell’uomo e dei popoli, sottoscritta dal Kenya insieme agli Stati membri dell’Organizzazione dell’Unità Africana.
In questa Convenzione si riconosce che: (i) i diritti umani fondamentali derivano dalle azioni degli esseri umani; (ii) il loro rispetto è essenziale alla garanzia di una vita dignitosa; (iii) la protezione internazionale è strumento fondamentale per l’effettivo godimento degli stessi da parte di tutti; (iv) si ribadisce l’adesione di tutti gli Stati firmatari a tutti i principi dei diritti e delle libertà dell’uomo e dei popoli contenuti nelle Dichiarazioni, nelle Convenzioni e negli altri strumenti adottati dall’Organizzazione dell’Unità Africana, dal Movimento dei Paesi Non Allineati e dalle Nazioni Unite.
- L’articolo 2 della Carta sopracitata afferma “Ogni individuo ha diritto al godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti e garantiti nella presente Carta, senza distinzione alcuna di razza, etnia, colore, sesso, lingua, religione, opinione politica o di altra natura, origine nazionale e sociale, fortuna, nascita o qualsiasi status”. Per completezza si potrebbero aggiungere l’orientamento sessuale e l’identità di genere – in perfetta armonia con le Linee Guida dell’UNHCR sulla definizione di gruppo sociale – ma anche senza questa specifica, il testo dell’articolo appare chiarissimo;
- L’articolo 7 della stessa Carta afferma che “Ogni individuo deve essere uguale davanti alla legge. Ogni individuo ha diritto ad un’uguale tutela da parte della legge”.
Si potrebbero citare tantissime altre fonti del diritto che sono interessate da questa azione di advocacy ma si ritiene che queste poche righe siano già sufficienti a fornire tutte le indicazioni utili per affermare il principio universale secondo cui le vite delle persone LGBTQ+ in Kenya devono essere salvaguardate e tutelate alla stregua del restante della popolazione – rifugiata o locale.
Risultanze documentali dal territorio
Dalle testimonianze raccolte abbiamo riscontrato una serie di violenze ripetute e sistematiche ai danni della comunità LGBTQ+ residente nei campi rifugiati in Kenya.
Nello specifico, le vittime – rifugiati e richiedenti asilo LGBTQ+ residenti in Kenya – ci hanno riportato di:
- aggressioni fisiche (con machete, coltelli, sassi e bastoni);
- svariati tentativi di omicidio attraverso avvelenamenti o appiccamento di incendi – anche durante la notte, cogliendo le persone nel sonno;
- aggressioni sessuali ai danni di donne indifese e minori;
- minacce di morte, molestie ed aggressioni verbali;
- impedimento all’accesso a cibo ed acqua, a seguito dei tagli al programma di distribuzione delle derrate alimentari del WHO – Programma Mondiale Alimentare;
- negazione dell’accesso dei bambini di persone omosessuali a scuola, con conseguente violazione del loro diritto all’istruzione;
- mancato accesso al mercato del lavoro (o licenziamento, se l’omosessualità o l’identità di genere della persona vengono scoperte dopo l’assunzione) per via dello stigma sociale, che rende impossibile per le persone LGBTQ+ in Kenya pagare l’affitto, mangiare ogni giorno ed avere accesso ai servizi di base come quello per la salute fisica. Molti di loro sono costretti a prostituirsi per poter sopravvivere;
- mancata persecuzione degli aggressori delle persone LGBTQ+ da parte della polizia kenyota, costringendo molte delle vittime che hanno trovato il coraggio di denunciare a vivere nella paura di subire ritorsioni e/o nuovi attacchi;
- mancanza di un vero e proprio supporto psicologico, nonostante i suicidi ed i tentati suicidi che gli attivisti denunciano. Oltre 200 degli intervistati hanno dichiarato di aver avuto pensieri suicidari a causa dei traumi subiti;
- difficoltà nell’accesso alle cure mediche perché il personale sanitario è fortemente omofobo e spesso si rifiuta di visitare i pazienti;
- mancanza di copertura finanziaria per le spese mediche e gli spostamenti dal campo rifugiati all’ospedale, spese queste che rimangono a carico dei rifugiati nonostante l’estrema onerosità e difficoltà delle stesse;
- arresti arbitrari e detenzioni in carceri sovraffollati, che non rispettano i valori e la dignità umana;
- pestaggi brutali e torture da parte delle forze dell’ordine quando si trovavano sotto la loro custodia;
- richiesta di tangenti da parte della polizia come forma di ricatto;
- sequestro del telefono senza alcun mandato, allo scopo di monitorarne l’attività sui social media ed i contatti avuti nel tentativo di controllare le informazioni che vengono diffuse circa le condizioni della comunità LGBTQ+ in Kenya;
- minacce da parte della polizia di essere inseriti in una lista nera per le interviste RSD per il reinsediamento – di cui è incaricato il governo keniota – in caso dovessero denunciare le molestie ed i ricatti subiti mentre erano in loro custodia. In altre parole, la RSD (Refugee Status Determination) è un processo attraverso il quale le autorità determinano se una persona soddisfa i criteri per essere considerata rifugiato secondo la Convenzione di Ginevra sui rifugiati. Il reinsediamento è una soluzione permanente per i rifugiati che non possono tornare al loro Paese d’origine o continuare a vivere in sicurezza nel Paese in cui si sono rifugiati.
Dalle prove raccolte finora, è emerso che anche membri dello staff di UNHCR Kenya sono coinvolti in queste pratiche illegali e la stessa Agenzia, sebbene pienamente consapevole di cosa succeda (gli ospiti LGBTQ+ dei loro campi riportano ogni aggressione ed ogni violazione subita al personale), troppo spesso rimane in silenzio davanti a questi crimini.
FASE II: Si passa all’azione
Sin dalla sua formazione, International Support – Human Rights ha tessuto una rete di contatti con i deputati del Parlamento Europeo, i quali il 19 settembre 2021 hanno presentato una Risoluzione volta a sostenere ed a tutelare i rifugiati ed i richiedenti asilo nei campi del Kenya alla Plenaria di Strasburgo.
Azione n. 1
Proprio facendo leva su detta Proposta di Risoluzione, questo nuovo partenariato sta spingendo affinché l’Europa mantenga le sue promesse e metta in campo azioni concrete volte a: (i) aumentare i reinsediamenti delle persone LGBTQ+ rifugiate in Kenya; (ii) migliorare le condizioni di vita nel territorio kenyota di questa categoria vulnerabile di migranti, richiamando ciascun attore al proprio ruolo.
Azione n. 2
Per fornire un’idea ancora più concreta della traumatica realtà quotidiana degli ospiti LGBTQ+ residenti dei campi profughi kenyoti, Large Movements APS ha realizzato delle video-interviste ad alcune vittime di attacchi selezionando le persone fortemente a rischio vita. Per completare l’informazione, sono stati realizzati dei portfolio che rappresentano l’intera storia individuale degli intervistati con l’obiettivo di agevolarne il reinsediamento.
Questo materiale è stato mandato ai membri delle istituzioni europee che si sono detti disponibili a perorare questa causa nelle sedi opportune.
Rispettando uno dei punti fondamentali della propria mission originaria, quello della divulgazione delle informazioni in maniera comprensibile per tutti, Large Movements APS ha anche pubblicato una serie di approfondimenti sul proprio sito su questo tema. Detti approfondimenti sono stati modificati eliminando le informazioni sensibili e/o le rappresentazioni più crude delle violenze e sono reperibili qui.
Azione n. 3
Large Movements APS ed International Support – Human Rights hanno creato un database – in continuo aggiornamento – dove vengono raccolti i dati di coloro che sono in attesa di reinsediamento, distinguendo tra coloro che hanno effettuato o meno la RSD e cercando di dare un ordine di priorità sulla base del tempo trascorso e della gravità della situazione individuale. Questo per agevolare maggiormente la distribuzione ed il ricollocamento di questa categoria vulnerabile.
Un lavoro di grande impegno e collaborazione che ad oggi aspetta di raccogliere i suoi frutti perché da dopo la pandemia Covid-19 ancora non è stato possibile ricollocare questa categoria vulnerabile di rifugiati e richiedenti asilo in un Paese che non criminalizza l’orientamento sessuale e l’identità di genere.
Azione n. 4
E’ stato creato un portfolio che racchiude il materiale prodotto finora dal partenariato ed è stato inviato a:
- membri delle Istituzioni Europee con i quali International Support – Human Rights era già in contatto;
- membri del Congresso degli Stati Uniti, selezionati sulla base della propria sensibilità alla causa;
- associazioni del terzo settore ed ONG che operano nel mondo occidentale (e quindi non soggette ad alcun tipo di vincolo derivante dalla necessaria autorizzazione governativa per poter lavorare in Kenya)
- funzionari ONU ed UNHCR con i quali entrambe le associazioni sono in contatto
L’obiettivo di questo invio massivo è quello di aumentare il coinvolgimento di attori che, a vario titolo, potrebbero migliorare la situazione di queste persone sia nel medio che nel lungo periodo.
FASE III: Progettazione futura
Con la recente adozione della cosiddetta legge “anti-gay” in Uganda, il supporto della comunità internazionale ai rifugiati e richiedenti asilo in Kenya deve necessariamente aumentare. Il Paese, infatti, è prima meta di arrivo di coloro che scappano da Sud Sudan, Eritrea ed Uganda appunto. Essendo anche uno dei pochi Stati africani che, quantomeno in via teorica, riconosce la possibilità di chiedere lo status di rifugiato sulla base del proprio orientamento sessuale, la pressione migratoria al suo interno aumenterà – in numeri ancora non prevedibili.
Per questo motivo, Large Movements APS ed International Support – Human Rights sono a lavoro per ideare nuovi progetti e campagne di advocacy aventi il duplice scopo di:
- sensibilizzare l’opinione pubblica europea sul tema, così da aumentare la pressione sui governi degli Stati membri affinché autorizzino il reinsediamento dei rifugiati LGBTQ+ all’interno dei propri confini;
- creare un tavolo di confronto istituzionale tra finanziatori da un lato (Unione Europea e Stati Uniti) e soggetti finanziati dall’altro (governo kenyota ed UNHCR) che si confronti concretamente sulle problematiche dei rifugiati e richiedenti asilo LGBTQ+ e miri a trovare delle soluzioni definitive
Pur se la strada verso la creazione del tavolo di confronto istituzionale è ancora molto lunga, grazie al lavoro svolto dal partenariato e dalle singole associazioni con le quali abbiamo dialogato, è possibile delineare le richieste fondamentali che in quanto società civile ed attivisti dobbiamo rivolgere alla comunità internazionale – soprattutto ad UE e USA – ossia:
- migliorare la distribuzione dei fondi allocati per il Kenya e per le azioni umanitarie di UNHCR nel Paese e disporre il monitoraggio degli stessi. Il Kenya sta facendo grossi passi avanti e questo anche grazie al supporto internazionale, ma ci sono ancora molte cose da migliorare. I fondi sono indispensabili ma devano essere usati con coscienza;
- supportare e tutelare i donatori esterni ed i filantropi, molte categorie di donatori restano nell’ombra ma forniscono un enorme contributo alla gestione ed alla distribuzione del cibo o semplicemente nelle piccole spese di tutti i giorni che i rifugiati affrontano o perfino nelle cure;
- dialogare maggiormente con l’UNHCR per trovare delle soluzioni più efficaci al fine di meglio garantire i diritti umani ed una maggiore sicurezza all’interno dei suoi campi profughi in Kenya;
- instaurare un dialogo con il governo kenyota e l’UNHCR, con la mediazione dell’Unione Europea e delle associazioni che si battono in difesa della comunità LGBTQ+ sul territorio, volto alla definitiva abrogazione di inadeguate leggi coloniali apertamente omofobe. Il Kenya è, infatti, un Paese che evolve molto rapidamente e con una continua sete di cambiamento, il che lo rende permeabile ai miglioramenti legislativi e sociali;
- garantire l’inserimento nel tessuto sociale kenyota delle persone LGBTIQ+, promuovendo un radicale cambio di mentalità nella popolazione che deve passare anche per una gestione più inclusiva dei media. Questi attualmente contribuiscono a diffondere la propaganda omofoba, rendendo quindi ancor più difficoltoso realizzare il necessario cambio nella società;
- migliorare l’inserimento dei bambini nelle scuole, cercando di liberarli dallo stigma e dalla discriminazione;
- supportare psicologicamente e sanitariamente le donne vittime di stupri e violenze;
- incentivare i Paesi europei e statunitensi al reinsediamento delle persone fragili della comunità LGBTQ+, che hanno domandato più volte di essere spostate in luoghi sicuri per poter guarire i loro traumi e sanare le loro ferite ma i cui bisogni vengono continuamente ignorati;
- stabilire un meccanismo di reinsediamento periodico, dialogando anche con l’Unione Europea, che possa permettere un ricollocamento graduale di almeno 20 persone in un anno;
- promuovere le skills di tutti i rifugiati, anche attraverso l’apertura di corridoi universitari, che possono agevolare l’emissione di visti regolari e l’uscita dai Paesi di origine delle categorie protette, nonché tutelarne il diritto allo studio;
- richiedere all’ONU di: (i) aprire indagini accurate circa la condotta del personale di UNHCR all’interno dei campi profughi in Kenya e denunciata dalle stesse vittime; (ii) migliorare i controlli sul rispetto del proprio Codice di condotta da parte dello staff UNHCR; (iii) di tenere maggiormente in considerazione le denunce fatte dai rifugiati LGBTQ+; (iv) di intervenire efficacemente nelle situazioni di emergenza, come nel caso dell’incendio del 2021 dove solo grazie al lavoro di International Support – Human Rights sono stati attivati i soccorsi. Comportamento inqualificabile per lo staff di UNHCR che dovrebbe essere preparato a gestire ogni tipo di emergenza sul territorio, ma che a volte ha delle mancanze.
Siamo ben consci che questi passaggi richiedono tempo e fatica prima di poter arrivare a realizzare il cambio di narrativa volto all’accettazione delle categorie vulnerabili, tanto nel mondo occidentale che in quello africano.
E’ indispensabile che le nostre società inizino a prestare particolare attenzione al diritto allo sviluppo ed in generale ai diritti civili e politici di tutti gli esseri umani. Questi, infatti, non possono continuare ad essere considerati “altri” – e quindi secondari – rispetto ai diritti economici, sociali e culturali. Al contrario, proprio la soddisfazione dei diritti economici, sociali e culturali deve diventare una garanzia per il godimento dei diritti civili e politici.
In un mese come quello del Pride, in cui si rivendicano diritti che ancora non sono godibili da tutti nello stesso modo, come il nostro lavoro su Kakuma ed il Kenya in generale dimostra, invitiamo tutti voi a fare proprie queste richieste e ad aiutarci ad aumentare la pressione sulle varie istituzioni coinvolte seguendo e condividendo il materiale in merito a questa tematica che diffondiamo sui social e/o prendendo parte alle attività che organizzeremo nel futuro.
Seguiteci per non perdervi nemmeno un aggiornamento su quanto bolle in pentola!
Se ti è piaciuto l’articolo, Condvidici!
Presidente Large Movements APS