Kasha Jacqueline Nabagesera è una pioniera nell’attivismo per i diritti LGBTQIA+ e fondatrice di Freedom and Roam Uganda (FARUG), organizzazione per i diritti delle donne e delle persone lesbiche, bisessuali e queer.
LA QUESTIONE UGANDESE
L’Uganda è tristemente nota per essere uno dei tre Paesi africani, insieme alla Nigeria e alla Mauritania, in cui è prevista la pena di morte per gli omosessuali.
Il 21 marzo 2023 è stata approvata dalla Corte costituzionale l’Anti-Homosexuality Act (AHA) che inasprisce le pene già esistenti nel Codice Penale del 1950, che prevedeva l’ergastolo per “chiunque avesse conoscenza carnale contro l’ordine della natura”. L’attuale legge sancisce, come citato, la pena di morte per il reato di omosessualità aggravata. Ciò significa che il reato si configura quando le persone queer vengono identificate come delinquenti seriali e/o quando si trasmette una malattia sessualmente trasmissibile durante l’atto. La citata normativa introduce inoltre, l’obbligo di denunciare alle autorità chiunque sia sospettato di praticare atti omosessuali e la pena qualora detta denuncia non venga sporta è la reclusione fino a 5 anni.
Nonostante sia stata presentata una petizione da un gruppo di attivisti LGBTQIA+ per annullare l’AHA perché incostituzionale in quanto nega la fruizione di diritti umani fondamentali, la Corte costituzionale ha respinto l’annullamento della legge con voto unanime.
Purtroppo il Paese non è nuovo a questo tipo di legge.
Già nel 2014 infatti, era stato varato una prima versione dell’Anti-Homosexuality Act che prevedeva la pena di morte, poi commutata in ergastolo, per chi avesse intrattenuto relazioni sessuali con persone dello stesso sesso. La legge fu poi successivamente annullata perché non era stato raggiunto il quorum sufficiente per la sua approvazione.
Nel 2021 venne poi approvato un disegno di legge, che condannava a 10 anni di carcere chi avesse compiuto atti omosessuali. Questa legge fu poi ritirata dal Presidente Yoweri Mudeveni poiché le condanne previste erano già presenti all’interno del Codice Penale.
DESIDERIO DI CAMBIAMENTO
In questo clima ostile Kasha Jacqueline Nabagesera inizia fin da giovanissima la promozione dei diritti LGBTQIA+ parlandone in televisione e radio, diventando non solo la prima persona a parlare apertamente della sua omosessualità, ma anche una pioniera dell’attivismo queer nel suo Paese.
Questo la porta a diventare un bersaglio di odio e violenza da parte di istituzioni e cittadini sin dalla sua vita universitaria. In questo periodo è stata costretta a sottoporsi tutti i giorni ad un esame del suo abbigliamento davanti ai dirigenti dell’università prima delle lezioni dal momento che l’ateneo sosteneva che una “vera” donna non potesse indossare capi maschili. Gli stessi dirigenti poi, le hanno rifiutato di alloggiare nel campus per impedire che Kasha Jacqueline Nabagesera potesse “corrompere le altre studentesse”.
Queste vessazioni però, non hanno prodotto altro risultato se non quello di rafforzare in lei la determinazione a portare il cambiamento in una nazione fortemente omofoba e così nel 2003 fonda, insieme ad alcuni amici, l’organizzazione Freedom and Roam Ruanda (Farug) per denunciare le discriminazioni di cui le persone queer sono vittime.
I membri di Farug diventano bersaglio di violazioni dei diritti umani di varia natura fino ad arrivare al 2 ottobre del 2010, quando la rivista Rolling Stones Uganda pubblica la lista – corredata di nomi e foto – dal titolo “Hang Them” dei 100 omosessuali più in vista. Tra i nominativi pubblicati compaiono anche quelli di Kasha Jacqueline Nabagesera e del suo amico attivista David Kato, che morirà mesi dopo a causa di una violenta aggressione a sfondo omofobo.
Kasha invece, continua la sua battaglia in prima linea e nel 2014 fonda Bombastic, la prima rivista LGBTQIA+ che viene distribuita gratuitamente e segretamente nella capitale ugandese al fine di sensibilizzare la popolazione sulle condizioni di vita della comunità queer nel Paese.
Per il suo lavoro e il suo coraggio è conosciuta a livello mondiale e riceve diversi premi importanti come il Martin Ennals Award for Human Rights Defenders, il corrispettivo del Premio Nobel per i diritti umani, nel 2011; il Nuremberg International Human Rights Award nel 2013 e il Right Livelihood Awards nel 2015.
Nonostante le innumerevoli difficoltà e le perdite in termini di vite umane, Kasha Jacqueline Nabagesera non ha mai ceduto o deciso di fuggire dall’Uganda poiché la sua voglia di giustizia – rappresentativa di quella di tutta la comunità LGBTQ+ ugandese – primeggia sul terrore.
In occasione del Pride Month, noi di Large Movements APS abbiamo scelto di dar voce a storie come quella di Kasha Jacqueline Nabagesera affinché, in un momento di festa per la comunità LGBTQIA+ occidentale, non ci si dimentichi che in tante parti del mondo quelle conquiste sono ancora lunghe dall’essere acquisite. E volevamo farlo tributando il lavoro di coloro che ogni giorno si battono per veder riconosciuti i diritti della comunità LGBTQIA+.
Ci auguriamo che, grazie al lavoro di Kasha e del suo magazine, il governo dell’Uganda decida di eliminare dal proprio ordinamento giuridico una legge altamente lesiva dei diritti umani, mettendo in atto un processo rapido e concreto che porti alla decriminalizzazione dell’omosessualità.
2 Responses
Avere persone come voi, in questo periodo storico, é una ricchezza impagabile.
Complimenti Laura