Dopo una battaglia durata sette anni i residenti dell’isola di Wagina, una remota comunità delle Isole Salomone, hanno ottenuto la vittoria contro la compagnia mineraria che voleva scavare una miniera sulla piccola isola.
Nel 2013 la Solom Bauxite Limited (SBL), società mineraria posseduta da due aziende quotate di Hong Kong, ottenne dal Ministero dell’Ambiente delle Isole Salomone il permesso di estrarre bauxite, la principale fonte per la produzione dell’alluminio, sul 60% del territorio (48 chilometri quadrati) di un’isola cha ha una dimensione di circa 80 chilometri quadrati. Il progetto dell’impresa includeva la costruzione di un aeroporto, in quanto Wagina è raggiungibile solo via mare, nuove strade, la presenza giornaliera di 150 camion e una produzione che oscilla tra i 24 e i 40 miliardi di chili di bauxite per 20 anni. Questa azione avrebbe comportato la distruzione di 2.000 ettari di foresta vergine, nonché causato gravi danni all’ambiente circostante e alle piantagioni di alghe che rappresentano l’unico sostentamento economico dell’isola. Difatti, gli abitanti di Wagina sono i maggiori coltivatori ed esportatori di alghe in tutto il Pacifico.
La denuncia della popolazione è stata ascoltata dal Comitato consultivo ambientale delle Isole Salomone che ha accusato la SBL di non aver consultato i residenti di Wagina riguardo la costruzione della miniera e di non aver fornito loro la documentazione riguardante l’impatto ambientale del progetto. Il caso è stato lungo e complesso poiché non riguardava solo la protezione dell’ambiente ma anche i diritti sulla terra e il colonialismo di cui gli abitanti sono stati vittime.
Terra di profughi
I residenti di Wagina hanno già subito due volte le decisioni di un potere esterno. Nel 1930 furono costretti ad abbandonare le proprie dimore ancestrali nelle Isole Gilbert meridionali, ora parte della Repubblica di Kiribati, a causa della sovrappopolazione e della carenza di terre per essere trasferiti nelle Isole Phoenix. Poi, verso l’inizio degli anni ’60 il governo britannico li forzò nuovamente a lasciare quelle terre a causa della siccità, ma gli abitanti sostengono che quello spostamento forzato era dovuto ai test nucleari che i britannici effettuavano negli atolli vicini. Stavolta la comunità fu spostata a più di 3.000 chilometri di distanza dalla loro terra natia, in una parte del Pacifico in cui era presenti usi e costumi diversi dai loro.
Dopo anni il pensiero di doversi spostare in un altro luogo a causa delle ripercussioni che la miniera avrebbe causato all’ambiente ha fatto si che la comunità di Wagina si battesse con tenacia per la salvaguardia della propria terra e dell’economia locale. Nel 2018 è stata concessa una sospensione dell’attività mineraria fin quando la proposta non fosse stata esaminata adeguatamente e nel 2019 il Comitato consultivo ambientale ha annullato la licenza mineraria adducendo che i residenti di Wagina non erano stati consultati e che la dichiarazione dell’impatto ambientale presentata dalla SBL non solo era non scientifica e impropria ma non aveva alcuna validità legale.
Grazie a questa vittoria senza precedenti il governo delle Isole Salomone ha riconosciuto l’identità della popolazione di Wagina e il suo diritto ad abitare sull’isola. In più, la lotta degli abitanti dell’isola rappresenta un esempio per tutte le comunità rurali che combattono contro le aziende straniere che minacciano la distruzione dell’ecosistema in cui vivono per accrescere i loro profitti economici.
Se ti è piaciuto l’articolo Condividici!
Fonti e approfondimenti
- The little island that won: how a tiny Pacific community fought off a giant mining company | Pacific islands | The Guardian
- Wagina Island residents win bid to stop bauxite mining plan in Solomon Islands – ABC News
- Solomon Islands blocks bauxite mine in victory for Wagina islanders who feared for livelihoods (amnesty.org)
Una risposta
Articolo molto interessante e di grande spessore informativo. Lavoro eccezionale!